Giugno è il mese della cultura lgbt. Il gay pride baltico doveva tenersi a Riga il 6 giugno, ma è stato cancellato a causa del coronavirus. La capitale lettone è un importante centro della cultura lgbt fin dagli anni venti del novecento. Anni d’oro quelli, per gli amanti del bel vivere e dei divertimenti, tra ristoranti di classe, cabaret artistici e dancing notturni alla moda. All’epoca Riga divenne un importante centro della cultura omosessuale e del travestitismo. I cittadini si concedevano piaceri pericolosi, fioriva una ricca subcultura come quella che si respirava nei locali, nei bar e nei luoghi di ritrovo della Repubblica di Weimar: i balletti e gli spettacoli degli attori travestiti erano tra le performance più ricercate e applaudite.
Era impossibile distinguere quei giovani snelli e flessuosi, vestiti di luccicanti abiti di lamé, dalle ragazze del cabaret. Amatissimo dal pubblico, il travestito lettone Kārlis Lejiņš diventò una star in Europa ed ebbe grande successo anche durante la sua tournée negli Stati Uniti. A Riga i suoi spettacoli si tenevano al night club Alhambra, popolare locale negli ambienti gay.
La moda e la vicinanza alla Germania avevano modificato l’atteggiamento degli abitanti della capitale verso gli omosessuali. Un segnale significativo fu la cancellazione dell’articolo del codice penale sulla pederastia e l’introduzione di un altro articolo, il 516, che parlava di “comportamento amorale”, che prevedeva pene leggere: una multa e tre mesi di detenzione.
La scena di Riga
Gli artisti non nascondevano la loro attrazione per i rappresentanti dello stesso sesso. Il noto attore Aleksis Mierlauks, negli angoli appartati dei camerini, elargiva innocue carezze e sussurrava sentite frasi di ammirazione alle giovani comparse, le quali a loro volta, lungi dal lamentarsi presso le autorità, accettavano tali attenzioni come un male necessario. Un altro attore importante, Roberts Tautmīlis-Bērziņš talvolta recitava in ruoli di donna e sul palco adottava pseudonimi femminili.
I travestiti erano numerosi, s’incontravano nello sfarzoso night Alhambra (via Brivibas 25), nel parco Verman e nelle bettole di via Kaļķu. Sui giornali si parlava anche del caffè Stambul (via Krišjāņa Barona 16/18) dove, dalle 10 alle 11 di sera, si riuniva un gruppetto di esili giovinetti con il viso incipriato e le labbra tinte.
Nella tollerante Riga la vera rivoluzione la portò il sessuologo tedesco Magnus Hirschfeld. Nel maggio del 1926 tenne diverse lezioni sull’omosessualità nel contesto della storia e dello sviluppo della società contemporanea. Toccò tra l’altro anche il tema del travestitismo, che all’epoca lo impegnava molto e a cui aveva già dedicato un serio e ampio studio. A Riga tuttavia Hirschfeld era diventato noto ben prima di calpestare il suolo baltico: nel 1920 i cinematografi Maska e Mulin Rouge avevano proiettato il film drammatico Anders als die Andern (Diversi dagli altri), ispirato ai suoi libri e lezioni.
Il baffuto dottore in persona appare diverse volte nel corso della pellicola e impartisce al pubblico lezioni circa la natura dell’amore e delle sue illimitate variazioni, sul travestitismo e sull’androginia forzati, sugli uomini con la gonna e le donne in pantaloni. Il pubblico ne fu entusiasta. Eppure, nell’ottobre del 1926, quello stesso pubblico non esitò a condannare per “amoralità” alcuni giovani legati dallo stesso sentimento di cui parlava il professore tedesco solo pochi mesi prima.
Nel bel mezzo del centro storico di Riga, in via Richard Wagner, al numero 14 c’è una simpatica casetta giallo oliva. Vasi di fiori decorano le finestre pitturate di fresco del primo piano. Dal secondo penzola una ruota (a segnalare il negozio di noleggio di biciclette) e una targa mostra due turchi che discutono animatamente davanti a tazze fumanti, a indicare il caffè Divi Turki. Nel 1920 non c’era tutta questa libertà, l’atmosfera non era così accogliente. La viuzza si chiamava Grande Via Regia, anche se ci abitavano persone comuni, impiegati, commercianti, una piccola e media borghesia.
L’appartamento di due stanze al secondo piano della casetta l’aveva preso in affitto l’impiegato Emil Kozlovskij, che trasformò la sua abitazione in un salotto per omosessuali. Lo frequentavano i suoi amici, attori, studenti, i bohémien di Riga. Una generosa accoglienza era riservata anche a soldati e marinai che capitavano di tanto in tanto, attirati dalle gaie festicciole, dall’alcol gratis e dalla possibilità di facili guadagni.
Tra gli ospiti di Kozlovskij c’erano anche dei travestiti: divertivano il pubblico e di notte cercavano di accattivarsi la benevolenza dei ricchi ospiti selezionati. Si dice infatti che il padrone di casa, non volendo farsi pubblicità, facesse entrare solo chi conosceva di persona e mostrava un particolare lasciapassare creato da lui stesso: una moneta laccata raffigurante un garofano nero su uno sfondo verde scuro, come a omaggiare il più amato tra i decadenti, Oscar Wilde.
La prudenza e il mascheramento tuttavia non bastarono a Kozlovskij per evitare che qualcuno si accorgesse dei festini a cui partecipavano travestiti e soldati. I vicini lo denunciarono alla polizia. All’inizio del novembre 1926 le autorità fecero irruzione nel suo appartamento, lo arrestarono insieme a tutti i suoi ospiti e li condussero alla stazione di polizia. Alcuni furono rilasciati, perché riuscirono a far credere di essere giunti sul posto attirati dalla musica e dal frastuono. Dietro le sbarre erano rimasti in quattro. Gli interrogatori procedevano con lentezza, gli investigatori lavoravano faccia a faccia con ognuno separatamente. Emil Kozlovskij, l’affittuario, probabilmente maltrattato durante l’interrogatorio, morì mentre l’indagine era ancora in corso, nel febbraio 1927. Altri furono condannati secondo l’articolo 516 alla massima pena: tre mesi di prigione e una multa da pagare. Questo caso suscitò un interesse piuttosto duraturo sui giornali e negli anni venti il garofano nero diventò sinonimo di omosessualità. Oggi, in Lettonia, è il simbolo della comunità lgbt e del festival cinematografico collegato a questo tema.
La polizia di Riga, inoltre, riceveva di tanto in tanto denunce che lamentavano la presenza di salotti frequentati da lesbiche. Uno era quello di via Tērbatas, dove le donne indossavano pantaloni, giacca e cappello Borsalino. Gli incontri cominciavano con balli e terminavano in orge. Ma questo tipo di raduni e “atti di depravazione” non erano contemplati dall’articolo 516, perciò la legge non li puniva. Le autorità leggevano le denunce ma potevano solo archiviarle. Nessuna donna fu mai arrestata e questo fece sì che l’esistenza di locali saffici e delle sue frequentatrici sia restata fino a oggi poco nota.
Un racconto inedito
Negli anni venti i giornali di Riga pubblicavano spesso notizie su spettacoli di travestiti e sulla polizia locale a caccia di omosessuali. I giornalisti non perdevano di vista il caso del garofano nero. Ma i più coraggiosi furono gli editori della rivista Preciniece/Svaha (settimanale di annunci matrimoniali). Sulle sue pagine, nel 1928, fu pubblicato un racconto autobiografico di un amore omosessuale, firmato con lo pseudonimo Siluets. Quasi di sicuro si trattava di un russo, probabilmente un emigrato legato al mondo dell’arte. È uno dei primi rari esempi di prosa omosessuale russo-lettone. Non ha ancora attirato l’attenzione degli studiosi. Eccolo.
Due cuori di uomo
Fin dalla prima infanzia, fin dal primo ricordo, Aleksandr e Petr erano sempre stati grandi amici. Vicini di uscio, erano soliti giocare in un grande giardino ombroso. Venne il tempo della scuola. Sedevano allo stesso banco, studiavano sugli stessi libri. Il tempo passò. Uno aveva tredici anni, l’altro quattordici. In classe incominciavano i primi discorsi sulle belle ginnasiali e le loro gambe e su altre “delizie” che facevano perdere la ragione agli uomini. L’alto e smilzo Chruščov una mattina arrivò a scuola e comunicò in gran segreto che la notte precedente in compagnia di un amico aveva conosciuto “i dolci piaceri” con una donna. La donna era nientemeno che una comunissima prostituta. Colorando un po’ la storia, raccontò ai compagni della camera avvolta nella penombra, dei baci ardenti di lei e poi…
Aleksandr e Petr ascoltarono il racconto di Chruščov senza aprir bocca. Poi insieme decisero di provare tali ignote sensazioni quella stessa sera.
Era una notte di nebbia. I due amici gironzolavano nella strada vuota, quando finalmente si avvicinò una donna, truccata, odorava di profumo e alcol, che li invitò a “giocare un po’ insieme”.
Quando entrarono nella sua stanzetta sporca e angusta, uno dei due si appartò subito con lei dietro un paravento. L’altro nel frattempo fu preso da un irresistibile senso di repulsione per ciò che stava per fare. Così, senza aspettare l’amico, in silenzio uscì. Da quel giorno per Petr le donne avevano smesso di esistere. Anche Aleksandr, tornando a casa, giurò a se stesso che quella sarebbe stata la prima e l’ultima volta con una donna.
I due amici si diplomarono, cominciarono gli studi universitari, affittarono una stanza insieme. Ma la loro serena convivenza non durò a lungo, giravano voci che fossero omosessuali. E quando lo seppero le autorità, ai due amici toccò lasciare gli studi e la città.
Passarono molti anni. Ormai avevano entrambi i capelli completamente grigi, ma non si erano traditi nemmeno una volta.
Due uomini, come marito e moglie, hanno vissuto insieme per più di trent’anni.
Siluets
(Traduzione di Alessandra Bertuccelli)
Questo articolo è uscito sul giornale online Meduza.
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