È stato bocciato con 28 voti contrari e solo otto a favore il pacchetto di riforme che comprendeva il regolamento per le prossime elezioni del 2017. Le forze dell’opposizione hanno così dato voce alle proteste di massa contro il tentativo cinese di imporre i candidati
Il parlamento di Hong Kong ha respinto un pacchetto di riforme voluto da Pechino. Le forze filodemocratiche dell’opposizione hanno così dato voce alle proteste di massa contro il tentativo della Cina di imporre i suoi candidati alle prossime elezioni, convocate per il 2017.
Secondo le linee guida del controverso piano di riforme, preparate dal Comitato permanente del congresso nazionale del popolo cinese, gli aspiranti candidati dovevano infatti essere esaminati da una commissione di Pechino prima di poter essere iscritti nelle liste elettorali.
Il voto è stato di 28 contrari alla riforma e solo otto a favore. La maggior parte dei parlamentari vicini al governo ha lasciato l’aula quando è stato chiaro che la riforma era destinata a una sconfitta. Per essere approvata, la riforma avrebbe dovuto raccogliere la maggioranza di due terzi dei 70 voti del parlamento.
Il governo di Hong Kong è riunito per discutere il controverso pacchetto di riforme politiche in vista della votazione che dovrebbe svolgersi il 18 0 il 19 giugno. Centinaia di attivisti per la democrazia si sono riuniti davanti alla sede del consiglio legislativo della città.
Il pacchetto include il regolamento per le prossime elezioni generali del 2017, nelle quali per la prima volta i cittadini dell’ex colonia britannica avranno il diritto di votare per il chief executive, il capo dell’amministrazione della città. Ma i manifestanti criticano il fatto che i candidati dovranno prima essere esaminati da una commissione di Pechino e chiedono una maggiore autonomia e libertà nelle elezioni. Centinaia di agenti sono stati schierati davanti alla sede del consiglio legislativo per evitare disordini.
Perché il pacchetto sia approvato è necessaria la maggioranza dei due terzi dei voti dell’assemblea. I componenti dell’opposizione, per i quali il meccanismo proposto non è sufficiente a garantire una selezione democratica del governo, hanno promesso che voteranno contro, nonostante gli appelli cinesi. Pechino ha messo in guardia contro le “forze radicali” attive a Hong Kong, in seguito all’arresto, il 15 giugno, di dieci persone sospettate di voler organizzare un attentato dinamitardo. Sei sospettati compariranno in tribunale oggi, per rispondere dell’accusa di cospirazione.
Migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Hong Kong, alla vigilia del voto cruciale da parte del consiglio legislativo locale sul piano di riforme politiche presentato dal governo dell’ex colonia britannica, che include il regolamento per le prossime elezioni generali che si svolgeranno nel 2017. La votazione avverrà entro la fine della settimana. Secondo le linee guida, preparate dal Comitato permanente del congresso nazionale del popolo cinese, i candidati dovranno essere prima esaminati da una commissione di Pechino. Solo dopo aver passato la selezione potranno presentarsi alle elezioni. I manifestanti chiedono invece una maggiore autonomia e la libertà nell’elezione del chief executive.
La nuova protesta si è svolta a nove mesi di distanza dalla grande mobilitazione del movimento Occupy central, che ha coinvolto migliaia di persone tra settembre e dicembre dello scorso anno.
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