Prima puntata di un’inchiesta in due parti su QAnon. La seconda si può leggere qui.

“Amici che con grande convinzione sostenevano Black lives matter e andavano ai cortei, persone preoccupate per il cambiamento climatico, perfino una collega infermiera che durante un picco di contagi da covid lavorava con me in terapia intensiva… All’improvviso, tutti si sono messi a condividere le stronzate di QAnon, soprattutto roba su pedofilia, adrenocromo e cerchie di pedofili satanisti. A quanto ne so, sono persone che si dicono ancora liberal, progressiste, di sinistra, e davvero non capisco come possano essersi fatte risucchiare così rapidamente. Parlo di gente sui 25 anni, che prima appoggiava Bernie Sanders e adesso ripubblica i rigurgiti di QAnon. Che diavolo sta succedendo?”.

È un messaggio apparso ad agosto nel forum QAnonCasualties di Reddit, luogo di informazione e mutuo appoggio per chi ha perso familiari o amici, caduti nella “buca del coniglio” e non ancora riemersi.

Rabbit hole, come in Alice nel paese delle meraviglie: così è chiamato l’ingresso nel mondo QAnon. Dove non ci sono meraviglie ma storie di bambini prigionieri, stuprati, dissanguati per ottenerne un elisir di lunga vita. Lunga vita per chi? Per i malvagi nemici di Donald Trump, l’eroe che libererà quei bambini – anzi, li sta già liberando – e salverà il mondo.

Il 2020, anno di pandemia e narrazioni tossiche, e circoli viziosi tra la prima e le seconde. Anno in cui QAnon è cresciuto a dismisura e finalmente ci si è accorti del pericolo. Anche in Europa, soprattutto in Germania e in Francia. Perfino in Italia, con un ritardo di due anni, è suonato qualche allarme.

Con ogni probabilità partito come una burla, QAnon sta giocando un ruolo importante nella campagna elettorale americana, sta mettendo in difficoltà gli amministratori delle grandi piattaforme social ed è a tutti gli effetti una rete – o una setta, a cult, come sempre più spesso è definito – globale.

Del tema mi sono occupato più volte. In particolare, nell’ottobre 2018 ho scritto un’inchiesta in due puntate dove segnalavo le strane risonanze tra QAnon, le controinchieste sugli “abusi rituali satanici” condotte dal Luther Blissett project negli anni novanta e il romanzo Q, uscito in Italia nel 1999 e pubblicato negli Stati Uniti cinque anni dopo. Nel 2019 il fenomeno è sembrato calare di intensità. In realtà ha continuato a estendersi e a ramificarsi. Poi sono arrivati il nuovo coronavirus e i lockdown. La situazione si è evoluta e aggravata, ed è necessario rifare il punto.

Nella prima puntata di questa nuova inchiesta racconterò che cos’è, cosa dice e come si diffonde QAnon oggi, spiegando anche perché ritengo che “teoria del complotto” sia un’espressione inadeguata. Nella seconda puntata chiarirò alcuni punti su complotti, destra e sinistra, poi esplorerò quelle che ho chiamato le “cinque dimensioni di QAnon”. A quel punto racconterò di come pandemia, infodemia e isolamento fisico abbiano creato il contesto perfetto per la nuova fase di QAnon e la sua crescita tumultuosa. Da lì passerò a un compendio sulla situazione in Italia e in altri paesi europei. Soprattutto, tratterò la questione che ritengo più importante: il nocciolo di verità che sta dentro ogni fantasticheria di complotto. Quali sono le verità che QAnon distorce e perverte?

La Cabal e chi ne fa parte
QAnon venera Donald Trump, che spesso chiama con il nome in codice Q+. Nel mondo visto dalla buca del coniglio, Trump ha risposto per amor di patria a una chiamata del Pentagono e ha accettato di diventare presidente per combattere una lotta senza quartiere – segreta, anche se commentata da milioni di persone su Facebook – contro un governo mondiale occulto di pedofili satanisti, la cosiddetta Cabal. Si pronuncia con l’accento sulla seconda a.

La Cabal ha preso il potere negli Stati Uniti dopo l’uccisione di John F. Kennedy e da allora controlla il deep state (stato profondo), con l’eccezione delle forze armate. Questo dovrebbe sollevare dubbi su cosa significhi “controllare lo stato profondo”, ma andiamo avanti. La Cabal ha espresso tutti i presidenti prima di Trump, compresi Ronald Reagan e i due Bush. Della Cabal fa parte ogni avversario politico di Trump, da Barack Obama e sua moglie Michelle – che secondo QAnon è una transgender, cioè “un uomo”, il che fa di Obama “un frocio” – alle odiatissime Nancy Pelosi e Hillary Clinton – che secondo QAnon letteralmente divora neonati, per giunta filmandosi mentre lo fa – fino ai movimenti Black lives matter e Antifa.

Appartengono alla Cabal anche celebrità come Tom Hanks, Céline Dion, Oprah Winfrey, Marina Abramović e Beyoncé, oltre agli immancabili George Soros e Bill Gates. Secondo QAnon, a essere precisi, Obama e Clinton sono già stati arrestati, rinchiusi a Guantanamo e giustiziati. Quelli che vediamo sono cloni. Non si spiega, però, come mai questi cloni continuino a dire e fare le cose di prima, tra cui attaccare Trump alla convention nazionale del Partito democratico. Tanto valeva tenersi gli originali, no? Hanks invece ha tentato di sfuggire alla giustizia prendendo la cittadinanza greca perché, a detta di QAnon, “la legge greca considera la pedofilia una semplice disabilità”. Piano fallito: l’attore è stato arrestato da agenti di Trump ed è recluso in un hotel australiano con un bracciale elettronico alla caviglia.

Se sembrano solo idiozie buone per farsi due risate, anticipo che sulla spinta di tali idiozie si è sparso odio – anche razziale – a fiumi, si sono commessi attentati e incendi negli Stati Uniti e si è perpetrata una strage a poca distanza da casa nostra, in Germania. Non solo: alle elezioni americane del 3 novembre potremmo vedere credenti in QAnon conquistare seggi al congresso.

Particolare accanimento è riservato a una pizzeria di Washington Dc, il Comet Ping Pong, già al centro di un groviglio di calunnie chiamato Pizzagate. Nell’inchiesta del 2018 ne ho ricostruito la genesi. Il Comet Ping Pong – molto popolare in città e punto di riferimento della cultura Lgbtq+ – è descritto da QAnon come covo di satanisti e luogo di prigionia di bambini, per questo ha subìto un’incursione a mano armata nel dicembre 2016 e un tentativo di incendio nel gennaio 2019, e il proprietario James Alefantis, gay dichiarato, riceve continue minacce di morte.

Di recente le fantasticherie sui bambini rinchiusi e torturati nel Comet Ping Pong hanno ricevuto il sostegno del cantante britannico Robbie Wiliams.

Su entrambe le sponde dell’Atlantico troviamo vip che promuovono una o più storie provenienti dal mondo QAnon. Si tratta perlopiù di have-beens, artisti sul viale del tramonto che grazie ad alterchi sui social network o dichiarazioni shock possono ancora far parlare di sé: l’attore James Woods, che è uno dei più aggressivi sostenitori di Trump; la comica Roseanne Barr, la cui sitcom è stata cancellata dalla rete Abc per via di sue esternazioni razziste; l’ex pornostar Jenna Jameson…

Domanda da tenere in mente per la prossima puntata: perché QAnon non addita come membri della Cabal Mark Zuckerberg, che possiede e controlla la più grande macchina comunicativa del pianeta, e Jeff Bezos, capo supremo di Amazon e uomo più ricco del mondo?

Il guru virtuale, i suoi seguaci
La comunità dei credenti ottiene informazioni facendo “ricerca”, cioè interpretando le notizie del giorno alla luce dei messaggi criptici inviati da un certo Q, a volte definiti Qcrumbs (briciole di Q), più spesso Qdrops (gocce di Q).

Q si spaccia per un ufficiale dell’intelligence o un alto funzionario governativo, incaricato da Trump e dal Pentagono di allertare il mondo su quanto sta per succedere: the Storm (la Tempesta), cioè l’arresto e l’esecuzione di massa di tutti i membri della Cabal.

Secondo molti seguaci di QAnon, dietro la firma Q si nasconderebbe John Fitzgerald Kennedy Jr., noto anche con il nomignolo John-John. Ufficialmente morto in un incidente aereo nel 1999, in realtà è vivo e vegeto e – per motivi non chiariti – nemico di quel Partito democratico del quale era un importante uomo-immagine e “delfino”. Tra poco John-John si svelerà pubblicamente, dichiarando il proprio sostegno a Trump. Secondo alcuni, diventerà addirittura vicepresidente al posto di Mike Pence.

I messaggi di Q sono apparsi per la prima volta nel 2017 sul forum 4chan, celebre luogo di incubazione dell’alt-right (la cosiddetta destra alternativa) e di altre correnti di estrema destra americane. Nel 2018 il presunto whistleblower si è trasferito su un sito ancora più estremo, 8chan. Tra aprile e agosto 2019 8chan è stato usato per annunciare, diffondere in streaming e rivendicare tre stragi razziste: quella alla moschea di Christchurch, in Nuova Zelanda; quella alla sinagoga di Poway, California; e quella all’ipermercato Walmart di El Paso, Texas. Nel complesso, 74 morti e 76 feriti. Sotto pressione, il sito ha chiuso nell’agosto del 2019 ed è riapparso a settembre con il nome 8kun. 8kun è tuttora il sito dove Q pubblica le sue “profezie” in esclusiva. Proprietario di 8kun è l’imprenditore di estrema destra Jim Watkins, padrone di un’azienda suinicola nelle Filippine, dove risiede. L’amministratore di 8kun è suo figlio Ron.

È molto diffusa la convinzione che, almeno a partire dal 2018, dietro il personaggio di Q ci sia uno dei Watkins, oppure entrambi. Ci sono indizi di natura tecnica e c’è la testimonianza di un “pentito”, Fredrick Brennan, fondatore di 8chan ed ex collaboratore di Jim. Averne la conferma può essere utile, ma non è più dirimente: da tempo il fenomeno QAnon è autonomo da Watkins e da chiunque lo abbia gonfiato per trarne vantaggi e profitti. La maggior parte dei credenti non è mai stata su 8kun: è caduta nel rabbit hole stando sui social, trascinata dai suggerimenti automatici di Facebook e YouTube, spesso dopo aver condiviso materiali in apparenza neutri, senza sapere che erano targati QAnon. Inoltre, le farneticazioni e calunnie più odiose non provengono direttamente da Q. Sono il risultato delle “ricerche” compiute da un’armata di mestatori sparsi in rete.

“The great awakening”: Trump signore del mondo
Il giorno in cui scatenerà la Tempesta, Trump oscurerà ogni mezzo d’informazione mainstream – tv, radio, siti di giornali – e parlerà alla nazione tramite il Sistema di trasmissione d’emergenza (Ebs), progettato per raggiungere i cittadini in caso di guerre, calamità o altri eventi straordinari. E cosa dirà agli americani? Annuncerà il Grande risveglio, la costruzione di una nuova società comandata da lui e dai militari.

“Abbiate fiducia nel piano”, dice uno dei più noti slogan di QAnon. Fiducia in Trump e nei “cappelli bianchi”, cioè i buoni, contrapposti ai “cappelli neri” dello stato profondo. Abbiate fiducia, la Tempesta è imminente. E colpirà anche fuori dai confini. I credenti europei si augurano un’invasione americana dei loro paesi. Curioso auspicio, dato che molti provengono da ambienti saturi di antiamericanismo.

Una manifestazione a Berlino, in Germania, contro le misure adottate dal governo per contenere la diffusione del nuovo coronavirus, 29 agosto 2020. (Michael Kappeler, Ap/Lapresse)

La giustificazione è che l’imperialismo yankee è espressione della Cabal. È per colpa sua se gli Stati Uniti sono cattivi. Trump li redimerà, e dopo la Tempesta saranno buoni. Dovremmo dedurne che prima della morte di JFK – momento in cui i satanisti pedofili presero il potere – gli Stati Uniti non erano imperialisti. È una conclusione sensata, se si lasciano da parte la dottrina Monroe sull’America Latina (definita “il nostro cortile di casa”), la politica del “grosso bastone” di Teddy Roosevelt, la guerra di Corea, il golpe in Guatemala nel 1954 e diverse altre pagine di storia.

Nel mondo “risvegliato”, sostengono i credenti, Trump fornirà energia gratis a tutti, grazie a una tecnologia ultramoderna ancora segreta, ma della cui esistenza sono edotti milioni di commentatori sui social network. Nel mondo reale, invece, Trump è legato a doppio filo alle industrie del carbone e del petrolio, delle quali tutela gli interessi fin dentro il circolo polare artico.

Bambini-talpa e adrenocromo
Il 14 febbraio 2020 un tedesco di 43 anni di nome Tobias Rathjen carica su YouTube un video nel quale si rivolge ai cittadini statunitensi, denunciando l’esistenza sotto i loro piedi di “basi militari sotterranee dove si adora il diavolo e si uccidono i bambini”, e invitando ad agire per liberare i piccoli. Rathjen è un uomo solitario che vive con la madre ad Hanau, città di quasi centomila abitanti a poca distanza da Francoforte. Ha simpatie di estrema destra, ma non appartiene ad alcuna organizzazione. Trascorre le giornate online, leggendo di QAnon e altre fantasie di complotti planetari. Non è precisamente un “qultista”, perché non adora Trump, anzi, lo accusa di essere un plagiario, di avergli “rubato le idee”. Tuttavia crede ad alcuni elementi centrali della narrazione QAnon.

La sera del 19 febbraio, Rathjen esce di casa, entra in due narghilè bar e apre il fuoco con una pistola semiautomatica, uccidendo nove persone e ferendone cinque, dopodiché rientra, uccide sua madre e si suicida.

“Deep underground military bases”. L’acronimo è Dumb, che i credenti in QAnon scrivono sempre con i puntini di abbreviazione: D.u.m.b.. Nel suo uso più comune l’aggettivo vuol dire stupido, ma qui sembra avere l’altro significato, il più antico: “Incapace di parlare”. Come in “struck dumb by fear”, ammutolito dalla paura.

Possibile che Trump stia combattendo la più grande battaglia del secolo in segreto?

I seguaci di QAnon credono che lo stato profondo – qui la metafora diventa letterale – tenga milioni di bambini prigionieri nelle D.u.m.b., dopo averli rapiti o fatti nascere direttamente lì allo scopo di violentarli, torturarli e bere il loro sangue per trarne una sostanza al tempo stesso psicotropa e ringiovanente: l’adrenocromo. Sono i cosidetti mole children (bambini-talpa).

L’ingresso dell’adrenocromo nella cultura di massa si deve a un excursus satirico di Hunter S. Thompson, contenuto nel suo libro più famoso Paura e disgusto a Las Vegas (1971) e messo in scena nell’omonimo film di Terry Gilliam (1998). Nel romanzo, il Dr. Gonzo mostra al suo amico Raoul Duke una boccetta di adrenocromo e dice che al confronto la mescalina “sembra ginger beer”. Nella conversazione che segue, veniamo a sapere che l’adrenocromo “non si può comprare”, si può solo estrarre “dalla ghiandola surrenale di un corpo umano vivo”. Al Dr. Gonzo lo ha dato “uno di quei freak satanisti”, che gli ha anche “offerto sangue umano”.

Qui, come in altri passaggi del libro, Thompson si prende gioco dell’isteria seguita ai delitti della family di Charles Manson e delle leggende macabre che, negli Stati Uniti dei primi anni settanta, circondavano il declino del sogno hippy.

In realtà, l’adrenocromo è una sostanza molto più banale e facile da reperire. Per prima cosa, va chiarito che l’adrenalina si può sintetizzare in laboratorio. Non è una novità: l’enciclopedia Treccani lo spiegava già nel 1929. Dall’ossidazione dell’adrenalina si ottiene l’adrenocromo, un cui derivato, il carbazocromo, è usato come farmaco per l’epilessia, ma anche per fermare le emorragie e curare le emorroidi. I farmaci a base di carbazocromo sono prodotti in molti paesi compresa l’Italia e si trovano in commercio con vari nomi – Adona, Fleboside, Anaroxyl, Medostyp – senza bisogno di seviziare e dissanguare bambini. Li prescrive il medico di base.

L’adrenocromo è un perfetto esempio di elemento narrativo che non figura nelle comunicazioni di Q. Proviene dal “lavoro d’indagine” della comunità dei credenti. Tale “indagine”, a ben vedere, è consistita solo nel recuperare vecchio ciarpame e propinarlo per nuovo. Al fondo c’è la sempiterna “accusa del sangue”, in circolazione da quasi duemila anni, prima scagliata dai romani contro i cristiani, poi dalla chiesa contro i “perfidi giudei”. I cattolici più reazionari venerano ancora “san Simonino”, bimbo che credono ucciso – e dissanguato a scopo rituale – dagli ebrei di Trento nel 1475.

Ma torniamo alle basi sotterranee. Nella primavera 2020, con la copertura dei lockdown statali, Trump avrebbe dato il via a operazioni militari per liberare i bambini-talpa. A dire il vero, Trump ha attivamente avversato quei lockdown e fomentato proteste contro i governatori che li avevano decisi. Per QAnon era tutto un diversivo, parte della geniale “partita di scacchi a quattro dimensioni” che il presidente gioca dal 2016.

L’operazione più grossa, denominata Q-force, ha avuto luogo nell’aprile scorso al Central park di New York. L’ospedale da campo allestito nel parco era in realtà un avamposto militare. Nascosto dalle tende, l’esercito – o, secondo altre versioni, forze speciali della marina – è sceso lungo un tunnel, ha raggiunto una D.u.m.b. e l’ha presa d’assalto liberando migliaia di bambini, subito portati su navi-ospedale segrete. Alcuni di loro soffrono di gravi deformità per non aver mai visto la luce del sole. Infine, gli eroici cappelli bianchi hanno fatto saltare la base, facendola crollare sui cappelli neri rimasti dentro.

Central park. Fin dal nome uno dei luoghi più importanti e iconici di una delle più affollate città del mondo. Un ospedale da campo visibile da centinaia di finestre sulla Fifth avenue. Tende da cui escono migliaia di bambini, scortati da militari e caricati, si presume, su decine di veicoli. Un’operazione certamente durata molte ore, con grande dispiego di uomini e mezzi, e culminata con una grande esplosione sotterranea. Eppure, nessuno ha visto né udito niente.

Non importa: in tutto il mondo i credenti hanno celebrato il successo della missione. Perfino su alcuni siti italiani, con il rilancio da parte di personaggi come Alessandro Meluzzi.

Il Trump di QAnon e quello vero
Possibile che Trump stia combattendo la più grande e nobile battaglia del secolo in segreto, senza vantarsene ogni giorno? Se questa faccenda fosse vera, da tempo avremmo centinaia di foto di Trump in posa a pollici alzati accanto ai bambini-talpa. Accanto a quelli non deformi, quantomeno: il presidente non ha la reputazione di uno che ama i disabili.

Diciamolo: se c’è uno che ha imprigionato bambini, quello è Trump. Nella primavera 2018, per esibire il pugno di ferro contro l’immigrazione clandestina, la sua amministrazione ha separato migliaia di bambini dai loro genitori e li ha chiusi in centri di detenzione federali, spesso abbandonandoli a se stessi, in condizioni che le organizzazioni per i diritti umani hanno più volte denunciato. A tutt’oggi non vi sono certezze sul numero di minori rinchiusi, quindi nemmeno su quanti siano stati riconsegnati alle famiglie. Stando ai dati ottenuti dall’American civil liberties union, nell’ottobre 2019 almeno 120 bambini dovevano ancora riunirsi ai genitori.

Un analogo capovolgimento della realtà si è verificato con il caso del miliardario Jeffrey Epstein, il cui arresto per numerose violenze sessuali, anche su minori, è stato integrato nella narrazione di QAnon come indiscutibile conferma dell’esistenza della Cabal. Trasformata in arma, la vicenda di Epstein è stata usata contro i nemici di Trump. I credenti si sono ben guardati dal puntarla contro Trump stesso, che pure di Epstein si diceva grande amico. Trump ha frequentato Epstein intensamente, in anni in cui già si parlava della sua predilezione per le ragazzine. Dopo l’arresto del magnate e alla vigilia del suo suicidio in carcere, è riemersa una dichiarazione di Trump del 2002.

Conosco Jeffrey da quindici anni. Un tipo fantastico. Stare con lui è molto divertente. Si dice addirittura che gli piacciano le belle donne almeno quanto piacciono a me, e molte sono sul giovane andante. Non c’è dubbio: Jeffrey se la gode, la sua vita mondana.

La dissonanza cognitiva fra Trump come lo descrive QAnon e Trump com’è davvero è compensata con vari espedienti. Nel caso della sua amicizia con un predatore seriale di minorenni, si arriva ad anticipare di molti anni la “chiamata dell’eroe”: ben prima di diventare presidente, Trump agiva già “sotto copertura”, infiltrato in certi ambienti per indagare sulla Cabal.

Come ha scritto Meagan Day, Trump “è affascinato da qualunque storia lo abbia come protagonista”. Fin dal primo momento è apparso lusingato dal ritratto che ne dipingeva QAnon. Non solo non ha mai preso le distanze da quella narrazione, ma da anni strizza l’occhio a chi la porta avanti, incurante del fatto che l’Fbi abbia definito QAnon una “minaccia terroristica interna”. Ha ritwittato centinaia di messaggi di seguaci, accolto nello studio ovale un noto propagandista come Lionel Lebron, e si è congratulato con una credente in QAnon che ha vinto le primarie repubblicane in Georgia, Marjorie Taylor Greene. Non contento, l’ha invitata alla Casa Bianca.

Il 19 agosto, durante una conferenza stampa, Trump ha definito i credenti in QAnon “persone che amano il loro paese”. Una cronista gli ha fatto notare che QAnon lo descrive intento a combattere una cricca di satanisti pedofili. “Sarebbe forse una brutta cosa?”, ha ribattuto lui. “Se posso aiutare a salvare il mondo dai suoi problemi, sono disposto a farlo. E lo stiamo facendo: stiamo salvando il mondo da una sinistra radicale che vuole distruggere questo paese”.

Dei bambini QAnon se ne fotte
La cosiddetta Wayfair hysteria è un perfetto esempio di come QAnon veda pedofili dappertutto, e traffico di bambini per trarne adrenocromo. Nel luglio 2020 la Wayfair, azienda di mobili con sede a Boston, si ritrova bersaglio di accuse incredibili. Guardando il catalogo online, ad alcuni pare strano che certi armadi abbiano nomi di persona. Nomi inusuali per giunta: Aanya, Anabel, Samiyah. Inoltre, gli articoli sembrano davvero troppo costosi, dai diecimila dollari in su. Deve esserci sotto qualcosa. Forse quegli annunci… sono inserzioni per vendere bambini!

Durante la ricerca – i consueti due minuti su Google – spuntano notizie di minori scomparsi che hanno proprio quei nomi. Bingo! La cifra indicata è il prezzo del bambino. Per esempio, l’armadio Samiyah, che costa dodicimila dollari, è in realtà Samiyah Mumin, adolescente scomparsa in Ohio nel maggio 2019. Solo che Samiyah non è affatto scomparsa. Si era allontanata da casa per soli quattro giorni. Inferocita, la ragazza pubblica un video in cui ridicolizza le scoperte degli pseudodetective. Quanto al mistero del prezzo alto, un portavoce della Wayfair dichiara all’agenzia Reuters che sono armadi di stoccaggio, articoli di grandi dimensioni progettati per aziende, più costosi dei comuni mobili domestici.

Evocare mostri che violentano, torturano e uccidono bambini funziona sempre. Comunque lo si faccia, un risultato si ottiene. Accusare l’avversario di pedofilia ne modifica l’immagine, anche agli occhi di chi non crede all’accusa. Dopo aver immaginato una scena, non si può tornare indietro e disimmaginarla. La scena di Tizio che violenta bambini rimane in testa anche se razionalmente la si ritiene una calunnia. Si è attivato un frame, una cornice narrativa in cui Tizio è ridotto a mostro, disumanizzato.

Se a Q stessero davvero a cuore i bambini, non avrebbe scelto come propria base prima 8chan e poi 8kun

Se invece si agita il tema in modo rumoroso ma generico, non esplicitando le identità degli accusati ma gridando esortazioni come “Salviamo i bambini!”, si può fare proselitismo a largo raggio, cogliendo le persone a difese abbassate. Chi non vorrebbe “salvare i bambini”? È quanto accaduto nell’agosto 2020 con le manifestazioni #savethechildren e #saveourchildren in varie parti degli Stati Uniti.

In quei giorni Twitter, Facebook e altre piattaforme avevano cominciato a prendere provvedimenti contro il dilagare di QAnon, bloccando migliaia di profili, rimuovendo pagine e oscurando hashtag. I credenti hanno risposto “annacquando” il proprio messaggio e impadronendosi di un hashtag già esistente. Quando l’organizzazione umanitaria Save the children ha preso le distanze, l’hashtag era ormai ovunque e dava il nome a mobilitazioni dall’aria “innocente”. Accantonando il solito gergo, le sottotrame barocche e i dettagli orripilanti, la setta ha potuto sia aggirare le messe al bando sia agganciare nuovi adepti, che nel giro di pochi giorni hanno cominciato a condividere notizie inventate sulle D.u.m.b., Guantanamo, i cloni e l’adrenocromo.

QAnon si riferisce di continuo agli “800mila bambini” scomparsi ogni anno solo negli Stati Uniti. Nel paese vivono 73 milioni di minorenni (dato del 2017), si sta dunque parlando della scomparsa di circa un bambino su cento. Il numero medio di alunni di una scuola primaria americana è 446. Ogni anno scolastico, in ogni scuola del paese dovrebbero scomparire circa quattro alunni. Nel tempo necessario a finire le elementari, che durano cinque o sei anni a seconda dello stato, uno scolaro vedrebbe svanire nel nulla almeno una ventina di compagni.

L’inverosimile cifra deriva dalla lettura frettolosa o disonesta di un rapporto in cui si parlava di 797mila segnalazioni di scomparsa. L’insieme comprende anche i casi, per fortuna la stragrande maggioranza, di ragazzi non scomparsi ma soltanto rincasati in ritardo (i genitori molto apprensivi chiamano subito la polizia), oppure fuggiti di casa ma ritrovati o tornati in tempi brevi, com’è accaduto a Samiyah Munin. Altra circostanza che rientra nelle segnalazioni è il rapimento da parte di un genitore non affidatario. Rapimento vero o presunto: anche restare una notte in più a casa di un genitore può far scattare la denuncia da parte dell’altro, se i rapporti sono tesi.

Ernie Allen, presidente del Centro nazionale per i bambini scomparsi e sfruttati (Ncmec) ha dichiarato alla Reuters che oltre il 99 per cento dei minori segnalati come scomparsi tornano a casa sani e salvi. Il problema è semmai a quale casa ritornino, in che condizioni vivano, cosa li abbia spinti a fuggire. A QAnon non può interessare: nella sua narrazione la famiglia è sempre il contesto ideale e gli abusi – come i rapimenti – sono compiuti solo da estranei, anzi, da mostri.

Negli Stati Uniti il numero medio di bambini rapiti ogni anno da estranei è 155. Di questi, quelli non ritrovati sono 49. Intendiamoci, anche uno solo sarebbe troppo. Resta il fatto che siamo sideralmente lontani dagli 800mila di cui parla QAnon.

Quello del traffico di bambini è un problema reale. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, ogni anno nel mondo undici milioni di bambini sono vittime della tratta di esseri umani. Anche gli abusi sessuali sui minori sono un problema reale. Ma QAnon, con i suoi spauracchi e diversivi, sta screditando questi temi e mettendo bastoni tra le ruote a chi se ne occupa davvero. La KidSafe foundation lo ha scritto chiaro e tondo:

I promotori di QAnon sono parassiti. Per allargare la loro impronta, guadagnare credibilità e spargere disinformazione, associano il loro messaggio di odio e fanatismo ai nomi di note e stimate organizzazioni, nello specifico quelle che contrastano gli abusi sessuali e la tratta di bambini. Tale strategia minaccia di sminuire le nostre identità, sporcare le nostre reputazioni e danneggiare il nostro buon operato.

Se a Q stessero davvero a cuore i bambini, non avrebbe scelto come propria base online prima 8chan e poi 8kun, dov’è normale trovare materiali pedopornografici, a volte già sull’home page.

Per dirla con la storica Margaret Peacock, “nel mondo della propaganda, non importano mai i bambini veri. Importa ciò che i bambini rappresentano… Se vuoi istigare azioni violente, il modo di farlo è attraverso l’odio e la paura. Una volta che hai preso di mira un insieme di persone e le hai etichettate come pedofile, puoi fare loro tutto quel che vuoi”.

QAnon non è un movimento contro la violenza sui minori, ma una fantasia sull’instaurazione di un regime totalitario e lo sterminio dei nemici. Nemici il cui novero è destinato ad allargarsi sempre di più, fino a includere chiunque dubiti di QAnon.

“Teoria del complotto” non rende l’idea
Quello che ho proposto è un riassunto molto semplificato. Le sacre scritture di QAnon formano un corpus abnorme che la comunità continua ad aggiornare fagocitando ogni notizia. Per rendersene conto, basta guardare le mappe del Q-Web realizzate dall’artista grafico Dylan Louis Monroe.

Definire QAnon “teoria del complotto” non rende più l’idea. Nemmeno “teoria del complotto di estrema destra”, come la chiama Wikipedia, è una definizione adeguata. Senza dubbio è una narrazione reazionaria e a tratti nazistoide, ma la sua presa non è circoscritta a una precisa area ideologica, arriva anche in zone molto lontane. In generale, se l’espressione conspiracy theory suona limitata, la sua versione italiana fa anche peggio: genera equivoci.

Nel contesto di cui stiamo parlando, il termine theory non è usato in modo avalutativo. Nella cultura anglosassone l’atto del teorizzare non è circondato di aprioristico rispetto, anzi, nell’uso comune theory vuol dire congettura, illazione: “Come on, that’s just theory”. La voce del dizionario Merriam-Webster contiene una buona delucidazione al riguardo.

In italiano questa connotazione è assente. Nella nostra cultura impregnata di idealismo filosofico, una teoria è comunque qualcosa di importante, anche prima di qualunque verifica sulla sua fondatezza. Usando teoria al posto di opinione o parere – “Ho una mia teoria al riguardo” – si risulta subito più autorevoli. Dunque “teoria del complotto” non ha per forza un connotato negativo, non a tutti sembra qualcosa da rigettare a priori. Del resto, di complotti ne sono esistiti e ne esistono. In ogni momento, da qualche parte, c’è qualcuno che complotta. Ed è grazie a teorie divenute inchieste che certe cospirazioni – come la strategia della tensione o i piani della loggia P2 – sono state scoperte.

Le mappe realizzate dall’artista grafico Dylan Louis Monroe. A sinistra: la Q-Web chronology chart; a destra: Key to the Q-Web. (dylanlouismonroe.com)

Ancor più problematico l’epiteto complottista: nato per indicare il propagandista, il profittatore, il soggetto che trae un vantaggio ideologico o di lucro dalle narrazioni che propala, il termine ha ormai sostituito il vecchio dietrologo, diventando un lucchetto che chiude ogni discussione. Viene chiamato complottista chiunque non si accontenti delle narrazioni ufficiali, delle parvenze immediate, delle argomentazioni autoassolutorie del potere. Inoltre, il termine complottista mette sullo stesso piano il propagandista a tempo pieno e l’occasionale fruitore di propaganda, chi prepara l’intruglio e chi lo beve, il manipolatore e i manipolati.

Sto terminando la stesura di un libro – La Q di Qomplotto – sul fenomeno QAnon e la genealogia dell’odierno cospirazionismo social. Nella mia analisi ho sostituito “teoria del complotto” con “fantasticheria di complotto”, che in inglese sarebbe conspiracy fantasy. Per le teorie del complotto fondate e riscontrabili uso invece l’espressione “ipotesi di complotto”.

Le ipotesi di complotto servono a indagare complotti specifici e situati, orientati a un fine preciso, che solitamente cessano dopo essere stati scoperti, o al momento della loro scoperta sono già cessati. Le fantasticherie di complotto, invece, riguardano sempre una cospirazione universale, che ha come fine la conquista o la distruzione del mondo intero da parte di società segrete, confraternite occulte, “razze infide”, singoli individui descritti come onnipotenti burattinai, conquistatori alieni… o un’alleanza di tutti questi soggetti. Una cospirazione costantemente denunciata eppure sempre in pieno svolgimento, da decenni, da secoli.

Nella prima categoria troviamo: lo scandalo Watergate e le manovre di Nixon per insabbiarlo; il programma Cointelpro dell’Fbi per infiltrare le Pantere nere e altri gruppi radicali; i tentativi di assassinare Fidel Castro da parte della Cia; i depistaggi sulle stragi italiane da piazza Fontana in poi; la produzione di false prove contro il regime di Saddam Hussein per giustificare l’invasione dell’Iraq; i complotti della criminalità organizzata, eccetera.

Nella seconda categoria troviamo gli incubi a occhi aperti sugli Illuminati, sui tentacoli della piovra giudaica, sul piano Kalergi, la “grande sostituzione etnica”, George Soros che muove i fili del mondo, Bill Gates che ci controlla con i nanochip nei vaccini, i Rettiliani, le scie chimiche e la Cabal di satanisti pedofili. Potremmo chiamare QAnon un’iper-fantasticheria di complotto, perché collega e raggruppa tutti gli elementi appena elencati.

Anche quando una fantasticheria di complotto sembra riguardare un singolo evento, lo integra in una congiura vastissima, innervata a tal punto nei centri del potere mondiale e con un tale numero di complici da implicare per forza il complotto universale. Negli Stati Uniti è il caso delle stragi compiute da estremisti di destra o soggetti con problemi di salute mentale in scuole, supermercati, chiese e sinagoghe. Carneficine etichettate subito come false flag, messinscene allestite dallo stato profondo per spingere l’opinione pubblica a chiedere leggi contro le armi da fuoco. Le vittime? Persone fittizie, mai esistite. I loro genitori e amici, i superstiti che testimoniano? Tutti crisis actors, figuranti ingaggiati ad hoc. Il pluriomicida? Un crisis actor pure lui, oppure un poveraccio vittima di una montatura: portato sul posto, ucciso e incolpato del massacro.

Finora ho parlato di come definire le narrazioni. Parlando dei narranti, invece, mi sforzo di evitare il termine complottista e ricorro ogni volta a parafrasi, cercando di distinguere tra 1) i propugnatori a tempo pieno di conspiracy fantasies; 2) chi per vari motivi si ritrova a consumarle anche occasionalmente, a ritenerle in tutto o in parte plausibili, a condividerle sul proprio profilo.

Al punto 1 troviamo sia individui con nome e cognome – lo statunitense Alex Jones, l’inglese David Icke o i corrispettivi italiani che incontriamo su siti come Byoblu e Luogo Comune – sia anonimi troll, ma anche agenzie statali che operano a fini geopolitici o di controllo sociale. I Protocolli dei savi anziani di Sion furono fabbricati dall’Okhrana, la polizia segreta zarista. Negli anni della guerra fredda gli Stati Uniti incitarono e sovvenzionarono la paranoia anticomunista. Negli anni dieci del ventunesimo secolo la Russia di Putin ha finanziato le destre identitarie di mezza Europa, alimentando un’incessante propaganda contro la “sostituzione etnica” e Soros che “dirige” le migrazioni dal sud del mondo.

Quanto al punto 2, come ha scritto lo psicologo Rob Brotherton, include potenzialmente tutti noi. Le teorie del complotto, scrive l’autore di Suspicious minds (2015), sono “in risonanza con alcuni dei preconcetti incorporati nel nostro cervello e con le scorciatoie che il nostro pensiero tende a prendere, e attingono dal pozzo dei nostri più profondi desideri, delle nostre paure, delle nostre presupposizioni sul mondo e le persone che ci vivono”. Tutti crediamo, abbiamo creduto o potremmo credere a qualche fantasticheria di complotto.

È da questa consapevolezza che dobbiamo ripartire.

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