“Quando avevo vent’anni sono stata vittima di quella che oggi si chiama pornografia non consensuale e che all’epoca si chiamava revenge porn”, racconta nel video Emma Holten, che ha subìto una violazione della propria posta elettronica. “Quando accade una cosa del genere perdi la tua innocenza rispetto alla vita”.

Secondo uno studio, in Europa circa 9 milioni di ragazze hanno subìto una qualche forma di violenza online prima dei 15 anni. Dopo i mesi di lockdown dovuti alla pandemia, si è registrato un netto aumento dei casi di revenge porn, termine che indica la diffusione di immagini o video intimi senza il consenso dei protagonisti. L’obbligo di rimanere a casa ha messo a rischio molte persone, soprattutto perché in tanti hanno cominciato a usare strumenti come Zoom o Skype, che offrono nuove occasioni per portare avanti questo genere di abusi.

Le leggi sul revenge porn variano molto da un paese all’altro e per gli esperti il diritto non riesce a tenere il passo con le nuove tecnologie. In Italia il reato per la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate è previsto nell’articolo 612-ter del codice penale, introdotto con la legge n. 69/2019. Prevede fino a sei anni di carcere e una multa dai 5mila ai 15mila euro.

Il video della Thomson Reuters Foundation.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it