Il 20 marzo 2021 è entrato in vigore il decreto numero 201 del presidente della Federazione russa. Questo attribuisce alla maggior parte della penisola di Crimea – circa l’80 per cento del territorio, a esclusione solo di alcuni comuni e di una piccola parte della città di Sebastopoli – lo status di territorio di confine della Federazione russa. Questo decreto potrebbe essere l’ultimo chiodo nella bara della Crimea ucraina.

Di fatto il decreto porterà a una situazione in cui ucraini e tatari di Crimea, che dopo l’annessione si erano rifiutati di rinunciare ai loro passaporti ucraini in favore di quelli russi, saranno stranieri nella loro stessa terra, e rischieranno di essere espulsi dalle loro case. Secondo il decreto russo i cittadini e le entità giuridiche straniere così come gli apolidi non hanno il diritto di possedere proprietà che si trovano nei territori di confine.

Gli “stranieri” (vale a dire gli ucraini), che possiedono circa diecimila appezzamenti di terreno, dovranno vendere o regalare le loro proprietà entro un anno dalla firma del decreto. Secondo il progetto Donbas & Crimea: legal un/certainty (Donbass e Crimea in/certezza legale), se i proprietari considerati stranieri non cederanno i terreni prima della data limite, una decisione del tribunale trasferirà la proprietà a un’altra persona. Gli esperti del progetto Legal un/certainty affermano che questa mossa delle autorità russe può essere classificata come un crimine di guerra ai sensi dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, e viola molteplici convenzioni internazionali.

Scelte forzate
Immaginate di essere un tataro di Crimea che vive con la sua famiglia di cinque persone in una casa nei dintorni di Bachčisaraj, la vostra “patria storica” da secoli. Questa casa è l’unico tetto sopra la testa della vostra famiglia; e per paura di ritorsioni o forse per solide convinzioni politiche, avete rinunciato al passaporto russo nel 2014. Oppure di essere un ucraino di Kiev che ha ereditato la dacia del nonno nei dintorni di Alušta, dove avete passato tutte le estati della vostra infanzia. In entrambi i casi, il decreto vi riguarda. Dovete liberarvi della vostra terra o sarà il governo a farlo per voi.

Gli esperti legali hanno raccomandato di intentare una causa presso la Corte europea dei diritti umani. Sfortunatamente, per molti cittadini comuni, la cosa suona come uno scherzo. Farlo richiederebbe l’assunzione di avvocati specializzati in diritti umani e l’avvio di un procedimento legale che probabilmente durerà molto più di un anno, chiudendosi dopo la data limite. E non c’è alcuna garanzia che il procedimento finisca con una sentenza.

Alla luce di tutto questo quali scelte, ammesso che ce ne siano, rimangono a questi “stranieri”? Molto poche purtroppo. Se non è la loro unica casa, potrebbero vendere il terreno con la casa a un cittadino russo: prendendo i soldi e dimenticandosi per sempre di fare altre vacanze in Crimea. Chi ha solo questa casa e non intende abbandonarla (oltre a non avere nessun altro posto dove andare), potrebbe in teoria prendere in affitto la sua ex proprietà, vivendo lì mentre paga un affitto ai nuovi proprietari. Queste sono le uniche soluzioni che gli avvocati ucraini consigliano in via ufficiale.

Ufficiosamente, per mantenere la propria casa e non pagare nulla in più, le persone possono registrare la proprietà a nome di un parente con un passaporto russo oppure richiederlo a loro volta. Possono anche scegliere l’opzione “aspetta e vedrai”, non facendo nulla e sperando che arrivino tempi migliori. Sfortunatamente è probabile che, così facendo, trovino la loro casa estiva abbattuta da un bulldozer, oppure occupata da nuovi proprietari.

Le varie opzioni creano l’illusione di una libera scelta. Ma si tratta appunto di un’illusione perché, indipendentemente dalla decisione presa, il risultato sarà lo stesso: la Federazione russa controllerà quasi il 100 per cento del territorio della Crimea. L’aspetto diabolicamente geniale del piano del governo russo è che, qualunque cosa faranno le persone, esso ne uscirà comunque vincitore.

Ulteriore russificazione
L’espressione giuridica ius soli, applicata in alcuni paesi, assegna a chiunque nasca nel territorio di uno stato il diritto ad averne la nazionalità. Il regime di Putin, tuttavia, in Crimea sta invertendo la regola: il diritto a risiedere sul territorio deriva dalla nazionalità. Un russo di Mosca, per esempio, godrebbe ormai di pieni diritti sul territorio della Crimea se volesse ritirarsi lì. Ma un abitante non russo della Crimea dovrà andarsene o accettare l’autorità del Cremlino. Molti commentatori definiscono ciò che sta accadendo in Crimea una forma di colonizzazione.

Anche se il decreto di Putin prende di mira solo circa diecimila appezzamenti di terreno, che probabilmente coinvolgono altrettante famiglie (un numero non enorme nel grande quadro globale), si tratta non del primo ma di un ulteriore passo nel processo di russificazione della Crimea. Anton Korynevyč, rappresentante permanente del presidente ucraino nella Repubblica autonoma di Crimea – un’istituzione che, come molte altre, opera in esilio – sostiene che la Russia abbia già reinsediato oltre trecentomila suoi cittadini nella penisola annessa. E aggiunge che i nuovi coloni sono spesso funzionari russi, agenti delle forze dell’ordine e fedeli al regime.

A meno che non viviate in Crimea, è probabile che sentiate parlare della questione per la prima volta

Contemporaneamente vengono espulsi giornalisti ucraini e tatari di Crimea, personalità pubbliche e altri che non riconoscono l’annessione. Korynevyč definisce questo processo una nuova forma di colonizzazione, che sta cambiando la composizione demografica per aumentare la percentuale di abitanti fedeli alla Russia. Un altro elemento che fa da sfondo alla vicenda, secondo Korynevyč, è il fatto che la Russia stia trasferendo degli ucraini dalla Crimea alla terraferma russa e porti avanti quello che lui definisce una forzata naturalizzazione russa degli ucraini in Crimea. In una dichiarazione ufficiale, Nabila Massrali, portavoce per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione europea, ha definito il decreto di Putin “un altro passo verso l’imposizione della cittadinanza russa nella penisola”. Senza contare che il decreto impedisce effettivamente agli ucraini dell’Ucraina continentale di trasferirsi in Crimea.

A meno che non viviate in Crimea, è probabile che sentiate parlare della questione per la prima volta, dato che ha a malapena catturato l’attenzione dei mezzi d’informazione ucraini, per non parlare di quelli stranieri. Anche i miei amici della Crimea che vivono nell’Ucraina continentale non ne sanno molto. Perché? In primo luogo, perché il tempismo è stato efficace. Il decreto è uscito alla fine del marzo 2020, quando il mondo era sottoposto al primo confinamento legato alla pandemia di covid-19. Tutti erano concentrati su storie legate al coronavirus e avevano preoccupazioni più immediate a cui pensare. L’interesse per qualsiasi altra faccenda era scarso, tantomeno per un decreto riguardante la Crimea.

I mezzi d’informazione internazionali sembrano aver dimenticato la questione, che dopo sette anni appare come una notizia vecchia. I politici stranieri alleati dell’Ucraina hanno rilasciato una breve dichiarazione di condanna delle azioni della Russia, come ha fatto il già citato portavoce dell’Ue. Tuttavia, come dicono spesso ironicamente gli ucraini nei momenti di crisi: “Il massimo che può fare l’Ue è essere profondamente preoccupata”. In altre parole, è difficile contare su di essa per azioni concrete. Ma come biasimarla? Anche i politici e la popolazioni dell’Ucraina sembrano aver accettato lo status quo.

Un’altra ragione per cui la tempistica del decreto è importante sono le restrizioni di viaggio legate alla pandemia. Anche se si volesse affrontare la situazione, si dovrebbe avere a che fare con i tribunali in Crimea e le autorità locali di fatto. Se uno risiede in altre aree dell’Ucraina, non è una cosa facile, poiché entrambe le parti hanno limitato gli spostamenti.

Sono inoltre attualmente sospesi i servizi postali dall’Ucraina alla Crimea. Anche se una persona riuscisse a contrabbandare dei documenti, i tribunali potrebbero non fidarsi di un documento inviato “dalla Crimea” se il richiedente risiede altrove. Per ottenere qualcosa è necessario assumere un avvocato locale competente in diritto russo. Registrare un qualsiasi documento o accordo legale che abbia a che fare con la Crimea mentre ci si trova in Ucraina è praticamente impossibile; nessun notaio in Ucraina può accettare un documento con un indirizzo che reciti “Crimea, Federazione Russa”.

Insicurezza mentale
Oltre ai problemi tecnici che deve affrontare chi ha una proprietà in Crimea, a causa dell’incertezza creata dall’annessione, esiste un’altra serie di problemi che dimostrano i dilemmi di coscienza degli sfortunati proprietari. Parlando con persone in questa situazione, ho capito che per rimanere pienamente in stato di legalità e rispettare il diritto ucraino, non riconoscendo implicitamente il dominio russo sulla Crimea, è necessario seguire solo il diritto ucraino per le questioni riguardanti la Crimea.

Eppure, in pratica, per ottenere qualcosa in Crimea, è necessario seguire il diritto russo. Per questo i proprietari terrieri ucraini si sentono con le spalle al muro. Sono costretti a scegliere il male minore. Il male minore è vendere la terra che ti appartiene di diritto, salvando il tuo patrimonio personale ma contribuendo all’irreversibilità della colonizzazione? O pagare l’affitto a uno stato occupante per vivere in una casa che hai costruito con le tue mani? O ancora accettare la cittadinanza di questo stato?

Tanti ucraini, tuttavia, non hanno tempo per questi dilemmi perché sono consumati dal panico e dalla confusione. In una situazione di panico, molti venderanno a buon mercato e velocemente. È così che andrà avanti una guerra feudale per la terra, semplicemente mascherata con i tratti consumistici del libero mercato.

Nel mondo liberista contemporaneo i reinsediamenti stalinisti e i trasferimenti di popolazione sono ormai dimenticati. Tecnicamente nessuno sta obbligando nessuno a trasferirsi. Perché un ucraino non dovrebbe semplicemente vendere e trasferirsi nell’Ucraina continentale visto che la proprietà privata in Crimea sembra sotto costante minaccia? E naturalmente è facile vedere l’attrattiva, per i ricchi abitanti che vivono nella fredda e piovosa San Pietroburgo, del rapido acquisto di uno dei diecimila lotti disponibili in Crimea a un prezzo inferiore a quello di mercato.

Alla domanda del portale Krym.Realii, che chiedeva perché un tale decreto sia stato firmato dopo tutti questi anni, Roman Martynovskyj, un avvocato del Centro regionale per i diritti umani, ha osservato che in precedenza le autorità russe erano occupate a confiscare terreni con altri mezzi. E forse c’è voluto del tempo perché il Cremlino creasse un’immagine di sicurezza per i cittadini russi, investendo in essa e rendendo la Crimea un’allettante destinazione dove trasferirsi.

Il ponte di Crimea è stato aperto e la Crimea è ormai collegata alla Russia. La maggior parte dei russi non ha più bisogno di dubitare – per usare lo slogan della propaganda – che la Crimea gli appartenga.

I ponti con la Russia non sono solo metaforici: il ponte di Crimea lungo diciassette chilometri, inaugurato dal presidente russo Vladimir Putin nel 2018, collega la penisola di Taman alla Crimea.

Ma se le voci contrarie continuano a parlare di non riconoscimento, sul terreno le cose continuano ad andare avanti. A ogni passo, la reintegrazione della Crimea in Ucraina diventa più difficile. Come può l’Ucraina rivendicare un diritto sul territorio che i cittadini di un altro paese possiedono di fatto? Come può la Crimea volersi reintegrare in Ucraina se molti dei suoi residenti sono già emigrati e i nuovi residenti sono cittadini russi?

Nella sua intervista con Krym.Realii, il presidente del parlamento (mejlis) del popolo tataro di Crimea, Refat Çubarov, che come molti altri tatari di Crimea vive di fatto in esilio dopo l’annessione russa, ha descritto il decreto di Putin come una catastrofe. A suo avviso esso permette a Mosca di risolvere due problemi. Il primo è allontanare gli abitanti di Crimea che si ritiene abbiano legami con l’Ucraina. Il secondo è la redistribuzione totale della terra. Secondo lui l’assegnazione dei terreni della penisola a nuovi coloni provenienti dalla Russia è un altro elemento della colonizzazione della Crimea. A suo avviso queste azioni sono un mezzo per impedire il ripristino della sovranità dell’Ucraina sulla Crimea.

Già nel 2015 Dmitrij Medvedev aveva dichiarato che la Crimea era stata completamente integrata alla Russia. All’epoca, tuttavia, molti in Ucraina non vedevano la cosa come un fatto irreversibile e speravano che, un giorno, la Crimea sarebbe “tornata a casa”. Ma quando sarà pienamente attuato, il decreto di Putin potrebbe segnare il punto di non ritorno.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su New Eastern Europe.

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