Lyric R. Cabral e io ci siamo conosciuti insegnando cinema ai ragazzi ad Harlem, nel 2005. Un giorno una delle nostre allieve, una sedicenne musulmana, è stata arrestata con l’accusa di essere una “potenziale” terrorista. Così ho cominciato a interessarmi alle strategie antiterroristiche del nostro governo.
Ho fatto un film di un’ora sulla sua storia, e durante la lavorazione mi sono reso conto che la maggioranza dei complotti “scoperti” dal governo erano stati in realtà creati da informatori pagati dall’Fbi, istruiti dai loro superiori. Gli informatori avevano passato mesi, talvolta anni, a costruire relazioni con i loro obiettivi, incoraggiandoli a partecipare ad attività terroristiche. Da un punto di vista politico erano casi estremamente problematici. Ma ero comunque affascinato dagli informatori, persone che coltivavano un’amicizia con i loro obiettivi solo per poi tradirli.
Nell’autunno 2011 Lyric mi ha chiesto se avevo qualche idea per un nuovo film, e io le ho parlato del mio interesse per gli informatori, anche se mi rendevo conto che l’idea era impossibile da realizzare: come potevo trovarne uno? E perché mai avrebbe dovuto accettare di farsi filmare?
Così Lyric mi ha raccontanto che per dieci anni era stata vicina di casa di Shariff, quello che sarebbe diventato il nostro protagonista. Le ho proposto di contattarlo subito per sentire se gli andava di partecipare a un documentario. Lui ha risposto che stava “lavorando”, ma che era interessato, e che potevamo andare a trovarlo per parlarne.
La rassegna Mondovisioni è a cura di CineAgenzia. I documentari saranno proiettati al cinema Boldini.