C’erano lunghe file davanti al suo studio di Bamako, in Mali, scrive Mathilde Urfalino sul sito della rivista Les Inrockuptibles. Tra il 1949 e il 1962, Seydou Keïta ha scattato più di 500mila immagini, prima di diventare il fotografo ufficiale del presidente Modibo Keïta.
“In quegli anni tutta l’alta società voleva farsi fotografare da Keïta”. E si metteva in posa con oggetti simbolo del successo raggiunto: a cavallo di una moto, a bordo di un’auto, con una radio in spalla. L’obiettivo per tutti, dai più giovani ai più anziani, era avere un’immagine gratificante di se stessi.
“Keïta ritraeva la classe degli alti funzionari, degli uomini ben vestiti che coprivano le loro donne di catene d’oro”, raccontava Malick Sidibé, erede di Keïta, che invece ritraeva la classe media, “persone che potevano farsi fotografare anche con una mucca”.
Keïta e Sidibé hanno raccontato i cambiamenti culturali e sociali in un paese proiettato verso l’indipendenza e la modernità, cogliendo gesti e pose che imitavano i film del cinema americano, e fotografando i tessuti pieni di fiori della tradizione africana.
Per la prima volta il Grand Palais di Parigi ospita una mostra dedicata a Keïta, considerato il padre della fotografia maliana. Trecento immagini, che resteranno esposte fino all’11 luglio 2016.
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