Gentile bibliopatologo,
credo di soffrire di un grave disturbo comportamentale nel consumo di libri: passo da periodi in cui leggo bulimicamente a periodi di totale astinenza durante i quali, senza una motivazione precisa, non leggo niente. Non sarebbe un problema se non vivessi questi ultimi con un pesante senso di colpa, direi quasi religioso, come se sentissi di meritare una qualche punizione divina. Dice che è il caso di cominciare una riabilitazione per un consumo più equilibrato della sostanza?
–Alessandra

Cara Alessandra,
aiutati, che il bibliopatologo ti aiuta: è questione di self-help. Basta mettere in fila alcune delle parole che usi nella tua lettera – bulimicamente, astinenza, senso di colpa, punizione, riabilitazione, sostanza – per capire che siamo nel campo delle dipendenze patologiche e del loro ciclo infernale. Che si tratti di droghe o di gioco d’azzardo, di sesso o di shopping, di alcol o di internet, è sempre lo stesso circolo vizioso, anzi lo stesso cappio che si stringe lentamente intorno al collo del malcapitato: cambia solo il materiale di cui è fatta la corda. Un oscuro tiranno ci tiene in ostaggio in una segreta sotterranea fatta di vergogna, di impotenza, di senso di colpa, di convinzione di non valer nulla, e per scacciar via stati d’animo così penosi che facciamo? Ci offriamo con più dedizione e fervore al servizio del tiranno, che sa mostrare all’occasione un volto benevolo ed è perfino capace di dispensare qualche istante di sospetta euforia – quella libertà aerea, inebriante, gassosa, eppure tutta immaginaria, del recluso. Ma qui stiamo parlando del “vizio impunito”, la lettura, che per una dispensa speciale non è imputabile di nessun crimine e, anzi, può dare lustro e prestigio a qualunque psicopatologia. Mentre ti scrivo ho accanto un grosso tomo sulla bibliofilia e la bibliomania intitolato A gentle madness; e l’accento, fidati, è tutto sul gentle.

Inutile dirti che sfogliando qualche manuale sulle dipendenze vecchie e nuove non ho trovato cenno della bibliomania, e che i romanzi non sono menzionati tra le cause possibili di addiction in un elenco che comprende da un lato i telefoni o i giochi elettronici e dall’altro le sostanze stupefacenti o gli alcolici. Può darsi che io abbia cercato poco e male, ma nessuno sembra sospettare che la segreta sotterranea in cui è intrappolato il dipendente patologico possa essere tappezzata di libri, che la biblioteca possa ospitare un incubo alla Piranesi, perché si dà per inteso che i libri, anche quando ci tiranneggiano, siano pur sempre sovrani illuminati. Che follia – e tutt’altro che gentile!

Non ti pare, piuttosto, che la lettura compulsiva sia il diretto progenitore del binge-watching? Ne deriva che non c’è neppure, per i bibliomani anonimi, un percorso di recovery in dodici passi o un centro di rehab in cui disintossicarsi: dobbiamo inventarci tutto da soli. L’unico bandolo che ho trovato, per il momento, è un volumetto uscito l’anno scorso, Librodroga, ma confesso di averne scoperto l’esistenza proprio oggi mentre ti rispondevo. Il testo di presentazione dell’autrice, Serena Maffia, mi pare piuttosto promettente:

Attraverso gli studi di psicologi e narratologi si arriva ad affermare che la lettura crea dipendenza e può sviluppare sindromi psichiatriche. Potremmo addirittura considerare la lettura una vera e propria ‘usanza’ stupefacente: libro come librodroga. È una idea azzardata, che ho cercato di chiarire e di dimostrare, in maniera anche giocosa, seguendo il filo logico di coloro che da tempo si occupano di libri e di lettura a livello cognitivo.

Sarà la mia prossima lettura, e spero che possa essermi d’aiuto quando finalmente deciderò di fondare la mia comunità di self-help per bibliomani anonimi, il primo centro di riabilitazione per gli ossessi della lettura. Tu non preoccuparti di nulla, nel frattempo, e aiutati, che il bibliopatologo ti aiuta. Poi un giorno, quando meno te lo aspetti, busserò alla tua porta con due tizi in camice bianco.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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