Confronti

È giusto legalizzare il suicidio medicalmente assistito?

Al parlamento di Londra è in discussione una legge che consente la morte assistita. Una scelta che dà sicurezza e garanzie a tutti i cittadini

Trovare argomenti contro la riforma della legge sul suicidio assistito (in cui una persona si autosomministra un farmaco letale con l’aiuto indiretto di un medico) è legittimo. D’altronde succede con qualsiasi legge. Considerata la delicatezza del tema, la prudenza è più che giustificata. Ma questo significa che dobbiamo lasciare le cose come stanno? Le ragioni di chi è contrario devono spingerci ad abbandonare l’idea di cambiare la legge?

Voglio cominciare illustrando le motivazioni di chi è favorevole a una riforma. Prima di tutto, se fossi un malato terminale, vorrei poter avere il controllo sulla mia morte, per far sì che fosse dignitosa e indolore. Avrei bisogno di assistenza medica e vorrei che la legge non mi mettesse i bastoni tra le ruote. Quest’argomentazione – e il gran numero di persone che la sostiene – hanno spinto il sistema ad accettare un compromesso. In teoria è illegale aiutare una persona che ha scelto di smettere di vivere, ma in pratica le condanne sono rare. Tuttavia il protocollo per stabilire se è stato commesso un reato è complesso, un calvario per la famiglia del defunto. E anche se stabilisce che l’intervento della giustizia non serve, un marito che ha accompagnato la moglie in Svizzera può sempre scoprire che gli sarà vietato di ereditarne i beni.

Londra, 16 ottobre 2024 (Dan Kitwood, Getty)

Riconosco che indagini così invadenti sono giustificate dal fatto che a volte le persone vogliono davvero sbarazzarsi dei loro parenti. È una realtà che noi sostenitori della riforma non possiamo negare.

Ciò non vuol dire, però, che approvare una nuova legge possa facilitare questi individui nei loro intenti criminali. Più penso alla tesi di chi lo sostiene – ripetuta di continuo – più mi convinco che alla fine sia un argomento a favore della riforma. Mi spiego: abbiamo già una legge sul fine vita, ma è imperfetta. Con l’Assisted dying bill non ci sarebbe una rivoluzione, ma la modifica di un testo già in vigore, che garantirebbe quattro vantaggi rispetto al sistema attuale. Innanzitutto sarebbe possibile chiedere l’assistenza di una persona con una qualifica medico-sanitaria valida nel Regno Unito. Oggi ci si può rivolgere solo a “dilettanti”, che possono assistere chi vuole morire o aiutarlo ad andare all’estero.

In secondo luogo l’assistenza sarebbe disponibile nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, mentre oggi c’è chi è costretto addirittura ad affittare un aereo privato per portare i propri cari a morire all’estero.

La riforma, inoltre, renderebbe la procedura più semplice e sicura nei casi in cui (la maggioranza) gli amici e i parenti del soggetto vorrebbero semplicemente stargli vicino nel momento della morte.

Infine c’è il ragionamento che considero decisivo: grazie alla riforma, i controlli delle autorità sanitarie e giudiziarie per contrastare le eventuali intenzioni criminali dei parenti si svolgerebbero prima della morte dell’individuo. Secondo la legge attuale, invece, le verifiche scattano quando ormai è troppo tardi per agire. Mi sembra un punto cruciale.

Non mi piace l’idea che esistano persone indifese (per quanto i casi siano rari) che sono vulnerabili a ogni genere di pressione da parte di chiunque abbia la possibilità di influenzarle. Preferisco che ci siano controlli professionali prima che qualcuno lasci questo mondo. La nuova legge, presentata in parlamento il 16 ottobre, rappresenta la soluzione più sicura.

Proprio per questi motivi in Canada la legge sul suicido assistito è sostenuta dall’84 per cento della popolazione, cifra che sale all’89 per cento tra le persone con più di 55 anni. Nessuno vuole cambiarla. Questo mi sembra un fatto dirimente. Anche se i miei precedenti ragionamenti non vi hanno convinto, questi numeri non potranno lasciarvi indifferenti. In Canada il dibattito è stato simile a quello britannico, e la nostra legge è più restrittiva di quella canadese. Pensate davvero che se molti anziani fossero morti contro la propria volontà, la legge canadese sarebbe ancora così apprezzata? ◆ as

Daniel Finkelstein è un giornalista e politico britannico, columnist del quotidiano The Times. Dal 2013 è membro della camera dei lord per il Partito conservatore.Nel 2023 ha scritto (Londra), sulla storia e le persecuzioni subite dalla sua famiglia durante la seconda guerra mondiale.

Il provvedimento aiuterà solo chi ha famiglie solide e mezzi economici, abbandonando i soggetti più deboli e soli. La soluzione sta nelle cure palliative

Da tempo gli oppositori della riforma della legge sul fine vita dicono che avventurarsi sulla china della legalizzazione del suicidio medicalmente assistito è molto pericoloso. Le loro paure oggi sembrano più che mai fondate. Il 16 ottobre l’Assisted dying bill, presentato dalla parlamentare laburista Kim Leadbeater, è arrivato alla camera dei comuni. Da allora alcune persone affette da malattie che potrebbero non essere comprese nella nuova normativa hanno protestato per l’esclusione. C’è davvero il rischio che la portata della legge venga ampliata per includere anche questi casi?

Nicholas Mostyn, un giudice in pensione che con un gruppo di arzilli vecchietti cura un podcast sul morbo di Parkinson, è furioso perché – a suo dire – chi soffre di questo disturbo potrebbe non essere considerato dalla nuova legge come malato terminale.

Londra, 16 ottobre 2024 (Lucy North, PA images/Getty)

Così quella che all’inizio sembrava una china pericolosa si sta trasformando in un precipizio. Non temete che presto saranno accontentati anche i malati non terminali, per esempio le persone affette da disturbi psichiatrici, come già succede in Belgio?

Non ho intenzione di attaccare Nicholas Mostyn, che con il suo fantastico gruppo ha fatto molto per far conoscere la vita dei malati di Parkinson. Ma questo non significa che la nuova legge debba includere anche persone affette da malattie non terminali.

Mia madre aveva il Parkinson. Vi prego di perdonarmi se ne faccio una questione personale. Per lei la cosa più difficile è stata accettare di essere un peso per me. Ricordo quando mi ha detto: “Se non fosse per me avresti più soldi e più tempo”. Era vero, eppure ho fatto il possibile per pagare la sua assistenza e per essere presente. Perché era mia madre. Se il suicido medicalmente assistito fosse stata un’opzione, e se io fossi stata una persona senza scrupoli, non avrei avuto alcuna difficoltà a spingerla fino al punto in cui, pur di aiutarmi, avrebbe accettato di fare qualcosa che non voleva. Spesso gli anziani sono vulnerabili. Se il suicidio assistito fosse legale, sarebbe molto facile spingerne alcuni a compiere il passo fatale.

Durante un dibattito sul tema organizzato dal Royal college of psychiatrists, una delle prime domande è stata: come pensate che si possano fornire le prove della capacità d’intendere e di volere con il servizio sanitario nazionale e i servizi di salute mentale così sovraccarichi di lavoro? E la supervisione dei giudici? Sapete quanto è intasato il sistema giudiziario? La nuova legge sembra offrire una solida protezione legale, ma in realtà è molto lacunosa.

Tuttavia la vera obiezione al provvedimento nasce dal principio stesso che lo sostiene. La legge introdurrebbe nei rapporti tra le persone l’idea che morire prima del tempo sia una scelta praticabile. La morte per senso di colpa, per paura di essere un peso, per depressione: sono concetti un tempo impensabili, che ora potrebbero diventare accettabili. Anche il rapporto tra medico e paziente cambierebbe per sempre.

Questa legge è pensata per le persone che hanno una volontà di ferro e mezzi economici, non per i poveracci rinchiusi nelle case di riposo senza parenti disposti ad aiutarli. Quello che sta succedendo è il vero motivo per cui temevo l’arrivo di un governo laburista. Il programma fiscale del partito non mi preoccupava, ma ero terrorizzata dalla tendenza dei deputati laburisti a sposare qualsiasi causa sia percepita come progressista. La morte assistita va bene per le persone forti, per i Nicholas Mostyns, per gli individui pienamente coscienti che non si lasciano influenzare. Ma per gli altri? Anziché occuparci di aiutare la gente a morire, dovremmo rafforzare le cure palliative, rendendole disponibili a tutti. In breve, dovremmo garantire che le persone possano scegliere il modo migliore di trascorrere la fase finale della vita, non dargli la possibilità di morire in anticipo. ◆as

Melanie Mcdonagh è una giornalista irlandese che vive e lavora a Londra. Scrive commenti per The Spectator, Evening Standard, The Daily Telegraph e per il settimanale cattolico The Tablet.

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1587 - 31 ottobre 2024
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