Low, Quorum
Ascoltando il nuovo disco dei Low, Double negative, viene in mente La strada, il romanzo di Cormac McCarthy nel quale un padre e un figlio camminano in mezzo alle macerie di un’America colpita da una catastrofe non meglio specificata. Sono rimasti soli e portano “il fuoco”, metafora dell’ultimo residuo di umanità, in un mondo dove gli uomini sono diventati animali senza scrupoli.
In Double negative le voci di Alan Sparhawk e Mimi Parker, marito e moglie di fede mormona da Duluth, Minnesota, portano il fuoco, per riprendere l’immagine evocata da McCarthy. E si muovono in mezzo a un paesaggio sonoro frantumato con sapienza dal produttore BJ Burton (Bon Iver, James Blake e altri). Burton ha usato l’elettronica per decomporre il rock tetro della band statunitense, com’era successo nel precedente Ones and sixes. Ma in quel disco l’elettronica era un contorno, qui è il mezzo espressivo principale.
Parlare dei singoli brani dell’album ha poco senso, perché Double negative è un unico lungo respiro. Dal loop che apre Quorum alla coda di Disarray, il solo brano vagamente pop in scaletta, non ci sono pause emotive e si è totalmente immersi nella desolazione.
Le influenze che vengono in mente ascoltando questo disco sono tante, dai Boards of Canada a Brian Eno (The son, the sun sembra uscita dalla serie Ambient music), ma anche Aphex Twin e ovviamente i Radiohead, maestri nel costruire ponti tra rock ed elettronica. L’unico brano dominato dalle chitarre è Dancing and fire, mentre quello che finora mi ha colpito di più – oltre all’incredibile tripletta iniziale formata da Quorum, Dancing and blood e Fly – è Always trying to work it out, che sembra un brano di Ok computer fatto a pezzi con l’accetta, con quelle immagini tratte dal quotidiano così semplici eppure così inquietanti, un po’ alla Don DeLillo.
Double negative dà un sacco di spunti e viene voglia di accostargli tante cose, non solo musicali. Forse è il miglior album dei Low, a più di vent’anni dal loro esordio I could live in hope. È uno dei dischi emotivamente più intensi degli ultimi mesi ed è sicuramente uno dei più belli del 2018.
Noname, Window
Un disco rap femminista, con basi soul e testi intelligenti. Se dovessimo riassumere Room 25 di Noname con poche parole chiave probabilmente useremmo queste. Mentre tutti sono presi dalle risse tra Cardi B e Nicki Minaj, è uscito un ottimo album rap fatto da una donna, musicalmente un po’ più raffinato di quelli pubblicati quest’anno dalle reginette litigiose del rap statunitense.
Noname, al secolo Fatimah Nyeema Warner, è nata a Chicago e ha un flow invidiabile. È una poeta, oltre che una musicista, e questo è il suo disco d’esordio dopo il mixtape Telefone. Room 25 è ispirato al suo trasferimento da Chicago a Los Angeles e, soprattutto, alla perdita della verginità a 25 anni. Parla molto di sesso, in modo divertente e sboccato, ma riflette anche sulla società statunitense in modo più ampio. Una bella sorpresa.
Salmo, 90MIN
Come già scritto più volte da queste parti, Salmo è un rapper unico nel panorama italiano. Perché ha un flow impressionante, ma sa anche mescolare i generi. Perché le basi dei suoi brani sono sempre di qualità e perché dal vivo è in assoluto il performer più travolgente della scena. Il suo nuovo disco, Playlist, dovrebbe uscire entro la fine dell’anno e questo è il primo singolo.
90MIN è un pezzo a suo modo spiazzante, perché è meno rap di quello che era lecito aspettarsi. Nel ritornello Salmo canta e non rappa, per esempio. Il brano ha una base elettronica un po’ anni novanta ed è a suo modo una protest song, con alcuni versi interessanti come “I razzisti che ascoltano hip hop, qualcosa non torna”, “Aprono i conti ma chiudono i porti” e soprattutto “Prima di essere un vero italiano cerca di essere umano”. Un buon antipasto, in attesa del disco e dei due concerti nei palazzetti.
Nan Kolè x Prynce Mini, Drop that
Francesco Cucchi, il producer romano che si nasconde dietro al nome Nan Kolè, è in fissa con la musica africana. È grazie a lui, del resto, se l’Europa e il resto del mondo hanno scoperto il gqom, l’elettronica sudafricana che viene dalle township di Durban.
La musica di Nan Kolè infatti non prescinde mai da questi ritmi, e il suo ultimo singolo Drop that, composto e registrato insieme al cantante londinese Prynce Mini, non fa eccezione. In questo pezzo ai ritmi africani si aggiungono quelli giamacani del reggae e quelli britannici del grime.
Nan Kolè e il musicista sudafricano Citizen Boy sabato 6 ottobre saranno ospiti di Internazionale a Ferrara e terranno un dj set in piazza. Venite a sentirli, non ve ne pentirete.
Forest Swords, Crow
Questo pezzo l’ho scelto quasi più per il video che per la musica. In realtà il britannico Matthew Barnes, meglio conosciuto come Forest Swords, è una garanzia di qualità. Ma quello che rende particolarmente interessante il nuovo singolo Crow, inizialmente composto per la serie Dj kicks, in effetti è la parte visuale, tratta dal progetto Tomorrow’storeys di Liam Young. Nelle animazioni si intravede un futuro (un po’ distopico) di Atene. Inquietante, ma affascinante.
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