Migliaia di persone si sono radunate in tutto il mondo arabo e musulmano il 18 ottobre per protestare contro la morte di centinaia di persone in un attacco a un ospedale di Gaza, che attribuiscono a Israele, nonostante Tel Aviv si sia dissociato dall’attacco e abbia accusato i palestinesi di essere responsabili del bombardamento.
Dopo gli appelli alla mobilitazione di massa lanciati dal movimento libanese sciita Hezbollah, sostenuto dall’Iran, migliaia di persone sono scese in strada nella periferia meridionale di Beirut. “Gli israeliani cercheranno di colpire altri ospedali, i soccorritori, i volontari della protezione civile e i residenti di Gaza senza battere ciglio, per spingere la popolazione di Gaza ad andarsene”, ha dichiarato ai manifestanti l’alto funzionario di Hezbollah Hashem Safieddine.
I manifestanti sono scesi in piazza nelle città cisgiordane di Ramallah e Nablus, al grido di “Palestina libera”. Israele e i miliziani di Hamas si sono reciprocamente accusati dell’attacco all’ospedale del 16 ottobre, con l’esercito israeliano che ha dichiarato di avere “prove” che i responsabili sono i miliziani.
Gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein – che avevano entrambi ristabilito relazioni diplomatiche con Israele – hanno criticato Tel Aviv e hanno prese le distanze.
“Gli Emirati Arabi Uniti condannano fermamente l’attacco israeliano che ha causato la morte e il ferimento di centinaia di persone”, ha dichiarato Wam, l’agenzia di stampa governativa degli Emirati Arabi Uniti.
Anche in Bahrein – un paese che aveva normalizzato i legami con Israele nel 2020 – decine di manifestanti hanno marciato verso l’ambasciata israeliana a Manama, prima di essere dispersi dalla polizia.
L’Arabia Saudita, che da quando sono scoppiate le violenze ha interrotto i colloqui su potenziali legami con Israele, ha definito l’esplosione un “crimine odioso commesso dalle forze di occupazione israeliane”.
Il Qatar – uno dei principali sostenitori di Hamas – ha condannato il “brutale massacro”. Anche il Marocco, altro paese che ha riconosciuto Israele nel 2020, lo ha incolpato del bombardamento, così come l’Egitto, che è stato il primo paese arabo a normalizzare le relazioni con Israele nel 1979.
Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha condannato con la massima fermezza “il bombardamento israeliano” dell’ospedale Ahli Arab, che ha causato “la morte di centinaia di vittime innocenti” tra i cittadini palestinesi di Gaza.
Crimini di guerra
In Turchia le proteste vanno avanti da giorni, con migliaia di persone che si sono radunate davanti al consolato israeliano di Istanbul, chiedendone la chiusura. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha dichiarato un periodo di lutto di tre giorni per il bombardamento dell’ospedale, affermando su Twitter: “Noi, Turchia, sentiamo nei nostri cuori il profondo dolore provato dai nostri fratelli palestinesi”.
Nello Yemen, devastato dalla guerra, i manifestanti hanno preso parte a una massiccia protesta filopalestinese nella capitale Sanaa, controllata dai ribelli huthi sostenuti dall’Iran. Centinaia di persone hanno partecipato alle proteste anche a Taez e Marib, controllate dal governo.
L’Algeria ha definito il bombardamento un “atto barbarico”, compiuto dalle “forze di occupazione”, mentre in Tunisia migliaia di manifestanti filopalestinesi si sono radunati davanti all’ambasciata francese, condannando il sostegno occidentale a Israele.
Alcuni hanno sventolato bandiere palestinesi, mentre altri hanno chiesto l’espulsione dell’ambasciatore, accusando la Francia di essere tra gli “alleati occidentali dei sionisti”, hanno riferito i giornalisti dell’Afp. Il governo libico di Tripoli, riconosciuto a livello internazionale, ha definito il bombardamento degli ospedali un “crimine spregevole”, mentre diverse centinaia di persone hanno protestato a Tripoli e in altre città libiche.
Anche Osama Hamdan, funzionario di Hamas, ha invitato a protestare in tutta la regione, chiedendo “l’espulsione degli ambasciatori di Israele in tutte le capitali arabe e islamiche”.
La Giordania ha dichiarato che Israele “è responsabile di questo grave episodio”. Circa diecimila giordani si sono riuniti davanti all’ambasciata israeliana, chiedendo l’espulsione della missione diplomatica di Israele. Le forze di sicurezza hanno bloccato le strade che conducono all’ambasciata, ma le dimensioni della manifestazione sono cresciute, infatti nel paese vivono milioni di rifugiati palestinesi.
“Nessuna ambasciata d’Israele in terra giordana”, hanno scandito i manifestanti, brandendo le bandiere palestinesi.
L’Organizzazione della conferenza islamica, che ha accusato Israele, lo ha definito “un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità e un terrorismo di stato organizzato”.
Il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo, Jasem Mohamed Albudaiwi, ha dichiarato che si tratta di una “prova lampante delle gravi violazioni commesse dalle forze di occupazione israeliane”.
Il capo della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, ha chiesto ai leader di “fermare immediatamente questa tragedia”. L’Iraq, che ha accusato anche le autorità israeliane, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una “risoluzione immediata e urgente” per fermare l’assedio di Israele a Gaza, mentre circa duecento persone protestavano nella zona verde fortificata di Baghdad.
Nella capitale siriana Damasco, centinaia di persone con bandiere palestinesi si sono radunate nei pressi del parlamento, molte indossano magliette con l’immagine del presidente Bashar al Assad. “Martirio o vittoria”, è scritto in uno striscione.