“Il mio corso di studi dura sei anni, ma a causa della guerra ci ho messo dieci anni per portare a termine questo viaggio. Ora sono felicissimo”, dice Joshua Jok Joik, laureato in medicina all’università di Juba, in Sud Sudan.

Il campo profughi gestito dalle Nazioni Unite nella capitale Juba ospita circa 40mila persone. Qui gli studenti universitari che hanno dovuto lasciare le loro case a causa della guerra civile cercano di portare avanti gli studi.

Il documentario di Florence Miettaux, realizzato grazie al sostegno dell’European journalism centre (Ejc), fa parte del progetto Juba in the making.

Da sapere:
Nel dicembre del 2013, due anni dopo aver ottenuto l’indipendenza dal Sudan, nel Sud Sudan è scoppiata una guerra civile. Il presidente Salva Kiir ha accusato il vicepresidente Riek Machar di aver organizzato un colpo di stato. L’Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla, gli ex guerriglieri che hanno formato le forze armate sudsudanesi) si è spaccato tra i reparti fedeli a Kiir e quelli che sostenevano Machar. Allo stesso tempo i politici hanno strumentalizzato le divisioni tra i dinka, l’etnia di Kiir, e i nuer, quella di Machar. Con il passare del tempo altri gruppi sono stati coinvolti nei combattimenti e il conflitto si è trasformato in una guerra a sfondo etnico, alimentata da rivendicazioni storiche.

Guarda anche:
Perché si combatte in Sud Sudan
Il New York Times spiega le ragioni della guerra civile.

La foto in copertina è di Siegfried Modola (Reuters/Contrasto).

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