“Da quando sono bambino soffro di una specie di malattia: tutte le cose che mi colpiscono e mi stupiscono a un certo punto spariscono, come se la mia memoria non riuscisse a conservarle”, scrive Jacques Henri Lartigue nel 1965. Questo problema lo spinge fin dall’età di otto anni a trovare modi per ricordare milioni di istanti.

Lartigue (1894-1986) espone le sue foto per la prima volta al MoMA di New York quando ha già 69 anni. La mostra raccoglie solo 43 scatti dei centomila in suo possesso. Nello stesso periodo, la rivista Life lo consacra come autore internazionale. Lartigue diventa così uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo, benché si consideri soprattutto un pittore.

Ora Parigi celebra il maestro con la mostra Lartigue, la vie en couleurs, organizzata dalla Maison Européenne de la Photographie fino al 23 agosto 2015. I curatori hanno scelto un lato meno conosciuto del fotografo francese, concentrandosi sulla produzione a colori. Lartigue ha usato il colore in due periodi della sua vita. Il primo, dal 1912 al 1927 con il procedimento Autochrome che viene abbandonato per la pesantezza delle apparecchiature e i lunghi tempi di posa. Da questo momento decide di preferire il bianco e nero. Dal 1949, ritorna sul colore grazie all’arrivo dei rullini e privilegiando il formato quadrato della fotocamera Rolleiflex.

Per tutta la vita, Lartigue ha tenuto un diario visivo per non dimenticare i momenti più belli e importanti, come nelle foto in cui la protagonista è la giovane moglie Florette con cui celebra la gioia e la sensualità, la bellezza sotto ogni forma. Lartigue ha uno sguardo giovane, anche da anziano, come se conservasse sempre uno stupore infantile davanti al mondo. Con l’aiuto del colore questa caratteristica è esaltata, regalando a queste immagini una straordinaria contemporaneità.

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