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Mi sono innamorata di Blu, lo street artist inafferrabile

Di Blu non si sa quasi niente, neppure il nome, si sa quello che dicono le sue opere: crede nelle lotte sociali, nella tutela dell’ambiente e di tutti gli animali, non al capitalismo, non al denaro.

Da amici di amici di amici so che è un antispecista, che non dipinge per soldi, che vive facendosi ospitare qua e là per il mondo, immagino anche facendosi pagare quelle volte che dipinge per un committente, come è accaduto in alcuni musei (il PaC di Milano e il Moca di Los Angeles, che però ha poi cancellato il dipinto perché considerato inappropriato) o in alcuni festival; ma non so se queste cose sono vere.

La prima volta che ho visto un suo murale ero a Berlino, a Kreuzberg, a Cuvrystrasse, era un pomeriggio grigio di febbraio, e mi sono trovata davanti un uomo gigantesco, vestito elegante, con ai polsi le manette d’oro, e a quegli altri due, nel palazzo accanto, che si tolgono la maschera a vicenda, sotto la scritta “Reclaim you city”.

Berlino.

Da allora ho cercato i suoi murales nelle città in cui sono stata, ho guardato su internet quelli delle città che non conosco, ho guardato i suoi incredibili video in cui i disegni sui muri si animano creando un bislacco cartone animato che corre sui muri delle città.



Nel frattempo, i due murales di Cuvrystrasse, insieme a quello di Oberbaumstrasse, che rappresenta un uomo enorme che sembra fatto di vermi nell’atto di divorarne uno; e quei vermi, a ben guardare, sono invece uomini anche loro. E sono diventati in poco tempo un po’ il simbolo di quella Berlino che fa mitologia di se stessa: giovane, artistica e ricca di possibilità che attraggono i giovani europei. E spesso: un’illusione che si autofagocita.

Il 12 dicembre, sulle bacheche dei miei amici che vivono a Berlino, comparivano post che raccontavano, in poche righe, che erano state cancellate le due opere in Cuvrystrasse. I commenti erano di indignazione, la rabbia ostentata contro chi non aveva rispetto per l’arte.

Nei giorni successivi, sul suo sito, lo stesso Blu ha scritto un messaggio, in inglese:

Quando il dito indica la luna

Tra il 2007 e il 2008 ho dipinto due muri a Cuvrystrasse a Berlino (con la collaborazione di Lutz, Artitude e i loro volontari). Nel 2014, dopo aver vissuto i cambiamenti avvenuti in quest’area negli ultimi anni, abbiamo deciso che era arrivato il momento di cancellarli entrambi.

Dunque non era censura. Dunque questo artista è così radicale da protestare contro la gentrification, o la speculazione edilizia, autocancellando la sua opera – il Mitte, il giornale berlinese in lingua italiana ha dato per primo la notizia. Un modo per dire: “Non mi avrete mai”.

L’operazione è contraria e allo stesso tempo in linea con quella che ha fatto per altri edifici, a Bologna come a Roma, dipinti proprio per scongiurare il pericolo della demolizione, o dello sgombero, trattandosi di posti occupati.

A Bologna, su uno dei muri dell’XM24, l’ex mercato ortofrutticolo della Bolognina, occupato da undici anni, che rischia di essere buttato giù per permettere la costruzione di una rotonda spartitraffico, in una zona in forte espansione edilizia ha dipinto, su tutta la facciata, una battaglia fra due parti della città: quella opulenta, avida e spietata (che lancia enormi mortadelle) e quella che quotidianamente combatte per la giustizia, l’uguaglianza e il rispetto (lanciando cocomeri e zucche). Utilizzando personaggi e immagini del Signore degli anelli, l’opera è anche un racconto degli ultimi quindici anni di storia dei movimenti e di lotte sociali: dalle giornate del G8 di Genova alla critical mass, dal bookblock al movimento No Tav.

A Roma dipinge due facciate dell’ex caserma dell’aeronautica di via del Porto Fluviale, da dieci anni diventato occupazione abitativa che ospita più di quattrocentocinquanta persone: duecento metri quadri di parete su cui l’artista dipinge delle enormi e colorate facce umanoidi.

Seguendo la via Ostiense, poco più avanti, delle macchine incatenate campeggiano sulle pareti dell’Alexis, una recente occupazione. Proseguendo, un gigantesco affresco in stile neoclassico, che rappresenta la corruzione della classe politica romana e italiana e della chiesa cattolica, occupa tutta la facciata dell’ex cinodromo, occupato dal 2002.

Nato a Senigallia, cresciuto artisticamente a Bologna, Blu non lavora da solo, ma anche con altri artisti, come Ericailcane (c’è un unico rarissimo libretto del 2005 con 25 suoi disegni edito da Modo Infoshop) o i brasiliani Os Gêmeos. Ma non rilascia interviste: le sue opere parlassero da sole, ed è così in effetti. Con le loro forme spesso grottesche e surreali sono supericoniche: come affreschi medievali, esplicite nel significato e nel messaggio politico, un messaggio che è riconoscibile, globale, ma che non prescinde mai dal territorio e dal suo contesto di quel momento. Un fermo immagine di un conflitto.

Belgrado.

A Niscemi, accompagnando la protesta NoMuos, Blu dipinge un enorme robot che si muove su un campo pieno di aerei che diventano tombe, contrastato dai manifestanti armati di bastoni e attrezzi per coltivare la terra. A Bogotà una mano taglia, con una carta di credito, della polvere bianca composta da centinaia di teschi umani. Vicino a Betlemme un ragazzino prova ad abbattere con un dito il muro che isola i territori palestinesi. A Milano, sulla facciata del PaC, uomini in giacca e cravatta, ma in mutande, si arrampicano su una montagna di cocaina.

A Barcellona, nel quartiere popolare del Carmel, uno squalo fatto di dollari ingloba, divorandola, una vecchia scritta del Psoe, il Partito socialista operaio spagnolo. A Sassari due mani versano dentro un’ampolla veleni, aerei e macchine: l’ampolla si riversa su altre ampolle dove sono i pesci, i prati, le pecore. A Lisbona un uomo, bianco, camicia e giacca, grasso, con sulla testa una corona d’oro con i simboli delle società petrolifere, succhia con una cannuccia l’America Latina, come acqua da un cocco fresco.

Lisbona.

È chiara la sfida? Sostenere il recupero urbano, appoggiare le lotte dei movimenti, quelli ambientalisti, quelli contro le opere che danneggiano il territorio, quelli di lotta per la casa.

Arte povera, poverissima, lontana mondi interi dal mondo glamour delle gallerie, delle installazioni e dei vernissage: al posto di un pubblico di addetti ai lavori e di spettatori che si mettono in fila e pagano un biglietto, magari trasformando gli artisti in feticci da bookshop, gli street artist comunicano con gli abitanti dei luoghi che scelgono, spesso quelli delle periferie, dei quartieri popolari. Così i muri di Blu attraggono le persone che ci sbattono per caso, o quelle che vanno apposta per guardare la sua arte. Chi non c’è mai capitato davanti, può incappare almeno nel suo sito: tutte le sue opere si possono vedere qui.

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