Jack White, Over and over
Il nuovo disco di Jack White è deludente. Mi dispiace dirlo, perché sono da tempo un suo estimatore (come si fa a non esserlo se ti piace il rock and roll?). Però Boarding house reach ha qualcosa che non va. È un disco di rock sperimentale, potremmo dire, nel quale i brani hanno strutture diverse dal solito schema strofa-ritornello. Alcuni pezzi somigliano a delle jam session in sala prove (Corporation, Respect commander), altri sono delle specie di spoken word (Ezmerelda steals the show, Abulia and Akrasia).
Jack White ha deciso di sfidare i suoi ascoltatori, pubblicando qualcosa di molto diverso dai suoi precedenti lavori da solista. La critica si è un po’ divisa: l’Nme (o quello che ne resta) ha esaltato l’album, Pitchfork l’ha stroncato. In Italia Claudio Todesco ha scritto un’ottima recensione su Rockol, spiegando perché gli è piaciuto.
Qualche giorno fa un nostro lettore, Claudio Morsenchio, ha scritto un’email al nostro giornale per commentare la recensione negativa di Boarding house reach che avevamo pubblicato sul numero 1248 (il pezzo era stato tradotto dal sito The Quietus). Ecco la lettera:
“Sono un abbonato e leggo spesso le pagine di musica, che sono un pozzo speciale da cui attingere. Non concordo questa volta con la recensione del nuovo disco di Jack White. Il ‘non trovare canzoni’ nel nuovo album è assolutamente voluto e fa parte della genialità dell’artista. White potrebbe scriverne a centinaia di canzoni, dal blues al folk al country, ma sceglie di percorrere strade impervie di contaminazione, sghembe, dissonanti, per trovare nuovi spazi e confini nel datato mondo del rock. Il non trovare canzoni nel nuovo album è la sua vera bellezza”.
Provo a rispondere alla bella lettera di Claudio, e lo ringrazio per lo spunto di riflessione. La recensione di The Quietus, la riassumo al volo per chi non l’ha letta, dice: Jack White ha sempre abbinato la sperimentazione sonora alla scrittura di grandi canzoni. Il problema è che stavolta ha lasciato a casa le canzoni, quindi le sperimentazioni di questo disco sembrano un guscio vuoto. Sono d’accordo con The Quietus: Boarding house reach è, a conti fatti, un disco autoreferenziale, che non riesce a coinvolgere l’ascoltatore nello sforzo creativo di White. Ci sono solo tre pezzi in cui il musicista di Detroit è riuscito a toccarmi il cuore, e non a caso sono i più “tradizionali”: il singolo Connected by love, il simil hard rock di Over and over e la ballata finale Humoresque.
Il tentativo di decostruzione del rock che fa Jack White inoltre non mi ha colpito, perché non è niente di nuovo. Captain Beefheart, per fare il primo esempio che mi viene in mente, percorse questa strada in modo molto più avventuroso già nel 1969 con Trout mask replica. E dopo di lui ne sono arrivati tanti altri. Se il futuro del rock è quello di Boarding house reach c’è qualcosa che non va, ammesso che il rock abbia un futuro (questo è il vero punto, secondo me, per ascoltare qualcosa di stimolante ormai dobbiamo rivolgerci ad altri generi). Il dibattito comunque m’intriga e spero che vada avanti, da queste parti o altrove.
Maria Rita Stumpf, Cantico Brasileiro no 3 (Kamaiura) remix
Stavolta baro un po’, perché questo pezzo è uscito qualche mese fa. Alla fine del 2017 in Brasile è stato ristampato Brasileira di Maria Rita Stumpf, uno splendido album degli anni ottanta che mescolava ritmi africani, canti indigeni ed elettronica new age. A ripubblicarlo è stata la Selva Discos, un’etichetta fondata dal duo brasiliano Selvagem (formato da Millos Kaiser e Augusto Olivani) insieme al dj scozzese Optimo.
In occasione della ristampa, gli stessi Selvagem hanno remixato due pezzi di Stumpf, convincendola a registrare delle nuove parti vocali. Il risultato è meraviglioso.
Ammar 808 feat. Mehdi Nassouli, Boganga & sandia
Sofyann Ben Youssef è un produttore tunisino e ha lavorato con gruppi come Kel Assouf e Bargou 08. A giugno uscirà il primo lavoro del suo progetto Ammar 808, intitolato Maghreb united. L’album è stato realizzato con tre cantanti di diverse nazionalità: Mehdi Nassouli dal Marocco, Sofiane Saidi dall’Algeria e Cheb Hassen Tej dalla Tunisia.
Il disco mescola musica etnica ed elettronica, come si capisce da questo brano, il cui video è uscito in anteprima sul sito britannico The Wire. “Questo album non è un inno al Maghreb unito, ma al modo in cui possiamo stare insieme senza dimenticare le nostre differenze”, ha dichiarato Youssef.
The Weeknd, Call out my name
Il tocco magico di Nicolas Jaar ha raggiunto anche la musica di The Weeknd. Il nuovo singolo del cantante canadese, Call out my name è un pezzo pop-soul niente male, anche se la melodia non è particolarmente avventurosa. Ma la produzione di Jaar vale da sola il prezzo del biglietto.
Il nuovo album di The Weeknd, My dear melancholy, è appena uscito. Ed è pieno di collaborazioni interessanti: Gesaffelstein, Guy-Manuel de Homem-Christo (Daft Punk), Skrillex, Mike WiLL Made-It e altri.
Enzo Dong, Ciro
Dalle periferie di Napoli, come dalle periferie di altre città italiane, arriva spesso musica interessante. Per esempio quella di Enzo Dong, rapper di Secondigliano che si prepara a far uscire il suo disco d’esordio dopo aver pubblicato alcuni brani autoprodotti (il più famoso è Higuain, un pezzo gangsta rap nel quale l’attaccante della Juventus diventa l’archetipo del traditore).
Ciro è ispirato alle tante storie dei bambini che, abbandonati dalla società o dalla famiglia, finiscono nel sistema della camorra. È una specie di “trap sociale”, che strizza l’occhio anche a sonorità francesi (Pnl) e portoricane. Tra gli autori del pezzo ci sono anche Federico Vaccari e Pietro Miano (2nd Roof), in passato già al lavoro con Gue Pequeno.
P.S. Playlist aggiornata, ma Ammar 808 al momento su Spotify non lo trovo. Buon weekend di Pasqua!
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