19 aprile 2024 15:52

Dopo sette anni si chiude il caso Iuventa che vedeva imputati dieci operatori umanitari delle organizzazioni Jugend Rettet, Save The Children e Medici senza frontiere, accusati dalla procura di Trapani di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di aver collaborato con i trafficanti di esseri umani per le loro attività di soccorso nel Mediterraneo centrale. Il 19 aprile il giudice di Trapani ha stabilito che il fatto non sussiste e di conseguenza gli umanitari sono stati tutti prosciolti. La decisione era attesa dopo che la procura aveva ritirato le accuse il 28 febbraio.

L’inchiesta era stata avviata nel 2016 e aveva portato al sequestro della nave Iuventa dell’ong Jugend Rettet nell’agosto del 2017. Le accuse formulare dagli inquirenti erano state riprese da molti politici, ma anche da diversi giornali come prove di presunti contatti e collaborazioni tra le navi delle ong e i trafficanti di esseri umani in Libia in quello che abbiamo più volte definito “processo di criminalizzazione del soccorso in mare”. Il sequestro dell’imbarcazione dell’ong tedesca il 2 agosto 2017 è stato uno spartiacque: sembrava avvalorare le presunte collaborazioni su cui indagavano da almeno sei mesi alcuni pubblici ministeri italiani, tra cui quelli di Trapani.

Nel marzo del 2021 la procura siciliana aveva chiuso l’indagine e aveva formalizzato le accuse contro il personale di tre organizzazioni umanitarie: Save the children, Medici senza frontiere (Msf) e Jugend Rettet. Ventuno persone erano state accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver partecipato a diversi salvataggi di migranti in fuga dalla Libia tra il 2016 e il 2017, quando a coordinare i soccorsi c’era la Centrale operativa della guardia costiera italiana (Mrcc). Le pene previste per questo tipo di reato possono arrivare fino a vent’anni di reclusione.

Nell’inchiesta sono state intercettate decine di persone, tra cui molti giornalisti e alcuni avvocati, fatto abbastanza inconsueto e che si è verificato in passato solo nelle indagini che riguardavano la criminalità organizzata o il terrorismo.

Tutto l’impianto accusatorio dell’indagine si basava sulla testimonianza di due agenti di sicurezza della Imi security service, imbarcati sulla nave umanitaria di Save the children, Pietro Gallo e Floriana Ballestra, che avevano mandato un fascicolo sull’operato delle ong direttamente a Matteo Salvini, leader della Lega, all’epoca all’opposizione. La procura allora aveva aperto un’indagine e aveva mandato un agente dei servizi segreti sotto copertura a bordo della nave Vos Hestia di Save the children, per raccogliere altre informazioni.

Quelle foto e quelle conversazioni registrate dall’agente sotto copertura erano poi trapelate su tutti i giornali, nonostante l’inchiesta fosse ancora in corso. Mostravano degli operatori umanitari a bordo di piccole lance di salvataggio che trainavano le imbarcazioni vuote dei migranti. Queste immagini sono state ritenute la prova di riconsegne delle barche concordate con i trafficanti. Gli esperti di Forensic architecture avevano studiato quelle foto ed erano riusciti a dimostrare che non c’era stata in realtà alcuna riconsegna.

La procura ha chiesto anche la restituzione all’ong tedesca della nave sequestrata nel 2017 e ormai irrimediabilmente danneggiata dal fermo. Nella sua memoria, l’accusa ha ammesso la mancanza di credibilità dei principali testimoni e l’assenza di prove che dimostrino l’esistenza di un illecito da parte degli imputati. L’accusa ha osservato inoltre che l’udienza preliminare ha fornito ulteriori prove e informazioni rispetto a quelle precedentemente ottenute, il che ha portato a un cambiamento di posizione.

“Dopo un’odissea durata sette anni, il tribunale di Trapani ha emesso una sentenza storica dichiarando il non luogo a procedere per tutti gli imputati. Dopo due anni di oltre quaranta udienze preliminari, questo caso si conferma il più lungo, costoso e vasto procedimento contro le ong di ricerca e soccorso, esempio emblematico dei grandi sforzi compiuti dalle autorità per criminalizzare la migrazione”, ha scritto in un comunicato l’equipaggio della nave Iuventa.

“Pur accogliendo con favore la sentenza del tribunale, l’equipaggio della Iuventa esprime grande disappunto per gli irreparabili danni inflitti dall’indagine e dal processo”, hanno continuato gli umanitari tedeschi. “Il risultato di un’indagine viziata e guidata da motivazioni politiche è che migliaia di persone sono morte nel Mediterraneo o sono state riportate con la forza in una Libia devastata dalla guerra”, ha commentato Sascha Girke, uno degli imputati del caso Iuventa.

“Gli attacchi alla solidarietà continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni: decreti restrittivi, detenzione delle navi civili, supporto alla guardia costiera libica che ostacola pericolosamente i soccorsi e alimenta sofferenze e violazioni, mentre le morti in mare continuano ad aumentare”, ha dichiarato Christos Christou, presidente internazionale di Msf.

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