Trump e i populisti europei: ciclicamente nelle democrazie occidentali politici che usano la voce grossa attirano consenso, attraggono anziché respingere, rassicurano anziché spaventare. Per il Festival di Internazionale di Ferrara al Cinema Apollo, Renato Coen di Sky Tg24 venerdì 30 settembre alle ore 17,00 ha moderato l’incontro tra Natalie Nougayrède, giornalista francese, Jonathan Freedland, di The Guardian e il giornalista statunitense David Rieff.
Natalie Nougayrède ha aperto l’incontro descrivendo la principale ragione del successo del populismo: la mancanza di riferimenti. La frustrazione derivata dalla difficile situazione economica, dalla crisi d’identità e dalla scarsa capacità dei partiti tradizionali di rispondere al bisogno di rassicurazione del popolo, hanno fornito terreno fertile per la diffusione di questi movimenti.
“La gente apprezza la voce grossa perché sovrasta il rumore”, dice Jonathan Freedland. La situazione dei migranti e la loro rappresentazione mediatica sono un esempio emblematico della perdita di controllo della politica. “Questa situazione” dice la Nougayrède, “non si risolve bloccando i confini o costruendo muri, ma con un miglioramento delle policies a livello europeo”.
“Il populismo ha bisogno di nemici, non di sostenitori”, questa la lezione che David Rieff ha imparato dalla sua esperienza col Chavismo in Sud America. “Fatta eccezione per il Canada”, scherza amaramente il giornalista statunitense, “tutti i Paesi hanno derive populiste. Ci sono quelle di destra e di sinistra, e populismi di cui non sappiamo definire il colore, ma tutti fanno parte del panorama politico.
Quanto sono potenti dipende da quanto forti sono le istituzioni politiche e quanto sono in grado di trattare i problemi reali.”
Nougayrède e Rieff concordano sul fatto che i populisti siano forti finché non venga dato loro un incarico di potere, in particolare se tecnico. In queste occasioni, come nel caso del Partito della Libertà austriaco, dimostrano la loro incapacità e perdono consensi.
Jonathan Freedland riflette invece sullo stile comunicativo. Trump, così come Farage e altri leader populisti, ha capito che “il medium è il messaggio. E il suo è chiaro: così come è in grado di distruggere il linguaggio, è pronto a distruggere il sistema”. Il giornalista di The Guardian accomuna Trump a Putin, sottolineando come entrambi riconoscano il potere delle bugie e le sfruttino deliberatamente per creare insicurezza e confusione.
A differenza di Natalie Nougayrède, Freedland riconosce in Trump una precisa ideologia di stampo fascista. L’individualismo e l’isolamento statunitense a cui aspira il candidato repubblicano non rappresentano una strada per la pace, secondo la giornalista francese. D’altra parte, David Rieff dipinge un governo Clinton con più guerre, in contrapposizione alla svolta del partito Repubblicano, che ha smesso di approvare le cosiddette “missioni di civilizzazione”.
“Trump è un genio”, dicono più volte sia il giornalista inglese che quello americano, “ha saputo cogliere il momento giusto e ha avuto una buona dose di fortuna”.– Barbara Busnard0
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