Krzysztof Charamsa è segretario aggiunto della commissione teologica internazionale vaticana e insegna in alcune università pontificie. Dopo la rivelazione sul suo orientamento sessuale non potrà continuare a svolgere i suoi compiti in Vaticano. Leggi
La santa sede ha presentato oggi il documento di preparazione alla riunione dei vescovi convocata da papa Francesco per l’autunno. Il sinodo, cioè l’assemblea di tutti i vescovi del mondo, si terrà in Vaticano dal 4 al 25 di ottobre e rifletterà sui temi legati alla famiglia, anche a quella non tradizionale. L’Instrumentum laboris non fa grandi aperture su come non escludere dalla chiesa i cattolici che convivono fuori dal matrimonio, quelli divorziati e quelli omosessuali.
Il sinodo del 2015 è molto atteso anche nel mondo laico, perché una relazione che aveva anticipato l’incontro preparatorio dell’ottobre 2014 aveva parlato dei gay in modo più positivo che mai nella storia del cattolicesimo. Le associazioni di omossessuali di tutto il mondo, ma soprattutto i gay cattolici, avevano accolto con soddisfazione il capitolo in cui si leggeva che “bisogna accettare e valorizzare i loro orientamenti sessuali (…) e offrire loro una casa accogliente” in seno alla chiesa. Quel testo, però, era stato annacquato per l’opposizione dei vescovi conservatori. Le 80 pagine dell’Instrumentum presentato oggi non vanno molto oltre. Si afferma soltanto che “ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con sensibilità e delicatezza, sia nella Chiesa che nella società”.
Sul fronte della comunione ai cattolici divorziati che si sono risposati, si legge: “c’è un comune accordo sull’ipotesi di un itinerario di riconciliazione o via penitenziale, sotto l’autorità del vescovo”, ma il documento chiarisce che c’è divisione sul percorso da proporre. Su questo punto come sui gay i vescovi sono divisi tra chi spinge per delle aperture e chi frena. Per approvare un’indicazione è necessaria la maggioranza dei due terzi del sinodo. L’ultima parola, poi, spetta al papa.
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