Lo scrittore Andrea Camilleri è morto il 17 luglio a Roma all’età di 93 anni. Nato il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, Camilleri è stato sceneggiatore, regista teatrale e funzionario della Rai. Nella narrativa ha esordito nel 1978 con Il corso delle cose, dopo dieci anni di rifiuti. Nel 1980 uscirono Un filo di fumo e nel 1984 La strage dimenticata, libri che però non attirarono molta attenzione.
Il successo arrivò negli anni novanta con la serie di gialli che ha per protagonista il commissario Montalbano. Da allora Camilleri ha pubblicato più di cento libri, venduto trenta milioni di copie, ricevuto nove lauree honoris causa e rilasciato centinaia di interviste.
Una delle ultime è stata quella con Jérôme Gautheret di Le Monde, fatta poche settimane prima del ricovero dello scrittore in un ospedale a Roma.
Le Monde
Al giornalista francese, Camilleri racconta di essere cresciuto a Porto Empedocle, “un piccolo paese di pescatori”, e di aver amato il mare: “D’estate vivevo sulla spiaggia. Ho una cultura di uomo di mare e di contadino”.
Trasferitosi a Roma nel 1949 “la prima volta ho fatto il possibile per tornare in Sicilia. Poi, lentamente, la famiglia e la vecchiaia mi hanno fatto tornare solo una volta all’anno. Vado a respirare l’aria del porto, i profumi della campagna, ma alla mia età i miei amici non ci sono più”.
Tra gli scrittori che ha amato cita Sciascia, Pirandello, Malraux (“La condizione umana mi ha cambiato la vita”) Simenon, Faulkner, Joyce, Gide, Bernanos. “Non Proust: lo trovo un po’ difficile. E poi, naturalmente, ci sono i poeti: Mallarmé, Lautréamont (…) Per non parlare del teatro. Molière, che genio!”.
Quando Gautheret gli chiede dell’Italia di oggi, Camilleri dice che “la grande maggioranza degli italiani ha adorato Mussolini e questo desiderio di obbedienza non è mai scomparso. Abbiamo una certa inclinazione alla schiavitù… Salvini fa la voce grossa e tutti lo seguono. Ci piace molto non pensare, chiedere agli altri di farlo per noi”.
The Guardian
Nel suo necrologio sul quotidiano britannico The Guardian ricorda che Camilleri non ha mai risparmiato interventi polemici sull’attualità nazionale e internazionale.
“Tra i suoi obiettivi ci sono stati Silvio Berlusconi e George W. Bush, con la mafia e il Vaticano sempre sullo sfondo”, scrive Alison Flood.
In un’intervista dell’aprile scorso al Guardian, il giornalista Lorenzo Tondo ricorda che “in un episodio recente della serie tv Il commissario Montalbano, un messaggio a favore dei migranti ha suscitato la rabbia dei sostenitori di Salvini”.
Tra le vicende dell’attualità, Camilleri si è occupato anche di mafia, ma con un approccio preciso: mai raccontare i boss in ruoli da protagonisti. Al Guardian lo scrittore ha spiegato come mai: “Non perché ne ho paura, ma credo che scriverne spesso li trasformi in eroi. Penso al Padrino, dove l’interpretazione superba di Marlon Brando ci distrae dal fatto che ha anche commesso degli omicidi. È un regalo che non voglio fare alla mafia”.
El País
Già da qualche anno Camilleri era diventato cieco, come ricorda Daniel Verdú sul País. Lo aveva annunciato lui stesso in una nota alla fine del romanzo L’altro capo del filo: “Scritto nella sopravvenuta cecità”.
“Le tenebre non possono essere combattute. Non c’è niente da fare. Bisogna affidarsi alla memoria”, aveva detto al País. Prima di perdere la vista, Camilleri aveva comunque scritto la fine del commissario Montalbano, il suo eroe più celebre, protagonista di una serie di libri tradotti in tutto il mondo.
“Quando ha compiuto ottant’anni”, scrive Verdú, “Andrea Camilleri ha pensato di aver già percorso una lunga strada e che forse la fine poteva trovarsi dietro l’angolo. Così ha scritto l’episodio finale della serie sul commissario Montalbano e lo ha inviato al suo editore”. Da allora Sellerio lo ha tenuto in cassaforte. L’accordo con Camilleri era che la pubblicazione sarebbe avvenuta solo dopo la morte dello scrittore.
Dal New York Times a Ekathimerini
Ricordi, necrologi e articoli su Camilleri sono stati pubblicati su molti altri giornali. Dallo statunitense New York Times alla polacca Gazeta Wyborcza, dal greco Ekathimerini all’argentino Clarín.
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