04 ottobre 2016 19:39

“L’agricoltura non appartiene agli agricoltori, ma è di tutti” a dirlo èLucio Cavazzoni, presidente di Alce Nero, con un’affermazione solo apparentemente banale. La facilità di acquisto a cui siamo abituati ci ha fatto dimenticare le origini di ciò che consumiamo. “L’agricoltura non è solo ciò che acquistiamo, ma anche l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo”.

In definitiva quindi l’agricoltura è ambiente e l’ambiente è il luogo in cui viviamo.

C’è tra gli esseri umani e l’attività agricola una relazione fortissima, che spesso viene dimenticata, ma non vedere quanto siano fondamentali vuol dire “essere ciechi e scemi”. Jonathan Nossiter, regista e scrittore, usa parole forti perché sente l’urgenza di un cambiamento nel modo di fare agricoltura, che non può rimanere solo un discorso da conferenza, ma deve diventare azione concreta. Un’azione che ha tutta la forza di un atto politico.

Fare agricoltura quindi è anche fare politica: la scelta del biologico invece del metodo “fossile”, il recupero di colture e competenze antiche, la condivisione e l’inclusione, sono tutte decisioni che influenzano profondamente la società. Rita De Padova, con la cooperativa Emmaus della quale è co-fondatrice, sa bene quanto l’impegno nel sociale perda di valore senza una presa di coscienza del valore del territorio. “Qui nella zona della Capitanata siamo partiti come centro di accoglienza per minori con disagi e tossicodipendenti, su un terreno di 1200 ettari. Poi ho pensato: non posso essere un buon operatore sociale se non sono attenta al cibo che produco o all’agricoltura che faccio. Da qui la scelta del biologico” racconta Rita De Padova, che continua a portare avanti un esercizio di democrazia in cui l’agricoltura si è riappropriata del suo ruolo di collante sociale.

Ritornare alla terra significa anche ritrovare le proprie radici comuni ed è vitale in un paese come la Bosnia, dilaniato vent’anni fa da una guerra etnica. Rada Zarkovic, fondatrice della cooperativa Insieme, porta avanti il suo progetto pacifista e così definisce anche se stessa. L’obiettivo è ridare dignità alle donne bosniache attraverso il recupero di competenze tradizionali. “Nelle nostre marmellate non c’è il dolore, sebbene provengano da Srebrenica, ma la voglia di andare avanti senza la carità internazionale”, afferma con forza. L’agricoltura, legata al passato e a ritmi più lenti è uno strumento politico per riacquistare la propria identità e storia.

“L’agricoltura tradizionale è senza radici, interrompe il flusso che dovrebbe unire noi e il cibo in una relazione positiva” Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente, abbraccia quanto dichiarato dagli altri relatori e aggiunge “la sostenibilità è diventata una risposta alla fase storica di crisi ambientale che stiamo attraversando”. Le parole chiave sono quindi: “equilibrio fra i nostri bisogni e quelli della terra”, come sostiene Lucio Cavazzoni; recupero del passato, con tradizioni più attente ai bisogni e ai ritmi della natura, e l’attenzione verso gli aspetti più sociali che produttivi.

In fondo, come sostiene Jonathan Nossiter “l’atto agricolo è un atto rivoluzionario”.

Alice Scuderi

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