Vive per le strade di Roma da tre mesi, da quando cioè è stato costretto a tornare in Italia dal Marocco, il paese in cui si era trasferito per sopravvivere con la sua pensione di invalidità di 350 euro al mese. Giampiero è originario di Verona, è un uomo alto, con gli occhi azzurri, la barba curata, ha sessant’anni. Ha un passato da alcolista e tossicodipendente, che gli ha lasciato delle malattie croniche gravi: una cirrosi epatica e dei disturbi psichiatrici. Per questo da qualche anno percepiva la pensione.

“Non ho una casa, non possiedo niente. Avevo conosciuto una donna marocchina e mi ero trasferito in campagna in Marocco, in una casa tra gli ulivi. Stavo bene, perché mi servivano pochi soldi, mentre in Italia con trecento euro non riuscivo a campare. Ma poi sono dovuto tornare qui perché avevo perso la residenza e quindi mi hanno bloccato la pensione”, racconta, mentre cammina sotto porta San Lorenzo, l’antica porta romana che si apre sulle mura Aureliane, dietro la stazione Termini. A fianco a lui due uomini stanno preparando i loro giacigli per la notte, tra spesse coperte di lana, vecchi materassi e tavole di legno per difendersi dall’umidità del terreno.

L’aria di dicembre è gelida, per terra ci sono delle pozze d’acqua perché durante il giorno è piovuto. Giampiero ha gironzolato intorno alla stazione per tutto il tempo, di solito va a mangiare alla mensa della Caritas. Piange, mentre racconta che per diverse volte ha provato a farla finita: “Non voglio più vivere così, sono stanco, stanco di questo paese”, ripete tra le lacrime. Sta aspettando di riprendere la residenza per riavere anche la pensione, quei pochi soldi che gli consentono di comprare quello di cui ha bisogno. “Altrimenti vado a rubare, ma non voglio farlo”, ripete.

Ha chiesto la residenza dove ce l’hanno i senzatetto di Roma, una via fittizia che porta il nome di Modesta Valenti, una donna triestina che morì nel gennaio 1983 alla stazione Termini dopo una notte passata al freddo. Valenti non fu soccorsa dall’ambulanza chiamata da chi si era accorto che stava male, perché aveva i pidocchi. Da allora è diventata il simbolo di chi vive per strada nella capitale. “Non chiedo molto, vorrei un posto caldo in cui dormire e prepararmi da magiare, e qualche soldo per comprare le medicine e quello di cui ho bisogno”, continua Giampiero, che ha un figlio ormai adulto in un’altra città. “Non posso chiedergli aiuto, ha già i suoi problemi. Ogni tanto mi manda dei soldi, per me l’importante è che stia bene”, conclude.

“Molte delle persone che sono state sgomberate a fine settembre vivono ancora per strada, si sono spostate dall’altra parte della strada o qualche metro più in là”, spiega Gabriele Lodetti, vent’anni, studente universitario di scienze politiche. Lodetti fa parte del collettivo Controconfine e ha seguito da vicino lo sgombero di viale Pretoriano lo scorso settembre, quando sono state cacciate decine di persone che vivevano lì in tende o sacchi a pelo. “C’erano anche ragazzi minorenni, quasi tutti stranieri, originari soprattutto della Somalia, della Guinea e del Senegal. Sono persone passate dal sistema d’accoglienza italiano. Ne segnalano l’inadeguatezza, molti ne sono usciti, ancora non parlano italiano e non hanno trovato un lavoro, non gli sono riconosciuti neanche dei titoli di studio”, racconta.

Allo sgombero era presente la sala operativa sociale del comune di Roma, ma non è stata trovata una soluzione per chi dormiva per strada. “Abbiamo chiesto conto all’amministrazione comunale di questo sgombero e di questo approccio. Temiamo che si tratti dell’orientamento in vista del Giubileo del 2025: cacciare le persone povere dal centro della città, senza trovare delle soluzioni abitative stabili per loro”, spiega Anita Nonno, vent’anni, studente che fa parte di Controconfine. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e l’assessora ai servizi sociali Barbara Funari hanno dichiarato che non sapevano dello sgombero di viale Pretoriano.

Roma, 23 settembre 2024. Lo sgombero in viale Pretoriano. (Agf)

Lodetti e Nonno camminano lungo la cancellata nuova di zecca che è stata costruita intorno alle mura Aureliane di viale Pretoriano. La recinzione chiude un tratto di prato e poi i resti delle mura romane. Per molto tempo su questa striscia di verde urbano si sono accampate una cinquantina di persone, senzatetto tra i venti e i quarant’anni, rimasti senza casa per i motivi più diversi. Il 23 settembre le forze dell’ordine, insieme ai vigili urbani e all’azienda municipale che si occupa dei rifiuti, l’Ama, hanno sgomberato il prato e buttatto tende, coperte e le poche cose di chi viveva lì. In seguito all’operazione è stata costruita una prima recinzione temporanea, poi una cancellata vera e propria.

Le persone che sono state sgomberate solo in qualche caso hanno trovato una sistemazione alternativa, molte si sono solo spostate di qualche metro, in una parte più buia delle mura non ancora recintata. Per viale Pretoriano si è trattato del tredicesimo sgombero in pochi mesi. “Vorrei trovare un lavoro e pagarmi un affitto”, spiega Zakaria Hassan, un ragazzo somalo di 19 anni, che prima viveva in viale Pretoriano e che poi è stato accolto dai ragazzi di Controconfine in un rifugio temporaneo in via Ulisse Aldrovandi, messo a disposizione dal secondo municipio di Roma e dalla presidente Francesca Del Bello che ha approvato un piano straordinario.

Hassan è arrivato in Italia nel 2021, è stato accolto in un centro d’accoglienza, ha fatto domanda d’asilo e l’ha ottenuto. Poi ha trovato un lavoro temporaneo ma ha perso l’ospitalità nel centro, quindi è finito a dormire per strada. “Il freddo, la paura di essere rapinato o violentato non mi facevano dormire quando stavo per strada”, ricorda Hassan. “Erano notti lunghissime e senza riposo, la mia paura più grande era che mi rubassero i documenti”, ricorda. Ora da un mese è nel centro temporaneo gestito da Controconfine, insieme ad altre 18 delle persone sgomberate a settembre. “Spero di trovare presto un lavoro e di essere autonomo. Sono giovane e vorrei un’altra vita”, sottolinea.

Nel centro gli ospiti organizzano i turni di pulizia e i pasti, e gli studenti li coinvolgono in un’assemblea permanente per discutere della questione abitativa a Roma: “Crediamo che la battaglia per l’apertura di centri per i senzatetto debba essere vicina a quella per chi chiede una moratoria sugli sfratti, limiti per gli affitti brevi e agli affitti. Crediamo di dover dare una risposta politica e non solo sociale a questo tipo di questioni: ci sono decine di immobili sfitti in città”, ricorda Lodetti.

Secondo la Comunità di sant’Egidio, sono mille le persone che vivono per strada a Roma, mille quelle senza dimora ma ospitate nei vari dormitori della città, mentre altre mille sono meno rintracciabili, perché vivono nelle periferie e nei parchi più lontani, ma sempre dentro il grande raccordo anulare.L’Istat parla invece di 23mila persone senzatetto e senza dimora nell’area metropolitana di Roma, la maggior parte nella capitale. “In vista del Giubileo bisognerebbe trovare delle soluzioni per tutte queste persone”, ha spiegato Roberto Zuccolini dopo la conferenza stampa del 12 dicembre in cui la Comunità di sant’Egidio ha presentato la 35ª edizione della guida Dove magiare, dormire e lavarsi, destinata ai senzatetto della capitale. “Abbiamo chiesto, come ha fatto il papa, a tutte le parrocchie e agli istituti religiosi di aprire le porte ai senza dimora, ma poi è necessario che i municipi più periferici della capitale mettano a disposizione degli spazi per la loro accoglienza notturna. Si parla molto di quello che succede nel centro della città, meno invece di quello che avviene nelle zone periferiche, anche lì c’è bisogno di spazi per i senza dimora”, ha spiegato Zuccolini.

La moratoria sugli sfratti

“Ci eravamo preoccupati quando il comune, avanzando la proposta di un piano per il Giubileo, annunciava la costruzione della cancellata in viale Pretoriano e a piazza Pepe”, spiega Alberto Campailla, sindacalista della Cgil e attivista dell’organizzazione Nonna Roma. Ma dopo lo sgombero di settembre e le conseguenti proteste da parte degli attivisti che si occupano di diritto alla casa, secondo Campailla l’atteggiamento dell’amministrazione capitolina sarebbe cambiato. “C’è stata subito un’ordinanza straordinaria da parte del secondo municipio, che ha messo a disposizione lo spazio di via Aldrovrandi”, spiega Campailla. “Al netto di quella vicenda, l’amministrazione prevede la costruzione di quattro tensostrutture per l’inverno, tra cui una in via Giolitti con trecento posti a disposizione”.

Secondo il sindacalista ci sono luci e ombre nel progetto. “Da una parte c’è la vicenda di viale Pretoriano, che dà un segnale molto negativo, dall’altra ci sono tante risorse stanziate grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che prevede l’apertura di diversi centri d’accoglienza per senzatetto, a partire dalla prossima primavera. Si tratta di nove strutture finalmente che tengono conto delle persone senza una casa, con progetti di social housing. L’importante per noi è che le risorse previste per il Giubileo e il Pnrr, quindi straordinarie, siano investite su progetti a lungo termine che rimangano in piedi anche nel 2026”, continua Campailla, che è tra i promotori del social forum per l’abitare e della protesta prevista per il 13 dicembre con slogan: “Roma non è un albergo”.

Per l’associazione Nonna Roma, come per la Comunità di sant’Egidio, è importante che sia approvata al più presto una moratoria sugli sfratti e che sia stabilito un tetto per il prezzo degli affitti a lungo termine. “La conseguenza più grande del Giubileo la vediamo sulle persone che una casa ce l’avevano, ma erano in affitto. Per loro nell’ultimo anno le condizioni sono molto peggiorate. Tanti hanno ricevuto ingiunzioni di sfratto da parte di chi ha voluto trasformare la sua casa in un bed and breakfast in vista del Giubileo, e intanto gli affitti sono schizzati alle stelle”, racconta Campailla. Una famiglia che prima pagava ottocento euro per un bilocale in periferia è stata sfrattata per fare posto alla nascita di un affittacamere: nello stesso appartamento una camera ora costa 180 euro a notte.

Nelle zone semicentrali della capitale Nonna Roma ha registrato un aumento dell’80 per cento del numero degli affitti brevi e una crescita del 30 per cento del prezzo degli affitti. Una stanza singola oggi a Roma est costa tra gli 800 e gli 850 euro al mese. Facendo una ricerca su un sito di affitti brevi risulta che nel quartiere Pigneto ci sono 1.100 camere disponibili, mentre sono 42 quelle disponibili per l’affitto sul lungo periodo, e hanno dei prezzi molto alti. “Questo è l’impatto maggiore del Giubileo, soprattutto sulla classe media impoverita, su studenti, anziani, single o lavoratori poveri”, conclude Campailla. “Non possiamo lasciare al mercato il potere di regolare questo aspetto dell’abitare, siamo arrivati al Giubileo senza strumenti per affrontare questa speculazione e speriamo che non sia troppo tardi per porvi rimedio”.

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