Il 19 agosto 2017 il palazzo in via Curtatone 3, che affaccia su piazza Indipendenza, a Roma, è stato sgomberato. Dal 12 ottobre 2013 era abitato da centinaia di occupanti, in gran parte rifugiati eritrei ed etiopi. Dopo cinque giorni di trattative e negoziazioni per sistemare le famiglie, all’alba del 24 agosto la polizia in tenuta antisommossa è arrivata per disperdere i rifugiati che dormivano sulle aiuole della piazza, usando gli idranti e caricando le persone.

In questa vicenda è stato proprio il palazzo di via Curtatone 3 a essere, suo malgrado, il testimone silenzioso di giorni di cronaca fatti di ingiustizia, violenza, disorganizzazione e speculazioni immobiliari.

Il palazzo ha una storia tutta sua che comincia nel 1952, ma ha origini ancora più antiche che hanno a che fare con la storia della piazza e di Roma capitale d’Italia.

Nel 1860 gli abitanti di Roma sono 226mila. Dopo il 1870 la popolazione cresce grazie a un afflusso di emigrati sempre maggiore. Con la designazione a capitale del Regno d’Italia, Roma diventa la meta degli impiegati statali provenienti soprattutto dal settentrione e di manovali del meridione impiegati per costruire la nuova città. Già nell’ultimo periodo di potere pontificio, papa Pio IX aveva dato segnali di ammodernamento di una città ferma, lontana dalle capitali europee dell’epoca. Nel 1862 apre la Stazione centrale delle ferrovie romane e nel 1874 si concludono i lavori della nuova stazione Termini.

Qui, a ridosso della stazione, sta per sorgere il nuovo quartiere del Macao o del Castro Pretorio.

Nuova topografia di Roma del 1748 incisa dal Nolli e dal Piranesi. In rosso la zona di Castro Pretorio. (Giovanni Battista Nolli)

In questa pianta della città del 1748 del Nolli, la zona del Castro Pretorio era occupata da ville di famiglie nobili e vigneti e orti dei gesuiti del Macao (il nome Macao del quartiere deriva dal fatto che i gesuiti andavano periodicamente in missione nella regione cinese). Ancora prima vi sorgeva la grandiosa villa cinquecentesca Montalto-Peretti, il cui unico pezzo superstite è la fontana del Prigione, rimontata nel 1923 in via Goffredo Mameli.

Con Roma capitale tutta l’area fu espropriata o comprata dalla Società generale di credito immobiliare e costruzioni in Italia, il cui presidente era Giacomo Servadio. La società doveva costruire il nuovo quartiere e occuparsi della sua urbanizzazione. Intanto il comune di Roma stabilì che la piazza centrale e le strade limitrofe dovevano prendere i nomi dei luoghi storici che hanno fatto l’unità d’Italia.

Tra il 1872 e il 1879 furono assegnate le licenze edilizie per costruire i villini che avrebbero circondato piazza Indipendenza. Eccoli in questa foto.

Elaborazione grafica da una mappa del quartiere Macao di Roma del 1900 circa. (Fototeca storica/Aeronautica militare)

Il villino Servadio, realizzato su progetto dell’ingegnere Anderloni, nell’immagine è a sinistra, in una foto dell’archivio Primoli.

Piazza Indipendenza, Roma. (Fondazione Primoli)

Tra abbattimenti e ricostruzioni, l’assetto della piazza rimase così fino a quando nell’isolato tra via Curtatone, via Gaeta, via Goito e piazza Indipendenza fu costruita la sede della Federconsorzi. I lavori cominciarono nel 1952 e terminarono quattro anni dopo, a opera degli ingegneri Aldo Della Rocca ed Enrico Lenti e degli architetti Ignazio Guidi e Giulio Sterbini.

Ecco i loro profili.

  • Ignazio Guidi. Tra gli edifici più conosciuti ci sono quello dell’anagrafe a Roma in via Petroselli e la scuola Manzoni in via Lusitania. Fu anche urbanista e si occupò dei piani regolatori di molte città come Catania, Vicenza e Bologna.
  • Enrico Lenti. I suoi lavori principali sono l’istituto San Leone Magno a Roma, il restauro e l’ammodernamento del teatro Argentina, la chiesa di Santa Francesca Cabrini a Roma.
  • Giulio Sterbini. Da urbanista si è occupato del piano regolatore di Bologna nel 1938 e nel 1941. A Roma, tra i suoi lavori di architettura si ricordano la collaborazione per Corviale e il restauro e l’ammodernamento del teatro Argentina a Roma, il cinema Archimede nel 1955 e la sede centrale Banco di S. Spirito di via Milano nel 1963.
  • Aldo Della Rocca. Studiò il piano di ricostruzione di Bologna e i piani regolatori e paesistici del Terminillo e di Ferentino. Insieme a Guidi, Lenti e Sterbini realizzò a Roma la sede della Snia Viscosa e della Federconsorzi e, a Palermo, quella della Cassa di Risparmio.
  • Tutti e quattro hanno collaborato allo studio per la ricostruzione dell’abbazia di Montecassino.

L’edificio di via Curtatone 3, a pianta irregolare, è costituito da sette piani più due seminterrati. Il primo piano è realizzato su un volume sporgente rispetto agli altri in modo da ottenere un portico sostenuto da colonne esagonali irregolari rivestite di granito. La balconata del primo piano affacciata su piazza Indipendenza è stata realizzata dallo scultore Pericle Fazzini. L’opera, che si chiama I campi, è di bronzo ed è lunga 52 metri e alta 1,15 metri. Sempre di Fazzini, ma realizzato all’interno, l’altorilievo in legno intitolato Il solco, un campo arato tra due file di ulivi. Le tavole che seguono, invece, sono dell’archivio Giulio Sterbini e mostrano disegni e foto realizzate per il palazzo della Federconsorzi.

La scala d’onore e la scala principale del palazzo Federconsorzi di via Curtatone 3. (Archivio Sterbini)
La galleria e la stanza del presidente. (Archivio Sterbini)
Ingresso. (Archivio Sterbini)
La scala d’onore. (Archivio Sterbini)
La scala principale. (Archivio Sterbini)
L’affaccio su via Curtatone. (Archivio Sterbini)
Vista del palazzo da piazza Indipendenza. (Archivio Sterbini)

In piazza Indipendenza, il palazzo della Federconsorzi ha avuto un piccolo seguito stilistico. La sede del Corriere dello Sport (dell’architetto Attilio Lapadula, che disegnò il trampolino del Kursaal a Ostia) e l’albergo accanto richiamano il medesimo schema con il primo piano sporgente e le colonne a taglio esagonale rivestite di granito.

Guidi, Lenti, Sterbini e Della Rocca realizzarono, sempre a Roma, un gemello del palazzo della Federconsorzi, la sede della Snia Viscosa, oggi sede dell’agenzia per la coesione territoriale; anche qui sorgeva un villino che, come ricorda una targa in via Romagna, fu requisito dai fascisti facendolo diventare luogo di detenzione e tortura. Ma questa è un’altra storia.

L’ex sede della Snia Viscosa, vista dal lato di viale Romagna, Roma, settembre 2017. (Pasquale Cavorsi)

Fonti

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