Il secondo romanzo della scrittrice dublinese Naoise Dolan è una specie di Sogno di una notte di mezza estate di Shake-speare riscritto per la generazione Z. Mentre l’esordio Tempi eccitanti trattava di un triangolo amoroso, La coppia felice è più un esagono amoroso, con tutte le complicazioni del caso. Celine è una pianista professionista che mette il suo cuore nella musica. Le persone e i sentimenti passano in secondo piano. All’inizio del libro, Celine e Luke sembrano aver deciso di sposarsi. La storia ripercorre l’anno che precede il giorno del matrimonio. La storia è raccontata dalle diverse prospettive di un ampio cast: Celine e Luke, la sorella di Celine, Phoebe, l’ex fidanzato di Luke, Archie, e la vecchia amica nonché ex di Luke, Vivian. Ma Dolan non si limita a loro, muovendosi con disinvoltura tra i punti di vista di personaggi più periferici. È un romanzo divertente, eppure al di sotto della spensieratezza si cela un’analisi del concetto di monogamia e dell’istituzione del matrimonio nel contesto della fluidità sessuale, per non parlare dell’ipocrisia delle unioni in chiesa ancora popolari tra le giovani generazioni laiche. Forse Dolan deve ancora trovare la trama perfetta per la sua deliziosa scrittura, ma intanto con questo secondo romanzo ha fugato ogni dubbio sul suo spettacolare talento, regalandoci qualcosa di leggero, piacevole ed elegante come un macaron francese. Sicuramente farà un salto di qualità.
Edel Coffey, The Irish Times
Il nuovo libro di Camila Sosa Villada, Sono una pazza a volere te, è composto da nove racconti che potrebbero essere divisi in “zone” o climi: infanzia, famiglia, sesso, travestitismo, immaginazione. Sono alcuni dei nodi sensibili che da tempo ispirano l’opera dell’autrice argentina. Nel suo carattere ibrido (ci sono testi del passato e testi del presente, una storia completamente autobiografica e una ricostruzione fittizia ambientata a New York), questa raccolta segna un interessante allontanamento dalla chiave autobiografica adottata nel romanzo precedente, Le cattive. Sosa Villada è un’artista sui generis che sembra aggredire la letteratura da un confine pericoloso, come un esercito che invade una cittadella di notte. Le sue storie sono incentrate su temi con cui la letteratura argentina non è molto a suo agio, come il sesso o il denaro. Un altro elemento importante per Sosa Villada è l’umorismo, anche se molte delle sue storie sono cupe. “Viviamo nell’epoca del politicamente corretto”, spiega l’autrice. “Ci chiediamo continuamente quali sono gli argomenti su cui si può ridere e quali sono quelli su cui non si può. La censura è qualcosa di molto radicato in noi. Ecco perché è bene incontrare persone molto lontane dal proprio universo”.
Mariano Vespa, La Nación
Un romanzo sul tema della fame incentrato su una giovane donna con un disturbo alimentare che trova la salvezza tra le braccia di una sua coetanea ebrea ortodossa, che lavora in una gelateria. Rachel pianifica e conta ossessivamente le calorie che può consumare fino all’ultimo muffin, poi si costringe a bruciarne 3.500 a settimana in palestra. Con il suo tono spento e la narratrice che cerca di sfuggire a se stessa, il romanzo può ricordare Il mio anno di riposo e oblio di Ottessa Moshfegh. Ma mentre la protagonista di Moshfegh vive per dormire, l’antieroina di Broder vive per mangiare. Il punto di svolta arriva quando la terapeuta di Rachel la incoraggia a tagliare i contatti con la madre che la rimprovera di essere grassa e a usare la creta da modellare per “identificare, in modo visivo e tattile, la discrepanza tra come ti percepisci e come appari effettivamente agli altri”. Entra in scena Miriam, la ragazza lussuriosamente grassa dietro il bancone di Yo!Gurt, dove Rachel va per la sua porzione giornaliera di 500 grammi, senza aggiunte. Ma Miriam riempie letteralmente la coppetta di Rachel. Non passa molto tempo prima che la nostra eroina abbandoni la dieta e s’innamori perdutamente della commessa e del cibo. Broder presenta la fame di sesso e la fame di cibo di Rachel come due aspetti inestricabilmente legati, se non addirittura intercambiabili. Il romanzo mette coraggiosamente in discussione l’esaltazione femminile della magrezza e il disprezzo per il grasso. E parla di come siamo incatenati alle idee socialmente dominanti.
Lucinda Rosenfeld, The New York Times
Muriel Barbery conosce bene Kyoto, e l’ha già usata per il viaggio iniziatico di Rosa, la giovane botanica francese di Una rosa sola: frutto di una breve relazione tra una malinconica addetta stampa, Maud, e un mercante d’arte giapponese, Haru, Rose scopriva a Kyoto il testamento di un padre che non aveva mai conosciuto. In Un’ora di fervore ritroviamo questi personaggi, ma in un viaggio diverso. Tutto è invertito: il punto di vista è quello di Haru, a cui è negato il diritto di avvicinarsi alla figlioletta e di vederla crescere, se non attraverso delle foto. Una specie di anamnesi che, dall’infanzia ai suoi ultimi giorni, gli permette di ricomporre il puzzle della sua esistenza. Haru è un “figlio delle montagne” innamorato della bellezza. Dopo aver studiato architettura, ha comprato un edificio in rovina sulle rive del fiume Kamo-Gawa, che attraversa Kyoto, e lo ha trasformato in una “meraviglia di legno e vetro”. Il lascito di Haru a Rose è una visita a questo sito straordinario, accanto ad altri luoghi ricchi di emozioni.
Monique Petillon, Le Monde
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