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La Palestina non è un gioco per bambini ricchi

Una manifestazione contro la conferenza di Manama a Beit Lahia, nella Striscia di Gaza, il 25 giugno 2019. (Mustafa Hassona, Anadolu Agency/Getty Images)

La prima scena del video musicale Cavalry, piccolo capolavoro della regista libanese Jessy Moussallem girato per la canzone del gruppo indie-rock libanese Mashrou’ Leila, si apre su una bambina con la coda. Ha la voce rotta mentre grida contro un soldato: “Dove lo portate? Ha solo 15 anni, non ha fatto niente”. Suo fratello maggiore è appena stato caricato su un carro armato dai soldati israeliani in un villaggio palestinese. La bambina si avvicina al carro armato davanti a casa sua: “Dite di essere uomini? Scendete da qui!”. E ancora: “Mio fratello di quattro anni ha più dignità di te”. Si avvicina un’altra bambina, che dice al soldato: “Non ho paura delle tue armi. Vai via”.

Poi attacca la musica elettro-ipnotica dei Mashrou’ Leila.

Your army is the redemption of my heart
You will not break me
Your army is the redemption of my heart
You will not break me
(Il tuo esercito è la redenzione del mio cuore
Non mi spezzerai
Il tuo esercito è la redenzione del mio cuore
Non mi spezzerai)


Questi bambini palestinesi che chiedono agli adulti di comportarsi da uomini hanno davanti dei soldati israeliani protetti dalle loro divise, nascosti da caschi e visori, che gli rispondono sempre e solo: eskot (stai zitto), verosimilmente l’unica parola che sanno pronunciare in arabo. Eskot è la risposta che danno anche alla madre dei bambini quando perquisiscono la sua casa, e al nonno che dice di preferire la morte piuttosto che vedere i suoi ulivi abbattuti: eskot, state zitti, eskot.

Rompere il silenzio
La parola riassume precisamente quello che è successo alla conferenza di Manama, in Bahrein, dove gli Stati Uniti hanno presentato il loro piano per risolvere il conflitto tra Israele e Palestina. Jared Kushner, il genero del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha promosso la parte economica della proposta, che prevede la creazione di un fondo globale di 50 miliardi di dollari da investire nel corso di dieci anni in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e per i palestinesi in Libano, Egitto e Giordania. Alla conferenza hanno partecipato i paesi più reazionari del mondo arabo, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Giordania, ma i palestinesi erano assenti.

Proprio come i piccoli eroi del loro video musicale, i Mashrou’ Leila non sono abituati a tacere

Il video di Cavalry è stato pubblicato all’inizio di giugno. La canzone fa parte del nuovo disco dei Mashrou’ Leila Beirut School, che è già un evento in sé. Anche se il cantante Hamed Sinno è madrelingua inglese, il gruppo ha sempre voluto cantare solo in arabo, per ragioni politiche. E così, dieci anni dopo l’esordio, Cavalry è la prima canzone che esce anche con una versione inglese.

Proprio come i piccoli eroi del loro video musicale, i Mashrou’ Leila non sono abituati a tacere. Il carismatico Sinno è il primo cantante arabo ad avere fatto coming out e i testi del gruppo sono stati spesso usati come colonne sonore delle rivoluzioni arabe. Il gruppo si è formato all’American university di Beirut nel 2009 e, a causa delle sue canzoni spesso impegnate e critiche, ha avuto alcuni problemi con le autorità.

Nel 2017 gli è stata negata l’autorizzazione per un concerto in Giordania, mentre alcuni fan egiziani che avevano portato una bandiera arcobaleno a un suo concerto al Cairo sono stati arrestati: uno di loro sta scontando sei anni di prigione per “pratica della dissolutezza”.


La forza dei testi dei Mashrou’ Leila è che si prestano a interpretazioni multiple e sono state realizzate già diverse ricerche accademiche sulla loro potenza poetica e ambigua. In Shim el Yasmine (il profumo del gelsomino), per esempio, sembra di ascoltare una tradizionale e bellissima poesia d’amore araba, prima di scoprire nell’ultimo distico che si tratta di un amore omosessuale. Il gruppo è seguitissimo sia nel mondo arabo sia in Europa.

Ahed Tamimi, nuova icona artistica palestinese
La regista della clip, Jessy Moussallem, aveva già girato per i Mashrou’ Leila il video della canzone Roman, nominato a Cannes per un Glass Lions. La sua telecamera è vicina, mobile come in una ripresa giornalistica e il risultato è potente.

La trama di Roman riprende chiaramente l’estetica di un video diventato virale in cui la giovane palestinese Ahed Tamimi, di 16 anni, provava a respingere un soldato israeliano davanti a casa. Ahed Tamimi ha pagato il suo coraggio con otto mesi di carcere, ma è diventata l’icona di una resistenza palestinese sempre più giovane. Oltre al gruppo libanese, Tamimi ha ispirato anche lo street artist napoletano Jorit che nel luglio 2018 ha dipinto un suo ritratto gigante sul muro di separazione vicino Betlemme, in Palestina, ed è stato arrestato ed espulso dalle autorità israeliane.


Così, mentre a Manama è andato in scena un offensivo teatrino senza i palestinesi, Cavalry riporta con forza le voci palestinesi che parlano di dignità e di libertà. “Il loro carcere non ci può togliere la nostra libertà”, grida la bambina al fratello portato via dal carro armato. Queste idee non si possono comprare con 50 miliardi di dollari.

Davanti a questo mondo di adulti che si comportano come bambini viziati e credono di potere comprare qualsiasi cosa, i Mashrou’ Leila non infondono grande ottimismo, ma danno un senso alle cose. “Cavalry è una canzone su una battaglia persa in partenza, ma che decidi di combattere comunque”, conclude Sinno.

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