Le elezioni a Ostia sono un banco di prova per i cinquestelle e CasaPound
Tre manifesti elettorali di CasaPound affissi sulla pensilina dell’autobus numero 15 danno il benvenuto a Nuova Ostia: uno dei quartieri più periferici di Roma, dove vivono diecimila persone in una sessantina di edifici.
A sinistra c’è il lungomare Duca degli Abruzzi, la spiaggia e il mare di Roma, e a destra via dell’Idroscalo: in mezzo le palazzine Armellini, un migliaio di appartamenti che il comune prese in affitto dal costruttore Renato Armellini all’inizio degli anni settanta per regolarizzare la situazione di decine di famiglie senza casa, quelle che dal dopoguerra vivevano nelle baraccopoli di Roma est, tra l’Acquedotto felice e l’Alessandrino. È in questa zona, a Nuova Ostia, che l’estrema destra di CasaPound ha concentrato la sua campagna elettorale per le municipali del 5 novembre.
Dopo due anni di commissariamento per mafia, il decimo municipio di Roma andrà alle urne. Il voto è considerato un importante banco di prova soprattutto per il Movimento 5 stelle, che amministra la città da un anno e mezzo e che proprio sul litorale romano nel secondo turno delle elezioni comunali del 2016 ha incassato il 76 per cento dei consensi.
Secondo i sondaggi, i cinquestelle dovrebbero riuscire ad andare al ballottaggio con il centrodestra che si è presentato unito (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi con Salvini) candidando un’ex consigliera municipale di Fratelli d’Italia, Monica Picca. Il voto, tuttavia, sarà un indicatore da non sottovalutare anche per gli altri partiti come il Pd, che nel decimo municipio rischia un tracollo dopo l’arresto dell’ex presidente del municipio Andrea Tassone per il suo coinvolgimento nell’inchiesta Mafia capitale.
Infine, anche in vista delle legislative di marzo, il voto di Ostia sarà un test importante per l’estrema destra, che proverà a entrare per la prima volta nel consiglio municipale. Tuttavia nel quartiere – che con i suoi 240mila abitanti è grande come un capoluogo italiano – un elettore su due potrebbe scegliere l’astensione.
L’avanzata di CasaPound
“Ostia è fascista”, è scritto a caratteri cubitali su un muro di via Baffigo, all’esterno dello skate park chiuso per abusivismo edilizio nell’agosto del 2013 e poi dato alle fiamme qualche mese dopo. Il parco – che era uno dei pochi centri di aggregazione giovanile del quartiere – è diventato il simbolo dello stato di abbandono in cui versa la zona occidentale del litorale romano ed è anche uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Luca Marsella, candidato di CasaPound alla presidenza del decimo municipio.
A pochi giorni dal voto, Marsella, 32 anni, sfila per le strade di Nuova Ostia insieme alla sua compagna Carlotta Chiaraluce, candidata nella stessa lista, per protestare contro gli sfratti di chi abita nelle case occupate e annuncia la distribuzione di duecento pacchi alimentari a piazza Gasparri, dove all’inizio degli anni ottanta il regista Claudio Caligari girò il film Amore tossico, che raccontava l’arrivo dell’eroina nel quartiere.
Sul movimento di estrema destra pesano però numerose accuse di violenza
“C’è un vuoto istituzionale che noi stiamo riempiendo. Stiamo intercettando anche il voto di protesta dei cinquestelle”, dice Marsella, che parla di “degrado” e “abbandono” del municipio e si presenta come rappresentante di quello che definisce “il sindacato del popolo”. Sul candidato presidente e sul movimento di estrema destra pesano però numerose accuse di violenza e razzismo. Marsella la scorsa estate è stato condannato a due mesi di prigione per aver minacciato di morte alcuni ragazzi di un liceo nel 2011.
“Se voi fate la contromanifestazione all’Idrovolante io vi accoltello tutti come cani, vi ammazzo tutti! Io mi ricordo la faccia di ognuno di voi. Non vi picchio subito perché ci sono delle persone e poi mi denunciate”, aveva detto Marsella ad alcuni studenti del liceo scientifico che avevano organizzato una manifestazione di protesta per l’apertura della sede di CasaPound a Ostia.
Inoltre nel febbraio del 2017 alcuni militanti di CasaPound sono stati accusati di aver aggredito e picchiato un attivista di un’associazione impegnata nell’assistenza dei senza fissa dimora e dei migranti. L’attivista, che è stato portato all’ospedale con due costole rotte, ha sporto denuncia.
E negli ultimi giorni, infine, ha suscitato molte polemiche l’appoggio a CasaPound da parte di Roberto Spada, membro di una delle famiglie criminali più importanti della zona. Secondo i magistrati dell’inchiesta Sub Urbe, la famiglia Spada ha preso il controllo di una parte del litorale attraverso il racket, l’usura, lo spaccio e violente intimidazioni, “sostituendo il potere già detenuto dalla famiglia Fasciani” con cui era alleata e “prendendo possesso delle case popolari di Ostia ponente”.
Per Stefano Portelli, antropologo dell’università di Leicester che ha scritto la tesi di dottorato su Nuova Ostia e sull’Idroscalo, l’avanzata dell’estrema destra nel quartiere periferico della capitale è la diretta conseguenza degli errori sistematici della sinistra, l’ultimo dei quali è proprio il commissariamento del municipio.
“Ostia ha fatto da capro espiatorio per Roma e i quartieri più periferici a loro volta sono stati un capro espiatorio per Ostia. In questo modo, però, tutti gli abitanti si sono sentiti implicitamente accusati di essere mafiosi, quando sono semmai le vittime della criminalità organizzata. Questo era uno dei quartieri più ‘rossi’ e combattivi di Ostia, fino agli anni novanta. Ma adesso l’unico partito che critica apertamente la gestione commissariale è CasaPound, e molti abitanti si trovano a non avere scelta”.
Più in generale, secondo il ricercatore, tutti gli interventi pubblici degli ultimi anni sono stati caratterizzati da una scarsa conoscenza della storia del territorio e da un implicito “disprezzo” per le persone che lo abitano. “Nel 2015 il giornalista francese Jack Dion ha pubblicato un libro in cui collegava l’ascesa del Front national all’atteggiamento della sinistra verso le classi popolari e parlava del mépris du peuple, il disprezzo del popolo”, ricorda Portelli.
“La stessa idea di costruire un porto turistico fu promossa dall’amministrazione di Francesco Rutelli, come un modo per migliorare le condizioni di vita e riportare la legalità a Nuova Ostia. Invece è stata un’enorme speculazione immobiliare che ha sottratto spiagge pubbliche al quartiere. Adesso l’imprenditore a cui il comune aveva affidato la gestione è stato arrestato per mafia”, conclude.
L’affarismo della politica
Mentre si prepara una sigaretta con del tabacco sul tavolo nella sala da pranzo del suo appartamento in una delle palazzine del quartiere, Tina Ragucci, un’abitante di Nuova Ostia, ripercorre la storia del quartiere in cui si è trasferita con la famiglia quando aveva tredici anni, nel 1973.
“Abitare in un appartamento, per noi che vivevamo nelle baracche del borghetto Alessandrino, era un sogno che si realizzava, un salto di qualità non da poco. Ma la realtà era più dura di come ce l’immaginavamo. Nel quartiere mancavano tutti i servizi, le strade non erano asfaltate, non c’erano nemmeno le scuole. Non c’era l’asilo e la chiesa fu aperta in un negozio ed è lì che ancora si trova”, racconta.
La prima forma di asilo nel quartiere fu organizzata dai volontari della Comunità di Sant’Egidio nel 1976 ed era indispensabile per le donne del quartiere che lavoravano a Roma e ogni giorno, per andare in città, dovevano fare un viaggio di trenta chilometri. Ragucci ricorda che la popolazione del quartiere negli anni settanta era in gran parte analfabeta: pochissimi avevano la licenza media e quasi tutti facevano lavori precari e malpagati.
I servizi – dai trasporti alle scuole – che gli abitanti sono riusciti a ottenere col tempo sono stati frutto di occupazioni, vertenze e proteste. A causa della mancanza di prospettive e di lavoro nel quartiere molte persone si sono messe a vivere di espedienti e di microcriminalità. Poi dalla metà degli anni settanta, è arrivata l’eroina, che ha devastato intere famiglie: “Molti sono diventati tossici, ci sono state parecchie morti per overdose”.
Siamo stati più ghettizzati a Nuova Ostia di quando vivevamo nelle baracche
Per Ragucci vivere vicino a piazza Gasparri è stata soprattutto un’esperienza di discriminazione che ha prodotto “rabbia e frustrazione”. A piazza Gasparri, racconta, “non ci voleva venire nessuno, nemmeno a fare le consegne, siamo stati più ghettizzati a Nuova Ostia di quando vivevamo nelle baracche”. Questa situazione di marginalità, accompagnata dalla crisi generale dei partiti tradizionali e dalla riduzione graduale della spesa pubblica, ha lasciato molto spazio all’autorganizzazione, che è poi sfociata nell’abusivismo.
“A Nuova Ostia ci sono tante occupazioni di case, azioni illegali che rispondono a un bisogno dei ceti più poveri a cui lo stato non ha mai dato risposte. Una volta superate le baracche, nessuno si è più preoccupato di chi viveva in questi quartieri”, afferma Ragucci.
Per questo le soluzioni promesse da quelli che definisce “gli affaristi della politica” non sono più convincenti e anzi allontanano gli abitanti dei quartieri popolari dallo stato. “Quando Virginia Raggi dice che vuole rimettere a posto il lungomare non è credibile, perché i problemi del quartiere sono altri”, dice Ragucci. “Anche il Pd ha investito sui grandi appalti. Il porto nuovo di Ostia, però, non ha creato lavoro per le classi più basse, ma solo degrado ambientale. E la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini sono sempre più ridotti”, conclude.
Secondo la donna – che lavora come operatrice sociale e guadagna poco più di mille euro al mese – al momento nel quartiere “c’è disoccupazione, ma anche molta disperazione”. Non ci sono “alternative culturali” e “il livello dell’istruzione è basso”. In generale la mancanza di prospettive, soprattutto per i giovani, ha determinato un alto tasso di malessere psichiatrico tra la popolazione, che in alcuni casi sfocia in tentativi di suicidio.
Un prete in politica
Il primo asilo di Nuova Ostia, dentro un garage di via Baffigo, non è più attivo, ma la Comunità di Sant’Egidio continua a gestire lo spazio sociale dove si svolgono ogni lunedì i laboratori d’arte per i disabili e la scuola della pace per i bambini del quartiere. Una volta al mese i volontari organizzano anche un pranzo della domenica a cui partecipano i senza fissa dimora, gli anziani e gli indigenti.
“La situazione sociale a Ostia è difficile”, conferma Corrado Petrachi, uno dei volontari. “La situazione più difficile è quella dei senza fissa dimora, che sono sempre più numerosi e a cui i volontari distribuiscono i pasti serali due volte alla settimana. Basta un divorzio o la perdita del lavoro per finire a dormire con tutta la famiglia per strada o in macchina”.
“Ma ci sono anche anziani soli che fanno fatica ad arrivare a fine mese”, continua Petrachi, “disabili che non hanno assistenza e non riescono a muoversi per la città a causa delle numerose barriere architettoniche, e infine molti immigrati che vivono e lavorano a Ostia da anni e sono sempre più spesso vittime di aggressioni e attacchi razzisti”. Giuseppe Mangeruga, insegnante della scuola d’italiano per stranieri, conferma che sempre più spesso i cinquanta allievi della scuola – soprattutto badanti ucraine e camerieri bengalesi e pachistani – raccontano di aver subìto aggressioni e discriminazioni.
“I ragazzi si vergognano di quello che gli è successo e fanno fatica a parlarne, ma il clima verso gli immigrati che sono presenti sul territorio del litorale da decenni è peggiorato”, afferma Mangeruga.
Per Franco De Donno, un prete di 71 anni, presidente della Caritas locale che per anni è stato viceparroco della chiesa di Santa Monica, il problema più grande però è la mancanza di interlocutori politici.
Per questo il sacerdote, che si è occupato della marginalità sociale per molti anni, ha deciso di “mettersi in gioco in prima persona e candidarsi con una lista civica”. Il sacerdote, che è stato sospeso a divinis dopo essersi candidato, è stato anche professore di religione del liceo scientifico Antonio Labriola e fondatore di diverse associazioni di volontariato giovanile e dello sportello antiracket del municipio.
“Non deve passare l’idea che il territorio del decimo municipio sia solo mafioso, a Ostia c’è la mafia, ma non tutta Ostia è mafiosa”, afferma De Donno durante un confronto tra i nove candidati alla presidenza del municipio, organizzato dall’associazione dei commercianti.
Giuliana Di Pillo, insegnante di sostegno e candidata del Movimento 5 stelle alla presidenza del municipio, punta sulla legalità e sul decoro, sulla lotta all’abusivismo e sulla sicurezza e promette l’istallazione di telecamere in tutte le strade del municipio e la possibilità di celebrare i matrimoni in spiaggia; Athos De Luca, invece, ex senatore e candidato del Partito democratico, rilancia il progetto di far diventare il decimo municipio di Roma il primo grande comune metropolitano della regione. “Competenza, passione e autarchia”, sono le parole d’ordine del candidato democratico che proverà a convincere gli sfiduciati elettori del Pd ad andare a votare.
Tutti i candidati parlano di rilancio del turismo e dell’abbattimento del “lungomuro” che separa la strada dal mare. Nessuno affronta la questione delle concessioni delle spiagge. L’idea più fantasiosa la lancia Giovanni Fiori, un imprenditore candidato dal Popolo della famiglia di Mario Adinolfi, che propone una sosta delle navi da crociera nel porto turistico di Ostia, “come a Santorini”. L’impressione, però, è che questa volta gli elettori non crederanno a grandi piani salvifici calati dall’alto e in molti casi preferiranno non andare a votare.
Da sapere
Il 5 novembre 240mila elettori sono chiamati alle urne, dalle 7 alle 23, nel territorio del decimo municipio di Roma, commissariato per mafia nel 2015. L’eventuale secondo turno si svolgerà il 19 novembre. Si sfidano nove candidati, sostenuti da 16 liste.