Un minuto di silenzio e poi tre rintocchi della campana della pace. Una grande folla si è riunita attorno al memoriale di Hiroshima per ricordare il momento in cui, alle 8.15 della mattina (l’una e un quarto di notte in Italia) del 6 agosto del 1945, gli Stati Uniti hanno sganciato sulla città giapponese la prima bomba nucleare della storia, uccidendo centomila persone e radendo al suolo il 90 per cento degli edifici.

Altri centomila morirono nei mesi e negli anni successivi per le radiazioni. Il 9 agosto, un secondo ordigno atomico fu sganciato su Nagasaki. Morirono 40mila dei 240mila abitanti.

Settanta anni dopo, gli ospedali della Croce rossa delle due città continuano a prendersi cura di migliaia di sopravvissuti che ancora soffrono le conseguenze di quegli attacchi. L’anno scorso hanno seguito 4.657 vittime dell’esplosione di Hiroshima e 6.030 di quella di Nagasaki, secondo i dati diffusi oggi dalla Croce rossa internazionale.

“Finché sono in circolazione armi nucleari, ciascuno di noi può diventare un hibakusha (un sopravvissuto all’esplosione atomica) in qualsiasi momento”, ha detto nel suo discorso commemorativo il sindaco di Hiroshima, Kazumi Matsui.

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