Dopo i viaggi nello spazio e le auto elettriche, Elon Musk sta lavorando a un nuovo progetto (il decimo, secondo una lista su Wikipedia). L’azienda si chiama Neuralink e vuole sviluppare un’interfaccia neurale per connettere esseri umani e computer.
Anche questa volta – come per ogni progetto che lo riguarda – Musk si è dato un obiettivo a lungo termine e uno a breve termine, scrive Will Oresmus nell’articolo di Slate che pubblichiamo questa settimana su Internazionale.
L’obiettivo a lungo termine di solito è folle e futuristico (nel caso di Neuralink si tratta di facilitare la “telepatia consensuale” tra le persone). Serve per mettere a fuoco un problema, ma anche per attirare menti brillanti – Vanessa Tolosa, Philip Sabes, Timothy Gardner – che decideranno di seguirlo nell’impresa.
L’obiettivo a medio termine invece è più plausibile, e forse è anche il vero progetto d’affari: in questo caso, sviluppare un dispositivo che contribuisca a curare le persone con gravi lesioni cerebrali.
Se il progetto di Neuralink dovesse funzionare rimangono comunque molti dubbi sia dal punto di vista etico e legale, sia dal punto di vista della sicurezza: “In questi ultimi tempi abbiamo imparato che qualsiasi dispositivo intelligente (che sia un telefono, una tv o un frigorifero) può essere hackerato”, scrive Christopher Markou su The Conversation. “Possiamo solo immaginare i pericoli che comporterebbe l’accesso diretto alla mente di un’altra persona”.
L’articolo è sul numero di Internazionale che esce domani in edicola e oggi online. Contiene una foto scattata da Ben Baker (con Musk davanti a una delle sue capsule orbitali nel quartier generale di SpaceX, a Los Angeles) e questo paragrafo:
Musk ha fondato la SpaceX per colonizzare Marte e rendere la nostra civiltà interplanetaria, per premunirsi contro la minaccia di eventi che potrebbero estinguerla. È quel genere di startup che sembra destinata ad attirare, più che dei finanziamenti, molti dubbi sulla salute mentale del suo fondatore.
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