È un giornalista che vive a Lagos
Duecentosettantasei sagome nere accompagnate dai nomi di ognuna delle ragazze rapite il 14 aprile 2014 a Chibok, nella Nigeria nordorientale, da Boko haram. Per mesi questa installazione grafica ha corredato una rotonda di Ikoyi, il quartiere chic di Lagos. Per ricordare ai ricchi della Nigeria che quelle giovani ragazze non dovevano essere dimenticate. Ma con l’arrivo del Natale e dell’annesso diluvio consumistico, le fragili sagome sono sparite.
LeggiI mezzi d’informazione online hanno svolto un ruolo di primo piano nelle elezioni nigeriane: una grande novità per il mondo politico e giornalistico della prima potenza africana. Leggi
“Vogliamo il cambiamento”, urlano alcuni giovani di Lagos che cantano e ballano all’annuncio dei risultati del loro seggio elettorale di Ikeja la sera del 28 marzo. In questo quartiere popolare della capitale economica della Nigeria il loro candidato, Muhammadu Buhari, ha ottenuto più di due terzi dei voti, mentre quattro anni fa, nello stesso seggio, era stato il presidente in carica Goodluck Jonathan a imporsi su Buhari con un vantaggio davvero impressionante. Tre giorni dopo, la sera del 31 marzo, la loro gioia è ancora più grande. Leggi
“Ogni giorno che passa la situazione diventa più spaventosa”, dichiara Ife Afolabi, un’insegnante nigeriana, mentre guarda la prima pagina del quotidiano The Guardian di Lagos, il suo preferito. Il giornale parla dell’attentato del 10 gennaio al mercato di Maiduguri, il capoluogo dello stato di Borno, nel nordest della Nigeria. A portare l’esplosivo sarebbe stata una bambina di dieci anni. Bilancio: una ventina di morti. Qualche giorno prima Boko haram aveva massacrato in modo sistematico la popolazione di Baga, sempre nel nordest del paese. Secondo le stime di Amnesty international, i morti sarebbero duemila. Leggi
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