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Maria De Filippi, l’amica geniale

“Stringi forte le chiappe”.
“Ma non ti senti molto più gnocca?”.
“C’è un modo cortese per mandarti affanculo?”.

Maria De Filippi è il più grande romanziere italiano?

Ho passato qualche giorno a guardare in streaming le quattro trasmissioni condotte da Maria De Filippi.

Ho cominciato per caso da C’è posta per te e me ne sono innamorato. Come l’amico snob di Nanni Moretti che scopre le soap opera in traghetto dopo anni di digiuno televisivo e le trova bellissime, ho incontrato, in questa trasmissione che mischia ospiti famosi e storie commoventi di famiglie in crisi, qualcosa di urgente, comunicativo e coinvolgente che credevo non avrei mai trovato nella tv italiana di oggi, tantomeno quella popolare.


Poi ho visto Uomini e Donne.

Se volete sparare sulla Croce rossa, nella seconda parte di questo articolo racconto in dettaglio qualche ora del cosmo di Maria De Filippi per aiutarvi a confermare che – se disponete di un sopracciglio capace di inarcarsi alla giusta angolatura paternalistica – De Filippi è il male.

I suoi programmi Amici di Maria De Filippi, Uomini e Donne e Tú sí que vales sono in vari modi e a varia intensità dei prodotti spaventosi che dicono cose spaventose a chi come noi ama spaventarsi per quell’eterna discesa dei barbari che, agli occhi degli snob, è il nazionalpopolare.

Se invece avete curiosità di sapere qualcosa su C’è posta per te e sui pregi di MDF, leggete subito la prima parte, dove si ragiona sulla possibilità che MDF con le sue trasmissioni stia scrivendo un grande romanzo popolare e che nella sua classica posa – seduta in disparte, microfono in mano, assorta e presente – sia un’ottima narratrice e abbia un grande giro di frase.

PRIMA PARTE: IL BENE
(dove non me l’aspettavo)

Ridere in italiano

Maria De Filippi: “Stringi forte le chiappe”.

Barbara D’Urso: “Ma non ti senti molto più gnocca?”.

Luciana Littizzetto: “C’è un modo cortese per mandarti affanculo?”. E di lì a poco: “Io dico che ci dev’essere un momento in cui la Iolanda può andare in pensione” (la Iolanda è la vagina).

Barbara D’Urso: “Noo!”.

Questo è il minuto di televisione più bello che ho visto negli ultimi due mesi, speciale dei quarant’anni di Saturday night live compreso. È andato in onda un sabato sera di febbraio, in apertura di una trasmissione che parla di famiglie in crisi.

In C’è posta per te immaginavo di trovare quella che da decenni è chiamata con disprezzo “pornografia dei sentimenti” e ci ho trovato subito della pornografia vera: tre cinquantenni che parlavano di corpi, voglie e invecchiamento, come nel Decamerone.

Ma partiamo dall’inizio della puntata, che nel complesso dura tre ore e venti pubblicità esclusa.

I programmi di MDF cominciano senza preamboli: “Buonasera e benarrivati a C’è posta per te. Allora, destinataria di questa posta è una signora della televisione…”. Sullo schermo dello studio, una foto di Barbara D’Urso. MDF spiega al suo pubblico chi, di questa lettera virtuale, è il “mit-ten-te: cioè, chi manda la posta. Per capire chi manda la posta… Anzi, facciamo così: guardate il filmato”.

Un trailer presenta la Littizzetto a colori patinati, smarmellati, musica ironica dance, e le scritte in sovraimpressione che ne riassumono la carriera e la filosofia di vita. Maria fa un sorrisone mentre guarda il filmato, tra gli applausi. Si diverte, a braccia incrociate, bocca aperta, denti bianchi, occhi piccoli e brillanti, dimensioni contenute, non larger than life, perfetta per mimetizzarsi tra la gente anche se è diversa da tutti: androgina, concentrata, più calma di chiunque la circondi.

La comica di sinistra

Entra in studio Luciana Littizzetto, che come spalla di Fabio Fazio a Che tempo che fa gioca da anni a scandalizzare per finta il suo capo nella cattedrale dei progressisti e delle persone perbene.

“Che figo! Ma quanta allegria! Ma sono più dell’anno scorso! Si accoppiano tra di loro? Ma sì, si moltiplicano come criceti…”. Poi: “Ma quello è suo marito o lo zampone di capodanno? Com’è? Ancora dà delle soddisfazioni oppure…?”. Poi: “Guarda là: signora, cos’ha fumato lei?”.

Luciana Litizzetto e Maria De Filippi.

Trovandosi di fronte un pubblico a cui non interesserebbe parlare di politici, Luciana Littizzetto lascia che Maria tiri fuori il tema dei cinquant’anni appena compiuti dall’ospite.

(Sul sito mariadefilippi.mediaset.it si trovano le sinossi delle puntate di ogni sua trasmissione.)

“Ma tu, perché mi hai chiamato qui?”. “Perché quest’anno sei entrata a far parte del club delle cinquantenni e siccome sei stata festeggiata da Fabio Fazio… “. “E che vuol dire, che sono già sopra la collina e posso vedere dall’altra parte?”, risponde perplessa la Littizzetto per poi continuare così: “A me viene il magone anche quando vedo il limite di velocità ‘50’ sulle strade, e poi perché sulla torta di compleanno prima c’erano tante candeline e ora una sola, grande come un cero pasquale?”.

“Ma lei è pazzesca”, dice Luciana di Maria: “Al posto della crema si mette l’antiruggine. Maria ne ha fatte di cotte e di crude nella sua vita, peggio di Jimi Hendrix”. Che sarebbe un’allusione alle leggende popolari che vorrebbero MDF scatenata nella vita privata.

“Io non mi sono fatta una canna in tutta la vita”, risponde Maria.

“Lei c’ha la marijuana dentro!”, incalza, e parla della “chupa dance” di Maria con Costanzo: “Racconta di quella volta che tu l’hai legato, lui t’ha legato…”.

Si passa a commentare alcune foto sexy di Barbara D’Urso: commenti di Luciana, “pela le patate con la patata”, “il balcone, al balcone”.

Che non ci sia Fazio a scandalizzarsi, ma una donna di mondo, rende la cosa, per qualche ragione, più naturale. E, come scoprirò in seguito, il segreto è che MDF sa rendere ogni cosa naturale.

Sesso sesso sesso sono un assetato

Arriva Barbara D’Urso leopardata e scollata e la trasmissione decolla. Le due ospiti cominciano a parlare seguendo lo schema del programma: sono separate da un muro a forma di busta da lettera. La linguetta si alza e mostra un video, da cui Barbara D’Urso guarderà la Littizzetto senza vederla di persona per un bel po’.

Si parla di tette e altre parti del corpo.

Secondo LL, Maria ha “due mandaranci”.

Delle proprie gambe LL dice: “Non è una spaccatura del polpaccio, ma il parafango del maggiolino”.

LL chiama le maestranze per portare lampade aggiuntive e mostrare quanto è più bella se bombardata di luce.

Poi BDU, scatenata, prova a insegnare a LL a camminare bene coi tacchi e il vestito.

Allora Maria, che ha uno stile di conduzione essenziale ed empatico, che non forza mai la mano ma segue il flusso, in sintonia con la situazione le dice: “Stringi forte le chiappe”. Eccetera.

Una mezzoretta o più di donne che parlano di vecchiaia, sensualità, sesso, aspettative, senza cambiare la storia dei costumi né la politica, ma con una certa vitalità.

Il riassuntino scritto della puntata finisce con LL che “esce dalla sua postazione con uno stile da modella imitando la camminata di Barbara D’Urso, si abbracciano affettuosamente ed escono, Luciana a braccetto con lei per non cadere dai tacchi! Una storia tutta da ridere all’insegna dell’allegria”.

Perché rido?

Esiste una categoria di consumatori culturali che a cena guarda le clip di Letterman, o quelle del Tonight Show di Jimmy Fallon, o qualche serie comica tipo Veep o 30 Rock, o tragicomica, diciamo Transparent. Tra loro c’è chi si spinge fino a cercare su YouTube la stand up comedy, quindi Louis CK, Chris Rock, Chelsea Handler… Parliamo inglese come i nobili russi parlavano francese nei salotti, per distinguerci dal popolo scemo.

Arnaldo Greco, scrittore, giornalista culturale e autore di Che tempo che fa, ha scritto di recente su IL:

La tv che importiamo sembra sempre ben fatta e ci scordiamo che se fosse fatta in italiano – non che ce ne sia il rischio – ci disturberebbe. [Ricordo] quando Raisat cominciò a trasmettere le puntate del Late Show di David Letterman e il riflesso condizionato divenne “quando ci sarà un Letterman italiano?”. Ma a questo Letterman ideale gli italiani sofisticati chiedevano di fare le domande scomode, quelle che i giornalisti servi non fanno, come se Letterman non si dilettasse nel fare esattamente l’opposto, cioè a godere dello spreco di tempo parlando per venti minuti della crescita dei cavolfiori nell’orto della Casa Bianca…

Guardando quella mezz’ora di panico sessuale femminile a C’è posta per te ho avuto anch’io l’impressione che il consumatore televisivo raffinato, in Italia, vada a cercare in America i piaceri proibiti, e li spacci per nobili perché per goderseli deve sapere l’inglese: al di là del desiderio morale di guardare approfondimenti politici e documentari civili, c’è un bisogno fisiologico di svago puro che al momento non riusciamo a riconoscere e pretendere dagli autori televisivi italiani.

Ancora Arnaldo Greco: “Morgan Freeman va da Jimmy Fallon per presentare il suo nuovo lavoro e accetta di inalare da un palloncino d’elio prima di rispondere a qualche domanda”. Ci piace, ci fa ridere, ma “gli italiani esterofili si divertirebbero a sentire Toni Servillo che parla dopo aver inalato l’elio?”.

La storia strappalacrime

All’intro boccaccesca segue la prima storia seria. Solito incipit senza fronzoli: “Questa è la storia di un amore contrastato – facciamo entrare Davide”.

Maria procede a riassumere la questione con nettezza, le frasi suonano così: “A questo punto i genitori detestano fino alla morte Davide”. La scelta dell’essenzialità narrativa invece della retorica da melò è fondamentale: non è detto infatti che in queste storie si possa immaginare uno scioglimento che mette d’accordo tutti, dunque è meglio raccontare roboticamente, lasciando poi al confronto tra familiari il monopolio della retorica.

Qui per esempio apprendiamo che Davide, un quarantenne, si è innamorato, ricambiato, della figlia giovane di un amico più anziano di lui, salvo poi scaricarla varie volte, pure dopo averci fatto una figlia; stufi e sfiduciati, i genitori di lei si sono presi in casa figlia e nipote e impediscono al genero rinnegato di frequentarli.

I due ex innamorati sono ancora innamorati e allora il padre ha detto che se la figlia sceglie di amarlo, loro interromperanno ogni rapporto con lei.

In questa storia non c’è un cattivo designato e un finale auspicabile: il suocero è troppo possessivo, ma Davide è inaffidabile, se resta con Giovanna lei potrebbe restarci fregata. L’unico modo sensato di raccontare la storia è procedere seccamente lasciando che lo spettatore si dica da solo, a un certo punto, poveretti, che storia incasinata.

La scena è questa: da un lato del muro-busta che divide il mittente dai destinatari c’è la famiglia di quattro persone: padre e madre cinquantenni, figlio e figlia ventenni, tutti convocati da Davide, che siede al di là. Il suocero è in camicia bianca sbottonata e giacca, porta il pizzetto; la mamma in viola, gonna a fiori e leggings. La figlia è seduta tra i genitori, protetta e scontenta. Il fratello ha un’aria dolcissima e colpevole.

Il grosso dello scambio avviene tra Davide e i suoceri.

Il suocero: “Non sei stato mai una persona corretta… Sei l’ultima persona di questo studio che può dire la parola figli.

Davide, alla suocera: “Tu non ti sei mai fermata a chiedere a tua figlia cos’è che voleva”.

Il pubblico (o il regista) fa partire l’applauso sia per l’uno che per gli altri, riconoscendo così valore parziale a entrambe le posizioni.

“Se ho deciso per lei è perché sono un buon genitore”, dice il padre. Davide, infatti, invece di fare la spesa andava a giocare alle “battaglie simulate”.

Come interviene Maria De Filippi in questa vicenda? Sì, li lascia parlare a lungo, ma con i suoi interventi brevi prende una posizione, che è una cosa che non mi aspettavo: prende la posizione che avrei preso io.

Così spiega ai genitori come sta la loro figlia: “L’idea di perdere voi la fa star male e ha tanta paura perché sa anche che avete ragione a dire alcune cose quindi non è che le parole che sente dire da voi le sente campate in aria… Fa anche fatica a darvi torto. Se lui si fosse comportato in altro modo non avrebbe paura a vivere con lui… Però è innamorata di lui”.

Mi ritrovo a seguire con attenzione la faccenda. Maria chiede al padre: “Se lei dovesse decidere di vivere con lui avrebbe ancora un padre e una madre?”.

“Finito”.

Allora Maria cambia strategia: “Com’è tua nipote, è bella? Sei un bravo nonno?”.

Poi quando il nonno dice: “Penso alle bugie che m’ha detto fino adesso…”, riferendosi alla figlia che ha nascosto la ripresa della relazione, Maria lo scontenta: “Bugie… Aveva paura… Quella che alla fine ha sofferto più di tutti è stata lei”.

E il padre, italianissimo: “Siamo stati noi”.

Maria rilancia chiedendo alla figlia: “Esci o rimani?”, che è il modo rituale di chiedere se vuole spostare il muro-busta per vedere Davide. “Ce l’hai il coraggio?”.

“Non lo so”.

Maria le dà un consiglio: “Giovanna, forse parlare con papà?”.

“A me quello che non piace proprio è che mio fratello ha avuto tutte le agevolazioni”.

Maria: “Tuo padre non ha neanche il coraggio di guardarti negli occhi: guarda me e non guarda te”.

Alla fine i suoceri se ne vanno e rinunciano a riconciliarsi con il genero. La faccia da cartone animato del fratello, capelli radi, corti, sopracciglia spalancate, cicciotto, col cardigan, rimane per dare un sostegno alla sorella e al cognato: è un flop, con in più l’imbarazzo di sapere che lui riceve aiuto finanziario dai genitori.

I tre superstiti si abbracciano senza troppo entusiasmo, feriti, preoccupati dall’uscita dei genitori; accennano discorsi, il fratello dice che non può promettere subito che starà vicino alla sorella ora che ha perso i genitori.

Uomini e donne.

Da un’altra angolazione

Per Aldo Grasso, MDF è la “burattinaia dei poveri Cristi” e “rappresenta un’Italia arcaica”, “dà voce ai sentimenti di chi non possiede le parole per esprimerli (trasforma i soggetti in oggetti), riconcilia e riunisce senza mai prender troppo le parti di nessuno, una specie di ‘fredda’ mediatrice familiare televisiva”.

I valori di Maria De Filippi

La stessa puntata presenta altre due storie serie, intervallate da una comparsata di Matthew McConaughey (vedi sotto).

La prima parla di una madre che ha abbandonato marito sfaccendato e tre figli ed è scappata in Germania per trovarsi un lavoro. In paese fu accusata di avere l’amante. Dopo anni torna, trova lavoro in Italia, vuole rivederli, loro non vogliono. Allora convoca da Maria la figlia maggiore, l’unica maggiorenne, insieme al giovane marito, per implorarli di riallacciare i rapporti.

La seconda è la storia di un uomo del sud che va al nord perché in paese si lavora solo in nero e pochissimo. Al nord si annoia senza la moglie, conosce un’altra su Facebook, lascia per qualche giorno la moglie, poi si pente. Invita la moglie da Maria per riconquistarla.

Da queste storie mi sono fatto alcune idee.

Si parla molto di soldi e lavoro.
Anche se non so in che percentuale le storie siano vere, si parla in tanti modi di come il denaro entra in gioco nei rapporti. Dal fratello avvantaggiato economicamente dai genitori, alla moglie che ha il marito pigro, al marito che scappa dal lavoro nero. E anche se lavoro e denaro pesano sui rapporti, non sono demonizzati: hanno il giusto peso nella trama.

MDF ha una vena femminista.
Interviene in maniera molto precisa per far vedere le ingiustizie del modello patriarcale. Le soluzioni alle tre storie hanno tutte a che fare con un uomo che deve cominciare a interrogarsi su cosa prova realmente una donna e di cosa ha bisogno (la cosa peraltro è fatta filtrare nel discorso senza sottolinearla, altrimenti il pubblico popolare potrebbe rigettarla.)

Non insistendo sulla soluzione immediata di un conflitto di coppia MDF dice all’uomo: “Puoi ricominciare a frequentarla e a vederla, così lei può vedere che sei cambiato e ti fa tornare a casa”.

Davanti a una figlia che rifiuta sua madre perché fu da lei abbandonata Maria dice “…so che è stata [mamma] a dire a papà che eri in stato di gravidanza perché tu non avevi il coraggio di dirglielo”.

E anche: “Era giusto aver paura della reazione di papà?”.

“Sì”.

MDF: “Hai visto mamma piangere e sopportare?”.

“Sì”.

“Per quanto tempo?”.

“Tante volte”.

MDF: “Mamma poteva secondo te sedersi intorno a un tavolo e dire a papà mi voglio separare me ne voglio andare?”.

Non c’è una ricerca disperata del lieto fine.
Quando la figlia decide di rifiutare la madre, rinunciando ad aprire il muro-busta che divide in due la scena, MDF dice: “Non posso farci niente, signora”.

La donna rimane sola e MDF le dice: “Ci ho provato”, e fa una riflessione sulla figlia: “Non penso che sia totalmente scelta sua”. Si capisce che, secondo MDF, la figlia è stata influenzata dal marito.

Non so se esistono molte trasmissioni popolari in cui il discorso è così favorevole a un cambiamento nei rapporti di forza tra uomini e donne.

Per la maggior parte del tempo Maria tace, osserva, si tiene le ginocchia con le braccia.

Il ritmo è caracollante, destrutturato, modernista.
Ho sempre pensato che le cose tv nazionalpopolari dovessero avere il conduttore barocco alla Conti, alla Frizzi, quello con la cartellina in mano che un po’ sopra le righe scandisce un complicato cerimoniale pensato per condire, speziare il vuoto. Qui le cose cominciano e finiscono senza climax, la gente piange quando si mette a piangere, i finali sono sbrigativi, la grande retorica è riservata al monologo del mittente, ma il resto va un po’ come va.

Ci sono strane ellissi nelle conversazioni, come chiacchiere tra fattoni in Vizio di forma.

MDF: “Penso che un matrimonio sia fatto anche di momenti bassi, no?”.

Lei: “Se l’avessi fatto io” (baciare qualcun altro) “tu molto probabilmente… non l’avrei più visto, te lo dico io”.

Lui: “Ma io la amo, come facevo dopo…?”.

Maria non è esattamente una conduttrice.
È mescolata agli eventi ed entra ed esce dalla situazione in modi strani.

Si mette a ridere quasi fra sé dopo che la moglie ha detto che il marito l’ha guardata in faccia e le ha detto che non l’amava più, amava un’altra.

Spesso la tirano in mezzo: “Allora ogni volta che devo sapere la verità devo chiama’ Maria?”. O anche, rivolti a lei: “Posso sapere cosa ha detto a te?”.

Chiaro: le canzoni melense, i pianti, gli applausi fatti partire dal regista… Ma è un livello di intimità, di schiettezza, di facilità di comunicazione che non mi aspettavo. MDF sta lì come un parroco durante la partita a pallone dei ragazzini: non sembra la prima serata di un canale nazionale.

Il cane.
La trasmissione finisce con MDF in ginocchio e i titoli di coda: chiama il cane Saki, uno staffordshire bull terrier borchiato. Saki però va da un’altra parte, poi cambia idea e corre da lei. Si è cambiata per i saluti, ha la camicia di seta scura, i jeans neri.

“Saki, di’ buonanotte… Buonanotte, grazie mille”, e finisce così. Dopo tre ore e venti.

Anche gli snob piangono

Cane a parte, queste sono storie commoventi. Forse ho bisogno qualche volta di guardarmi delle storie strappalacrime in tv. Ma quand’è che mi sento autorizzato a farlo?

Solo in due casi: o si tratta di una storia in cui un povero cittadino ha subìto un sopruso; oppure, dev’essere un’opera d’arte, meglio se per opera d’arte si intende una serie tv, che è più facile.

L’altra sera venivo da una domenica con C’è posta per te e mi sono ritrovato a cena con degli amici scrittori. Spiegavo a un paio di loro che mi ero appassionato alla trasmissione. Stavo dicendo che secondo me era strano che riuscissimo ad accettare la voglia di melodramma solo quando si tratta di belle serie tv straniere: perché rifiutare una puntata di C’è posta per te con tante storie interessanti di famiglie incasinate se poi è esattamente quel che chiediamo a opere di finzione come Olive Kitteridge? Siccome avevo scritto di Olive Kitteridge su Internazionale, mi hanno chiesto se in definitiva la si può considerare un’opera d’arte.

Ho detto che le serie tv secondo me non lo sono quasi mai, ma siccome abbiamo bisogno di melodramma dobbiamo convincerci che lo siano.

Uno dei miei interlocutori era poco convinto della mia idea, ma nel frattempo nella stanza un altro paio di scrittori avevano sentito dire “Olive Kitteridge” e si erano scaldati. Nel giro di due minuti, una decina di persone si accapigliavano sul tema “Ma il marito di Olive la ama davvero oppure non l’ha mai amata?”.

Io e quelli con cui stavo parlando ci siamo messi a ridere: che Olive Kitteridge sia un capolavoro o meno, il punto è che è lì che andiamo a riversare tutto il nostro bisogno di parlare d’amore e di infelicità. Non c’entra che sia in inglese, che sia tratta da un romanzo, che ci reciti Frances McDormand.

Devo citare ancora l’articolo di Arnaldo Greco:

A proposito, le serie tv. Sono il nuovo passepartout per guardarsi in pace qualcosa senza temere di essere giudicati… L’esterofilia non dà profondità di giudizio, e fa straparlare dei Downton abbey o delle Desperate housewives attribuendogli spessore e senso critico che non riconosceremmo se li girassimo noi. Downton abbey è un polpettone, Desperate housewives è veramente per casalinghe.

Berlinguer e i fotoromanzi

La rivista Link tratta di televisione e ha dedicato un numero recente al nazionalpopolare. Nell’articolo di Francesca Serafini Ah felicità su quale treno viaggerai”, dove parla di fotoromanzo, è riportato un testo di Enrico Berlinguer dal titolo “Dedicato alle ragazze che leggono Grand Hotel”.

Nel tentativo accorato e pedagogico di spingere quelle stesse ragazze verso altri tipi di produzioni – e insieme, naturalmente, ad altro tipo di felicità (…) – Berlinguer scrive: ‘Non è davvero nelle nostre intenzioni negare alle ragazze il diritto di scegliere le loro letture, di appassionarsi ad avventure od a vicende d’amore. Vorremmo soltanto aiutarle a comprendere che, alle volte, in chi scrive quelle avventure, in chi immagina quelle storie d’amore, vi è l’intenzione di farci palpitare per le avventure di altri, di farci sognare qualcosa che non appartiene al nostro mondo per impedirci di aprire gli occhi, di unirci, di operare per rimuovere insieme gli ostacoli che impediscono a tante ragazze di conquistarsi un loro avvenire, di portare a compimento il loro sogno d’amore, di avere tutte la loro famiglia e di raggiungere la loro felicità in una società che più non conosca per i pochi, il privilegio, il lusso, il capriccio e, per i molti, l’umiliazione, lo scherno, la miseria’.

Questo testo commovente ci ricorda come mai chi di noi ha avuto una formazione comunista o socialdemocratica abbia conservato l’inimicizia per quel tipo di intrattenimento puramente sentimentale che impedirebbe alle persone di aprire gli occhi.

Il problema è che, da farisei di quella cultura, in molti sì crediamo nel dogma ragionevole di Berlinguer, e perciò critichiamo i melodrammi popolari che sono fumo negli occhi; ma nel frattempo, se ne abbiamo bisogno, ci scarichiamo illegalmente The affair, che come C’è posta per te, parla di corna. E loro due sono belli. Ma è in inglese. E ha l’intreccio complicato. E c’è McNulty di The wire, che è segno di impegno civile.

Siamo sepolcri imbiancati.

Rusty Cole con il cuore in mano

Sono stato fortunato: la seconda sezione ospiti della puntata ha per protagonista l’eroe dell’intrattenimento alto per italiani sofisticati: il Matthew McConaughey reduce da True detective e Dallas buyers club, più il cameo onanistico nell’ultimo Scorsese.

“Questa è la storia di un regalo, e quindi partiamo da un RVM…” ossia un filmato.

Il primo da sinistra è Matthew McConaughey.

McConaughey entra dopo il trailer celebrativo, ringrazia per gli applausi, “It feels good!”, dice che vuole rifarlo, Maria risponde “Vuoi rifare tutto dall’inizio?”, lui esce e ricomincia, rifà l’ingresso, riprende gli applausi.

L’attore è il regalo che un marito fa a sua moglie, finita in sedia a rotelle dopo un incidente in Harley Davidson durante un raduno. C’è tutta una lettera struggente di lui a lei, letta al pubblico da MDF, con cui si ricapitola l’incidente. MDF tiene la mano alla signora in sedia a rotelle. Il marito dichiara per iscritto che senza di lei lui sarebbe un vegetale e che deve smettere di dire che sarebbe stato meglio non risvegliarsi dal coma.

Suona una banda, canzoni d’amore, dei bambini recitano cose romantiche, il pavimento è magico e cambia luci e colori, si trasforma in un cielo stellato.

McConaughey, finora nascosto dietro il muro-busta, viene finalmente rivelato alla signora disabile; le si avvicina, lascia che si bei, le parla attraverso la traduttrice (storica traduttrice del Maurizio Costanzo Show), le regala quattro biglietti per New York.

“Amore”, fa il marito, “che ti amo da morire l’abbiamo capito tutti, anche Matthew”.

Cosa preferisce Matthew?

Mi sono chiesto: se io fossi Matthew McConaughey, cosa preferirei fare delle tre:

  1. dire spiritosaggini da Letterman;

  2. farmi fare complimenti da Fazio;

  3. guardare intensamente la signora harleysta in sedia a rotelle?

Cosa è più finto? Oppure, cosa è meno finto? Forse sono sullo stesso piano; ma se non lo fossero, chi dice che la scena sentimentale della sposa disabile sia più riprovevole che arrampicarsi sugli specchi da Letterman o farsi blandire da Fazio?

Forse un attore che per lavoro interpreta emozioni si trova meglio da MDF.

INTERMEZZO

MDF ha un talento fuori del comune: come Tolstoj, racconta le sue storie capendole alla perfezione; come Lou Reed, racconta le sue storie come se non costasse alcuna fatica; come Robert Altman, racconta le sue storie come se non le avesse scritte o volute lei ma solo incrociate per caso con il microfono e la telecamera accesi.

Quest’ultima caratteristica le permette di fare una cosa. Nelle sue trasmissioni più criticabili, Uomini e Donne e Amici, MDF conduce in un modo per cui se fosse creata una squadra speciale contro i maltrattamenti alla dignità, e questa squadra facesse una retata in uno studio dove si registra un programma di MDF, sarebbero portati tutti in commissariato tranne lei. Com’è possibile sembrare così poco compromessa, se i programmi sono suoi? Li produce la sua Fascino Pgt srl (che per metà appartiene a Rti, di Mediaset, e per metà a lei, che ha ereditato nel 2008 il 30 per cento dal marito, Maurizio Costanzo).

MDF sembra capitata lì per amministrare i mali del mondo (ambizione, vanità, narcisismo) gestendo il traffico con leggerezza ed empatia. Che il tema sia il dolore vero delle famiglie rotte o il dolore che io direi finto dell’ambizione frustrata, lei lo rispetta. Rispetta ogni spinta interna delle persone, tranne forse quella dei padri padroni, uniche figure nazionalpopolari a cui si oppone attivamente. Forse perché fare il tronista è un crimine senza vittime, mentre plagiare la propria figlia negandole affetto no.

La narratrice postmoderna MDF salta da un genere all’altro come Thomas Pynchon, dalla slapstick comedy di Tú sí que vales, al melò di C’è posta per te, all’orgiastico Uomini e donne, allo young adult di Saranno famosi.

Fra tutti questi registri, MDF mantiene uno stile di fondo, diciamo così un giro di frase, che è minimalista, intimo, dolcemente pratico, ma allo stesso tempo, non so come altro dirlo: è burocratico. “Se vuoi facciamo vedere live il momento”. O: “Allora ragazzi continua la formazione delle squadre… attualmente i posti rimasti sono nove, perché ci sono tre maglie verdi…”. O: “Non posso farci niente, signora”.

SECONDA PARTE: IL MALE
(come lo conosciamo)

Questa è una guida, o una visita guidata, a quattro programmi di MDF: Tú sí que vales, Uomini e donne Trono Over, Uomini e Donne Trono Giovane, Amici di Maria De Filippi. A ciascun programma ho attribuito una carbon footprint morale, vale a dire un bollino per indicare quanto inquina da 1 a 10.

I programmi che seguono sono interessanti perché mostrano la gamma di cui è capace MDF.

Il libro di Salvatore Patriarca Il mistero di Maria (Mimesis 2012) mette in ordine i tre grandi successi di MDF, Amici, Uomini e Donne e C’è posta per te attribuendo a ciascuno un principio: rispettivamente, la formazione, la competizione, la riconciliazione. Nel primo, il giovane diventa se stesso, nel secondo si affrontano i conflitti generati dalle personalità, nel terzo si mettono in scena le possibili riconciliazioni.

Non so a quale categoria appartenga Tú sí que vales, successore di programmi come Italia’s got talent e prima ancora La corrida.

Tú sí que vales
Carbon footprint morale: 6/10

Del predecessore Italia’s got talent (ora passato a Sky e sfuggito quindi alla cura di MDF) Aldo Grasso scrisse:

I due presentatori procedono al minimo sindacale. I tre giudici non dicono mai cose particolarmente intelligenti o spiritose. Il format è particolarmente sensibile al pubblico femminile, ai giovani, a un’audience popolare e fortemente radicata nel sud del paese. Il talent è la nuova frontiera del reality e l’unica idea è quella di mascherare alcuni fenomeni da baraccone con potenziali artisti

Tú sí que vales è un programma montatissimo, stile Paperissima: è volutamente finto, pieno di tagli ed effetti in postproduzione per dare un senso di tarocco e cialtroneria deliberati, alla Antonio Ricci. Dà a intendere, anche con l’uso comico della musica extradiegetica, che la realtà raccontata è molto più lenta e noiosa. Il montaggio la accelera, la ridicolizza, poi di colpo la rallenta. I replay delle performance a volte avvengono durante la performance stessa.

Il programma va avanti per più di tre ore senza mai variare la formula. Un concorrente dopo l’altro, con un paio di esterne per le prove acrobatiche, si esibiscono chi seriamente chi in maniera ridicola, e devono essere votati dalla giuria di MDF – Gerry Scotti e Rudy Zerbi – con l’aiuto in questo caso degli ospiti Francesco Totti (annoiato) e Mara Venier (vispa come Barbara D’Urso).

Mara Venier, a destra.

Qui, MDF approfitta delle comode poltrone bianche della giuria per allungare le gambe sull’estensione e gestire il programma da sbracata. Potrebbe condurlo da casa sua tanto le viene facile. Con l’aria di distacco partecipante che ha per ogni cosa, affronta senza sbalzi d’umore i rovesci di stile che portano le esibizioni dall’intenso al ridicolo, commentando così i diversi casi.

Tono ispirato.
A un ginnasta-ballerino che si muove armonicamente nell’aria, appeso a due fasce che pendono dal soffitto: “Tu rappresenti la potenza e la forza… che riescono a diventare leggerezza e danza, quindi è qualcosa di più che la semplice forza”.

Tono leggero.
Davanti a un imitatore settantenne di Little Tony: “Cercate tutti di andare a tempo – adesso vedrai che tutto il pubblico lo fa bene”, ma poi alla fine, sorridendo: “Veramente veramente un disastro”. Poi prende in giro Rudi che è stato preso di mira dal concorrente eliminato. Rudi le dice: “Ma tu hai detto non vale”, cioè anche lei ha votato No. Lei risponde: “Lui non m’ha sentito”. E ripete: “Io gli ho detto non vali fin dall’inizio ma non se n’è accorto”.

Solo nei programmi di MDF si sente parlare così a lungo in maniera smozzicata e incomprensibile. MDF non esige quasi mai che si sottolineino i momenti. Se proprio serve ci pensa lei a iniettare umanità nel programma, come nel prossimo esempio.

Sentimenti umani.
Con il mangiatore di coltelli mette graziosamente in mostra la propria paura: “Questa volta voglio resistere… Questa volta provo” a guardare.

La faccia schifata di lei che ha paura di guardare, il mangiatore di coltelli le si avvicina, Maria si tiene alla poltrona, si volta di scatto – (replay istantaneo) s i v o l t a d i s c a t t o .

È incaricata di sfilargli la spada dalla gola: rimane con in mano la spada, e la contempla: “Sudavo freddo perché avevo paura di fare un disastro all’interno del… Quando ha tirato fuori lo spadone ho fatto un po’ fatica”.

Intenso.
Una giovane danzatrice presenta una coreografia dedicata al padre scomparso. MDF: “La cosa più importante che i genitori possono insegnare ai propri figli è andare avanti da soli”. Le chiede: “Lui ti ha visto ballare, ha fatto in tempo o no? E ci teneva?”. Poi: “Hai detto che quella foto è lui da piccolino e sei anche tu. Cos’hai di lui?”.

Quando l’esibizione della ragazza si rivela dilettantesca, MDF la aiuta a decifrare la situazione: “Tu sei tanto giovane e non puoi avere l’esperienza di una coreografa, no?… Il coreografo esalta quelle che sono le tue caratteristiche. Il fatto di aver scelto di coreografare te stessa per tuo padre…”. Le sta spiegando che non ha fatto una cosa buona, ma allo stesso tempo: “Non c’è nessun coreografo che la può sentire come te… Credo tu abbia fatto più una scelta di pancia che una scelta razionale… Non c’era la malizia del coreografo che è capace di tamponare i difetti di un ballerino… Considerando questo, per me vale…”.

Uomini e Donne, Trono Giovane
Carbon footprint morale: 10/10

Quel che succede nelle persone i cui corpi e le cui voci sono prestate al romanzo tridimensionale di Maria De Filippi è un mistero. Emanuele Kraushaar ha scritto una piccola antologia di Spoon River di flussi di coscienza di persone che hanno a che fare con Uomini e Donne (Maria De Filippi, Alet 2011). Eccone una:

Io sono una che fa girare gli uomini per strada. Per questo decido di andare al programma Uomini e Donne di Maria De Filippi: per avere un futuro tranquillo. So che devo piacere al pubblico. In particolare ad una che si chiama Daniela che appena apre bocca tutti applaudono. Non è importante che il tronista mi scelga, ma anzi che venga trattata male da lui così poi magari mi eliminano, ma se piaccio a questa Daniela e di conseguenza al pubblico dello studio che si fa influenzare e poi al pubblico di casa e a quello di internet, Maria magari mi sceglie per fare la tronista. Allora poi faccio la tronista e cerco di apparire sincera e onesta. Scelgo un ragazzo che non sia troppo furbo e nemmeno di quelli che si sa che diventano popolari. Poi se ho successo sui giornali tra tira e molla con questo e nuovi flirt, magari riesco ad agganciare un calciatore o ancora meglio il figlio di qualcuno che lavora in tv. Così potrebbe chiamarmi Simona Ventura per l’Isola dei Famosi.

Finalmente guardo una puntata intera di Uomini e donne.

In realtà di puntata non si può parlare: Uomini e donne è un flusso ininterrotto. L’ora e cinque minuti della puntata sembra una misura ritagliata in un tessuto continuo di conversazioni. Va in onda per un’ora e cinque minuti al giorno dal martedì al venerdì.

Il mondo è diviso in studio ed esterna. L’esterna vede un ragazzo e una ragazza – uno dei due è tronista, corteggiato ufficiale, uomo o donna che sia – che si rimorchiano parlando sottovoce davanti a qualche telecamera, in una casa o in un locale:

“Mi posso mettere comodo?”.

“Madonna, certo…”.

“Non troppo comodo che se no va a finire che…”.

“…dormi?”.

“No…”

E si abbracciano, e si sbaciucchiano ma più sul collo che altro.

Si torna in studio: “L’esterna con Amedeo è andata bene”, dice la ragazza. “C’è da dire una cosa però: io sono una persona un po’ fredda. Non amo il contatto se non sono molto convinta”.

MDF è seduta su un gradino in jeans e maglietta grigia a maniche lunghe e li lascia fare. È il metodo De Filippi al suo livello massimo: di tutta la sua corte di televisivi – le famiglie in crisi, i cantanti implumi, i dilettanti allo sbaraglio – questi giovani maggiorenni di Uomini e donne, che vogliono diventare famosi mettendo in mostra le proprie strategie sentimentali per poi entrare nell’indotto De Filippi come opinionisti o nel mondo come Carucci Famosi, sono quelli che hanno meno bisogno di impulso: partono, parlano, si vantano, si accusano a vicenda, non si capisce una mazza.

Microfoni color carne contro la guancia, barbette, ciuffi laccati, lo studio con luci azzurrine alle pareti, uno schermone che dice: Amedeo, Valentina e Fabio sceglieranno la persona che potrebbe essere la compagna della loro vita.

Su tre troni rossi, due uomini e una donna.

Ed ecco il tenore delle conversazioni, mischiate a caso per maggior effetto: “Quel che ho visto è stato un atteggiamento incoerente… anche se non penso che lei non tornerà da te”. “Tu le studi, le frasi acchiappa-applausi”. “Non è vero quello che dice Luca che vi siete infamati a vicenda. Tu hai infamato lui”. “Positivo che t’imbarazzi, fai vedere che c’è un interesse vero… sei pura”. “Per me questa ragazza è incommentabile e questo gioco che sta giocando siete voi che glielo lasciate fare”. “Quindi lei ha deciso di corteggiare Fabio perché io ho provato a baciarla?”.

In questo contesto, come se il programma non fosse suo e l’avessero chiamata per dare un tono all’ambiente, per elevare la bassezza della situazione, MDF fa solo cose lievi, anzi lievemente burocratiche, come: “Se vuoi facciamo vedere live il momento”. Oppure: “Alessia è uscita anche con Fabio, eh. Io non so se tu lo sai. Andiamo con l’esterna”.

Oppure alleggerisce: quando l’eccentrica opinionista ed ex tronista Tina Cipollari dice che vuole un caffè, Maria si aggiunge: “Mi porti un decaffeinato, Tina?”. Ciò che in un’altra trasmissione verrebbe detto con cento strizzatine d’occhio, qui sembra parte naturale di un tessuto rutilante e ronzante da salone di manicure.

Oppure chiama in ballo chi parlotta: “Che c’hai, Gianni?”. E questa marea di passivo-aggressivi si aggrappa a MDF come a una terapeuta di coppia finita dentro un’orgia. La invocano sempre: “Maria, Maria”.

Lei però sta anche per cinque minuti senza parlare. A lungo non viene inquadrata. La coinvolgono i tronisti, allora la vediamo: sbatte le ciglia, ha l’aria concentrata, divertita, i gomiti sulle ginocchia alte, il microfono orizzontale. Ha l’aria di una che deve condurre per talmente tante ore che si è messa l’anima in pace. Sembra una che deve condurre Telethon ogni giorno della sua vita: tanto vale sedersi sui gradini. Ed è la sua Telethon: una maratona per ottenere denaro e attenzione in favore di persone bisognose di denaro e attenzione, i partecipanti alle sue trasmissioni.

Mi verrebbe voglia di vederla in un talkshow politico.Invece di far tacere i politici sgolandosi, starebbe seduta lì a sorridere sorniona, verrebbe chiamata in causa e risponderebbe cose come: “Matteo, che stavi dicendo? Lo sai che Angelino ha fatto l’esterna con Silvio”.

Con la sua naturalezza da compagna di classe arrivata al pigiama party solo per fare un favore all’amica.

Due chicche dalla puntata.

In un’esterna girata in una stanza con grande uso del rallentatore, la corteggiatrice ha preparato al tronista una mela appesa a un filo, per fare il gioco del mangiarla con le mani dietro la schiena fino ad arrivare a baciarsi (non riescono a finirla tutta). Dal riassunto su mariadefilippi.mediaset.it: “Lui le chiede se può fidarsi e lei risponde “certo! Tu mi piaci!”, poi i due si sdraiano tra i cuscini, divisi solo da una mela”.

E sul finale, un fantastico rituale. Una sfilata di due, tre decine di ragazze molto carine, con targhetta rosa col nome appuntata al petto: vengono incontro al tronista come bambine alla comunione, gli consegnano una rosa e lo baciano sulle guance. Sono la nuova infornata di vergini per il Minotauro. Le altre pretendenti, dopo, si lamentano che è aumentata la concorrenza.

Poi, di colpo, tre coppie si mettono a ballare.

Uomini e donne, Trono Over
Carbon footprint morale: 9/10

Il trono over per me è una sorpresa inquietante: vi partecipano persone tra i quarant’anni e gli ottanta. Tutte cercano l’anima gemella e la visibilità, come nell’altro. Fa impressione vedere questa continuità tematica tra i quarantenni, in cerca o di fama o di qualcuno con cui fare un figlio con gli ultimi ovuli disponibili nella donna, e i vedovi spigliati in cerca di compagnia per ballare il liscio (in trasmissione si balla tre volte in un’ora, così, a rompere la tensione come nelle commedie italiane quando si mette su Lucio Dalla). L’accostamento quarantenni-settantenni, anche se poi le coppie si formano tra coetanei, è forse la cosa più forzata di tutto il cosmo di MDF. Sembra una decisione presa a tavolino per vedere l’effetto che fa. Mi sembrerebbe molto più naturale mettere i quarantenni con i ventenni (ma forse ho solo paura di invecchiare).

La sinossi della puntata di martedì 24 febbraio dice: “Gemma corre mentre Giorgio frena. Dura polemica tra Franco e Barbara P., ma lui ora vede Sabrina…”.

Siccome gli anziani non sono nativi dell’era del reality, qui MDF deve dare più impulso, e il risultato è un misto fra tronisti, C’è posta per te e la commedia di Tú sí que vales.

“So che vi siete scambiati il numero, che vi siete sentiti”, Maria stimola due spasimanti che però hanno un problema: lui è molto più giovane di lei anche se la donna dice: “Sei una persona distinta mi piaci che non sei cafone”.

MDF: “Quindi non può nascere niente”.

“Non può nascere niente perché io sono più grande di lui”.

A questo punto si va sulla commedia: un nuovo pretendente per la signora è Gustavo, buffo signore molto amato in sala, che vive a Fiano Romano e possiede della terra. Un’esterna lo mostra negli studi di Amici, dove i maestri di danza provano a insegnargli i rudimenti del ballo.

C’è un momento intenso in cui Gustavo nello studio di Uomini e Donne guarda sullo schermo il se stesso che nello studio di Amici guarda un filmato di se stesso che balla.

MDF porta avanti la baracca domandandogli: “Quante bestie hai?”.

Nasce un corteggiamento con una signora che dice: “Lui ha parecchi animali, somarelli…”.

MDF: “Angela, ma tu coltivi anche i campi?”.

Parlano dell’amore per le tavole imbandite. Si vantano dei tanti parenti: “Noi quando siamo pochi a pranzo siamo dieci”.

MDF incalza dolcemente: “Gustavo ma tu guidi anche il trattore?”.

“Ce l’ho”.

Poi ballano su Romagna mia, tutti insieme.

Il piatto forte della puntata è un’esterna fra Gemma e Giorgio, sessantenni. Lui si crede un re, lei è una disperata.

Così riassume il sito:

Gemma è perplessa, pensava che dopo l’incontro di Firenze lui si fosse avvicinato più a lei, le sembrava più interessato, lui ribadisce di non credere all’innamoramento repentino; Gemma al contrario si sente ‘fidanzata’, lui ripete che stanno vivendo l’inizio di una storia, si stanno conoscendo, ma ciò non significa ancora che siano fidanzati e si sposeranno e lui si sente libero di poter sentire anche altre signore. Ascoltando queste parole a Gemma si inumidiscono nuovamente gli occhi…

Gemma intervistata dentro il ristorante, dopo la cena freddina: “Non ci ho capito niente di quello che ha detto… Per un attimo mi ha fatto pensare che avrei ritrovato un po’ di benessere, e quindi questa cosa mi fa doppiamente male”.

Lui dopo si smarca: “Il tuo sarcasmo mi sembra fuori luogo… Io vivo day by day… ma non voglio avere l’avvoltoio qui”.

MDF deve puntualizzare: “Tu se non ho capito male non intendi parlare di una storia importante”, dice a Giorgio. E al pubblico chiarisce la questione: “Lui vuol conoscere altre donne, vuole parlare con altre donne… Se deve stare con Gemma deve essere una scelta non dev’essere un’imposizione”. Sono le stesse regole di buon senso che in C’è posta per te creano vero pathos: qui però stabiliscono soltanto, e non senza cinismo, delle linee guida che forse implorano di essere trasgredite per maggior effetto.

E Maria con loro mette il dito nella piaga più che in altre trasmissioni: “Gemma, non è che discuto sto soltanto dicendoti quello che lui più di una volta ha detto… L’ha ripetuto al telefono e l’ha ripetuto pure a cena”.

Se il grande narratore è chi amministra il male e il bene ai suoi personaggi senza preferenze, MDF, capace di incoraggiare una donna in crisi abbandonata dalla figlia in C’è posta per te e sottolineare in modo asciutto la disperazione di una donna in cerca dell’amore in Uomini e donne, mi sembra proprio questo.

Arriva il momento dei quarantenni tinti, che litigano perché lei ha dichiarato un’età che non ha e forse una laurea che non ha. Lui, l’accusatore, ha dei capelli folti che sembrano finti. I quarantenni sono meno candidi dei cinquantenni, che lo sono meno dei settantenni.

“Io sono andato all’ordine dei medici: non esisti”.

Ma un settantenne distinto li critica: “Questo non è il luogo della denigrazione, questo è il luogo dell’affabulazione”. È il gap generazionale.

MDF incalza: “A proposito di questo, Franco ha incontrato una signora e c’è stato un bacio”.

Prima della fine vediamo una sessantenne che per dimostrare di non essersi rifatta il naso per vanità ma per necessità porta una propria foto di quando era giovane: ha il naso rifatto solo per aver preso un pugno e ci tiene a dirlo.

Se anche la trasmissione fosse tutta scritta, non potresti scrivere la disperazione di un anziano in cerca di compagnia; e quella è la benzina del programma.

Amici di Maria De Filippi
Carbon footprint morale: 8/10

Come impatto sull’Italia, questa trasmissione vale perfino più di Uomini e donne. A quanto pare, Amici tiene in pugno un mercato musicale nazionale che mai come ora, in epoca globale, si nutre di fenomeni quasi sempre italiani.

La puntata del sabato è condotta da MDF e dura un’ora e mezza. Durante la settimana ci sono le puntate quotidiane in cui i maestri selezionano i ragazzi con delle sfide burocraticamente complicate che servono a definire chi potrà fare il serale, ossia le finali. Il sabato in questione mi pare dedicato alla formazione delle squadre nell’arena-studio illuminatissima. Le squadre hanno come capitane due cantanti vere, Elisa ed Emma. La seconda è un prodotto di MDF, e infatti in questo mondo Hunger games di comunicazione e lotta sembra molto più abituata, sciolta, della ex bambina Elisa, nata quando la ricerca di talent delle case discografiche avveniva a porte chiuse.

MDF conduce in maglia rossa e jeans, occhiali e stivaletti, si prende un coro di fan ma subito si sbriga: “Grazie mille”, estrae un cd, “esce il due marzo Nek”, entra Nek in maglietta nera, con il passo di uno che non sta su un grande palco, ma in una palestra.

“Benarrivato. Lui canta il pezzo che sta attualmente spopolando nelle radio e che avete sentito a Sanremo”.

Dopo il pezzo, gli dice “oh complimenti eh”, gli lascia ribattere mezza cosa, finito.

“Allora ragazzi continua la formazione delle squadre”, si siede in poltrona a fare più o meno il notaio: “Attualmente i posti rimasti sono nove, perché ci sono tre maglie verdi…”. Gomiti sulle ginocchia, jeans schiariti. “A usufruire di questa modalità è stato Simone. Vieni Simone…”.

Smista il traffico dei ragazzi in competizione, che tra loro si lanciano stilettate interamente immerse nella cultura da tortura ministeriale dello show.

Lei, empatica e breve, a uno che non ha vinto la sfida per andare al serale: “Sei rimasto male?”.

Poi di nuovo burocratica dopo aver fatto entrare le ospiti, che hanno entrambe deliziosi bomberini glitter stile Drive: “Voi sedete accanto alla seduta di Elisa della maglie blu e accanto alla seduta di Emma della maglie bianche”. Anche la parola seduta sembra parte di un codice perfetto, condiviso.

In un filmato, Emma, completamente televisiva, dice a un ragazzo che vuole convincere a venire nella sua squadra: “Io parto sempre dalla persona, poi arrivo all’artista”.

Elisa invece è timida: “Spero che verrai con me nella mia squadra”.

Quando il ragazzo, nell’arena-studio, sceglie Elisa, la cantante pretalent gli dà un abbraccio forte che mi sembra composto di due elementi: genuina empatia per i giovani che vogliono farcela; genuina preoccupazione che non entrare in queste nuove logiche possa farle perdere il contatto con il pubblico.

Poi abbiamo dei prodotti perfetti: The Kolors, trio di musicisti dominato da un bassista cantante campano col ciuffo immenso, che rifà un po’ edulcorata “A me me piace ‘o blues”. Faccia adultissima con testa a trapezio da David Bowie, piercing tra bocca e mento. Sembra sapere che diventerà famoso o che lo è già. Suonano altri pezzi, direi in playback. Alla fine dice a Emma e Elisa: “Vi voglio proprio bene vi ggiuro. È stata na botta al cuore”.

MDF, pratica: “I Kolors sono al serale”.

È interessante vedere che Emma ed Elisa non se la tirano: devono partecipare. Sono quasi sullo stesso piano dei ragazzi in gara. Rispetto a Elisa, che ha un’aria dolcemente outsider da pub di provincia, Emma sembra la sorella maggiore dei ragazzi, sembra la tipa di quinto liceo che sa tutto, è accondiscendente ma allo stesso tempo inclusiva. Emma è stata prodotta in quel laboratorio e con i suoi modi da famiglia, integrati, mostra a Elisa il modello da seguire: nessun talento è un’isola, si va avanti tutti insieme, si partecipa al gioco, sia io, sia te, sia quel pallone gonfiato delle Vibrazioni, sia ‘sto rapper coglione. Siamo tutti con Maria.

Dopo aver annunciato una borsa di studio per un videomaker, Maria chiude dicendo: “Noi vi ringraziamo grazie Emma grazie Elisa grazie ai professori ci vediamo sabato prossimo”, si alza e se ne va.

Conclusione

Finisce sempre così, di fretta, dopo essere durata una vita.

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