Il 7 novembre il decreto sicurezza e immigrazione è stato approvato dal senato con una larga maggioranza e ora passa all’esame della camera dei deputati, che lo ha fissato in calendario il 22 novembre. Il ministro dell’interno Matteo Salvini – primo promotore della misura approvata dal consiglio dei ministri il 24 settembre e firmata dal presidente della repubblica il 4 ottobre – ha commentato con entusiasmo su Twitter: “Decreto sicurezza e immigrazione, ore 12.19, il senato approva!!! #DecretoSalvini, giornata storica”.
Ma l’iter di approvazione del decreto ha aperto alcune questioni politiche profonde sia all’interno della maggioranza sia nei rapporti tra l’esecutivo e il parlamento e ha suscitato non poche critiche tra le organizzazioni che si occupano di immigrazione. Da una parte infatti alcuni senatori del Movimento 5 stelle hanno preso le distanze dal provvedimento, che hanno definito lontano dalle posizioni del loro partito; e dall’altra parte è stato necessario per l’esecutivo mettere la fiducia sul disegno di legge che avrebbe potuto aprire ulteriori spaccature.
Inoltre tutti gli emendamenti parlamentari presentati dall’aula sono stati respinti, mentre è stato approvato un maxiemendamento voluto dal governo che ha modificato in senso ancora più restrittivo la norma che si occupa di diritto di asilo, d’immigrazione, del sistema di accoglienza, di cittadinanza, di sicurezza e di gestione dei beni confiscati alle mafie.
Tra le principali misure introdotte dal decreto ci sono: l’abolizione della protezione umanitaria, il prolungamento del periodo di reclusione nei Centri permanenti per il rimpatrio (Cpr), la revoca della cittadinanza nel caso di condanna per reati connessi al terrorismo, la riforma e il ridimensionamento del sistema di accoglienza ordinario dei richiedenti asilo (Sprar), l’estensione del periodo di trattenimento dei richiedenti asilo dentro gli hotspot, la revoca dello status di rifugiato a coloro che sono condannati in primo grado per alcuni tipi di reati. A queste misure si sono aggiunti altri articoli che hanno introdotto dei limiti alla concessione della protezione internazionale.
Il governo ha aggiunto infatti al decreto l’articolo 7 bis che prevede l’istituzione di un elenco di “paesi di origine sicuri” e una “procedura per la domanda di protezione manifestamente infondata”. Inoltre con l’articolo 10 si fa strada il concetto di “area interna sicura”, cioè di una zona sicura all’interno di un paese che non è nella lista dei paesi di origine sicuri.
Con le modifiche introdotte si stabilisce che il ministero degli esteri – insieme al ministero dell’interno e della giustizia – rediga una lista di paesi di origine sicuri sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto d’asilo e da agenzie europee e internazionali (Easo, Unhcr, Consiglio d’Europa). Il richiedente asilo che proviene da uno dei paesi della lista dovrà dimostrare di avere gravi motivi che giustifichino la sua richiesta di asilo e la sua domanda di asilo sarà esaminata con una modalità accelerata.
Le aree interne sicure
Oltre alla lista dei paesi di origine sicuri, nell’articolo 10 del decreto si parla del principio del “volo interno”, e cioè “se un cittadino straniero può essere rimpatriato in alcune aree del paese di origine dove non si rilevano rischi di persecuzione, la domanda di protezione internazionale è rigettata”. Questo concetto introduce “una forte discrezionalità nell’esame delle domande di asilo” e “limita fortemente le possibilità di protezione per i richiedenti asilo”, afferma il Consiglio italiano dei rifugiati (Cir), che ha redatto una scheda per spiegare tutte le modifiche al decreto.
Per Gianfranco Schiavone dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) il decreto sicurezza che è stato approvato dal senato è “di gran lunga peggiore” rispetto a quello che era stato proposto dal consiglio dei ministri. “Questi peggioramenti sono stati introdotti attraverso degli emendamenti governativi e questo modus operandi indica una strategia”, spiega Schiavone. “È come se avessimo avuto due decreti, uno firmato dal presidente della repubblica e uno approvato dal senato, ma entrambi scritti dal governo. Questo ci fa pensare che le modifiche introdotte in aula dal governo erano già state preparate durante il consiglio dei ministri, ma sono state presentate solo durante il dibattito parlamentare, mentre sono state respinte tutte le modifiche presentate dai parlamentari”. Questa modalità operativa indica quello che Schiavone definisce un vero e proprio “disprezzo” per l’attività parlamentare. “Si usa la decretazione d’urgenza, non si accettano gli emendamenti presentati dal parlamento e poi si pone la fiducia sulla norma”, conclude.
Nel merito delle modifiche introdotte Schiavone è molto critico: “I due principali cambiamenti incidono sulla materia delle qualifiche per l’ottenimento della protezione internazionale e sono: la lista dei paesi di origine sicuri e le aree interne sicure”. Entrambi i concetti sono presenti nelle direttive europee, ma sono facoltativi e finora l’Italia aveva deciso di non introdurli nel proprio ordinamento nazionale. La lista dei paesi di origine sicuri rischia di introdurre una sorta di “filtro” per l’esame delle domande di asilo, spiega Schiavone. “In tutti i paesi europei in cui si è ricorsi a queste liste ci sono stati numerosi contenziosi. Ogni domanda va esaminata nel merito secondo princìpi di equità e indipendenza, ma le liste diventano una specie di pregiudiziale che amplia la discrezionalità degli organi di valutazione”.
Inoltre una domanda di asilo può essere rigettata se il richiedente può essere rimpatriato in un’altra zona dello stesso paese considerata sicura: “Come si fa a stabilire che l’area interna di quel paese è sicura?”. “Questo significa condannare i paesi che sono già instabili a farsi carico anche dei propri sfollati interni, non è in linea di sicuro con l’articolo 10 della costituzione. La nostra carta costituzionale rimanda a una nozione di asilo molto diversa”, conclude Schiavone.
Forme estese di detenzione
Il direttore del Cir Mario Morcone, ex capo di gabinetto del ministero dell’interno, esprime grande preoccupazione: “È un decreto che non raggiungerà in nessun modo l’obiettivo che il legislatore si è posto: cioè più sicurezza nel nostro paese”. Per Morcone l’abolizione della protezione umanitaria creerà migliaia di irregolari che non potranno essere rimpatriati e inoltre “lo smantellamento dello Sprar determinerà nuove forme di marginalità, derive di esclusione sociale che inevitabilmente renderanno più fragili le persone che arriveranno in Italia enfatizzando il rischio di conflitti”. Inoltre il cosiddetto decreto sicurezza introduce “forme estese di detenzione per richiedenti asilo, che potranno essere trattenuti solo per verificare la loro identità e senza aver commesso alcun crimine fino a 210 giorni”.
“Vediamo un altro rischio che ci allarma molto. L’introduzione del trattenimento ai soli fini identificativi e delle procedure di frontiera determinerà sulle coste della Sicilia e delle altre regioni del sud la realizzazione, per necessità, di grandi centri chiusi che deterranno migliaia di richiedenti asilo. È sostanzialmente quello che alcuni paesi europei ci chiedono da tempo e noi non abbiamo mai voluto fare”, continua Morcone.
Colpiscono infine le misure relative alla cittadinanza: “I quattro anni richiesti dall’amministrazione per dare una risposta alla richiesta di cittadinanza presentata da una persona che nei precedenti dieci anni aveva già dimostrato di essere nelle condizioni richieste dalla legge, non sembrano compatibili col livello di sviluppo del nostro paese. Le disfunzioni della pubblica amministrazione non possono essere scaricate su persone che peraltro lavorano e pagano le tasse come tutti gli altri cittadini”. Anche le associazioni che fanno parte del Tavolo asilo hanno bocciato la norma: “Siamo convinti che non possa esservi davvero sicurezza senza la consapevolezza che, di fronte all’assenza di flussi di ingresso regolare e a un drastico calo degli sbarchi, occorre favorire al massimo l’integrazione e non avventurarsi in norme che rischiano di allargare l’irregolarità. Il Tavolo asilo guarda dunque con grande preoccupazione al mancato senso di responsabilità istituzionale nelle politiche sull’immigrazione. In particolare consideriamo inutile e sbagliato impegnare risorse per l’allungamento della detenzione amministrativa degli stranieri, provvedimento che in passato ha già dimostrato di essere inefficace”.
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