Christian (Claes Bang) è il direttore di un grande museo di arte contemporanea di Stoccolma che si prepara a lanciare una nuova opera/installazione intitolata The square. Si tratta di un quadrato tracciato per terra all’interno del quale ci si deve comportare secondo regole precise: “Il quadrato è un santuario di fiducia e amore, entro i cui confini tutti abbiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri”. Neanche il tempo d’inaugurare l’installazione che Christian si troverà in una serie di situazioni che mettono in discussione il suo atteggiamento, il suo senso civico, la sua capacità di interagire con il mondo che lo circonda.
A far scattare la molla è un furto per la strada di cui è vittima Christian a cui vengono rubati il cellulare, il portafogli e un paio di gemelli a cui era molto affezionato (erano di suo nonno). La sua reazione e le conseguenze della sua reazione sono punteggiate dalle normali attività di Christian come curatore del museo e come padre separato di due bambine, eventi pubblici (una conferenza stampa, una festa esclusiva, riunioni di lavoro, la presentazione di una performance) e privati (una notte di sesso con una giornalista americana, lo shopping insieme alle bambine).
Evidente l’intento di Ruben Östlund di vedere come Christian (e non solo lui) reagisce in una situazione di debolezza e di incertezza. Ma anche di coinvolgere il pubblico mettendoci di fronte alle sue e alle nostre contraddizioni. Il suo teorema sembra meno coinvolgente e riuscito del suo teorema precedente, Forza maggiore. Eppure con The square è riuscito ad arrivare dove non era mai arrivato prima, cioè al concorso principale di Cannes e addirittura alla Palma d’oro. Speriamo che questa vittoria, arrivata un po’ a sorpresa, non tolga motivazioni a un autore comunque interessante.
Paddington 2 arriva sotto i migliori auspici della stampa anglosassone. Il seguito delle avventure dell’orsetto trapiantato a Londra dal misterioso Perù finora ha l’invidiabile rating del cento per cento su Rottentomatoes, il che significa che nessuno dei critici finora censiti dal sito ne ha parlato male. Ma non solo: pioggia di stelle sui giornali britannici. Nel secondo capitolo si arricchisce il cast. L’uscita di scena di Nicole Kidman è compensata dall’ingresso di Hugh Grant e Brendan Gleeson, tutti a caccia di un meraviglioso libro pop up che Paddington vorrebbe regalare alla zia Lucy per i suoi cento anni. Il primo film di Paddington era quasi una perfezione. A giudicare da quello che si legge anche il sequel è all’altezza. Speriamo che il giocattolo continui a funzionare.
Di Borg McEnroe ne abbiamo già parlato la settimana scorsa, quando c’è stata l’anteprima del film alla Festa del cinema di Roma. Nel frattempo ho letto una recensione interessante del film scritta da Ryan Gilbey su Newstatesman. Nel film Borg e McEnroe sono presentati come due persone completamente diverse. Borg meticoloso e freddo, McEnroe talentuoso e sofferente. Ma immediatamente sotto la superficie si scoprono in realtà due personaggi uguali: due tennisti che durante l’infanzia hanno sofferto (uno per il suo carattere e per la sua estrazione sociale, l’altro per le aspettative dei suoi genitori e la sua estrazione sociale). Questa semplificazione psicologica, secondo Gilbey, è una tentazione in cui chiunque aspiri a fare qualcosa di più di una fiction televisiva dovrebbe evitare di cadere.
Auguri per la tua morte non è un horror. Comincia come un horror ma presto smette di far paura e alla fine funziona meglio come commediola semiromantica. Tree (Jessica Rothe, brava) si sveglia nella stanza di Carter, un ragazzo con cui si è ubriacata la sera prima. È il giorno del suo compleanno, anche se lei non è interessata a farlo sapere in giro. Mentre sta andando alla sua festa a sorpresa Tree è brutalmente uccisa da un maniaco mascherato, ma si risveglia nella stanza di Carter e si ricomincia da capo. Interessante l’idea di usare cliché del genere con il meccanismo di Ricomincio da capo (in originale Groundhog day, commedia cult di Harold Ramis in cui Bill Murray rivive all’infinito il giorno della marmotta). Anche se Auguri per la tua morte è quella che si può traquillamente definire una “vaccata” potrebbe essere il capostipite di un nuovo genere: film horror che sfruttano il meccanismo di Ricomincio da capo. Le variabili potrebbero essere infinite. Invidio gli inglesi che avrebbero immediatamente trovato un modo per definire il nuovo genere, tipo groundhog horror. Però forse anche “horror marmotta” può funzionare.
Esce anche, attesissimo, The place di Paolo Genovese (Perfetti sconociuti), scritto insieme a Isabella Aguilar. Cast stellare (Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino, Silvia D’Amico, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi, Sabrina Ferilli e Giulia Lazzarini) per l’adattamento della serie tv del 2010 The booth at the end.
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