Il 3 gennaio la giustizia argentina ha sospeso la riforma del mercato del lavoro promossa dal presidente ultraliberista Javier Milei, che ha subìto così la sua prima battuta d’arresto.
In seguito a un ricorso della Confederazione generale del lavoro (Cgt), il principale sindacato del paese, la camera nazionale del lavoro ha sospeso le disposizioni sul diritto del lavoro contenute nel decreto del 20 dicembre, in attesa che siano esaminate in modo approfondito dal parlamento.
Il governo argentino ha subito annunciato ricorso contro la sentenza.
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Il 20 dicembre Milei, che si era insediato dieci giorni prima, aveva annunciato una grande campagna di liberalizzazioni e deregolamentazioni dell’economia argentina, e aveva firmato un decreto per modificare o abrogare più di trecento norme, tra cui quelle sugli affitti, sulle privatizzazioni e sul diritto del lavoro.
“L’obiettivo è ricostruire il paese, restituire libertà e autonomia ai cittadini, e cominciare a eliminare l’enorme quantità di norme che ostacola la crescita economica”, aveva affermato Milei in un discorso trasmesso alla radio e in tv.
Il Decreto di necessità e urgenza (Dnu) è entrato in vigore subito, in attesa di essere approvato dal parlamento, dove però il partito di Milei è in minoranza.
I giuristi sono divisi sulla costituzionalità del decreto, contro il quale sono stati presentati alcuni ricorsi, tra cui quello della Cgt.
Gli aspetti più controversi della riforma del mercato del lavoro riguardano l’estensione del periodo di prova da tre a otto mesi, la riduzione dell’indennizzo in caso di licenziamento, le limitazioni del diritto di sciopero e la possibilità di licenziamento in caso di occupazione del luogo di lavoro.
I giudici della camera nazionale del lavoro hanno sottolineato che “i presupposti di necessità e urgenza del Dnu sono poco evidenti, considerando anche che alcune norme sono di natura repressiva o punitiva”.
Secondo i giudici, inoltre, non è chiaro in che modo “l’applicazione immediata del decreto, in deroga al normale processo legislativo, possa stimolare l’occupazione”, che è lo scopo dichiarato della riforma.
La Cgt ha indetto uno sciopero generale e una mobilitazione per il 24 gennaio, appena un mese e mezzo dopo l’insediamento di Milei.