Ryszard Kapuscinski, il più grande giornalista contemporaneo, racconta la fine della seconda guerra mondiale
Un giornalista indiano ha avuto la rara opportunità di viaggiare nel Kashmir pachistano. E ha scoperto che a Muzaffarabad e a Srinagar si vuole la stessa cosa: che la guerra finisca presto
Il racconto di un autostoppista alle prime armi che dopo il liceo gira l’Europa. Nelle lunghe attese sul bordo della strada s’impara a conoscere se stessi e s’incontrano persone che non si dimenticheranno mai
Stiamo parlando di noi stessi, e dei valori morali e intellettuali delle comunità privilegiate in cui viviamo. Leggi
Democrazia, morale, ruolo dei laici, ecumenismo, dialogo interreligioso. Sono le grandi questioni che Karol Wojtyla ha lasciato in eredità a Joseph Ratzinger
In Turchia un romanzo di fantapolitica che descrive un conflitto tra Ankara e Washington ha venduto trecentomila copie. Il risentimento verso Stati Uniti ed Europa è sempre più forte
È lo chef più stravagante del pianeta. Le sue ricette includono pollo alla Coca-Cola, aspirine tritate e gelato al gusto di Chanel numero 5. In Argentina è venerato, ma solo pochi osano provare i suoi piatti
“Per tutto quel periodo non ho fatto che sognare le scarpe. Come ottenerle? Che fare per procurarmele?”. Sessant’anni fa finiva la seconda guerra mondiale. Il ricordo di Ryszard Kapuscinski
Le foto di Daria de Benedetti
“Quando si parla del 1945, sono irritato dalle parole usate per definirlo: la gioia della vittoria. Quale gioia? Erano morte tante persone, avevamo sepolto milioni di corpi. Migliaia avevano perso le braccia e le gambe. La vista e l’udito. La ragione. Ogni morte è una tragedia. La fine di una guerra è sempre triste: si vince, ma a quale prezzo? La guerra è la dimostrazione che l’uomo, in quanto essere pensante e senziente, ha fallito, ha deluso se stesso, è stato sconfitto”. Il giornalista polacco Ryszard Kapuscinski era un bambino quando scoppiò la seconda guerra mondiale. Aveva sette anni. Oggi tocca a lui e a tutti i bambini di allora raccontare cosa fu quella guerra. Non come esercizio retorico fine a se stesso, non per l’ennesima celebrazione ufficiale e svogliata, ma solo per tentare di non ripetere gli stessi errori. E quindi, in definitiva, per dare un senso a quella spaventosa carneficina. Leggi
Quest’angolo di Veneto e del nordest industriale non è più il laboratorio del capitalismo italiano degli anni ottanta. Tra crisi e delocalizzazioni, s’interroga sul futuro
Che succede se un paziente scopre che il suo medico non è il migliore? Atul Gawande spiega perché i dottori non possono e non devono mai smettere d’imparare
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