Il viaggio è cominciato con Henri Cartier-Bresson, con un autoritratto nel 1933. La destinazione è l’Italia, per lui e per altri 35 fotografi che in quasi ottant’anni hanno raccontato un paese attraverso lenti diverse e inedite.
Il cuore della mostra Henri Cartier-Bresson e gli altri è affidato proprio al maestro francese della fotografia che ha il compito di introdurre un primo itinerario, realizzato negli anni trenta, che va a creare una narrazione insieme ad altri grandi fotografi internazionali.
C’è Robert Capa che segue le truppe statunitensi durante lo sbarco in Italia del 1943 e David Seymour che rilegge in maniera elegante il mondo della fede. Queste visioni umaniste sono stemperate nel 1956 dalle provocazioni romane di William Klein, mentre Sebastião Salgado racconta l’epopea degli ultimi pescatori in Sicilia. Come per Paul Strand che con Cesare Zavattini realizza Un paese (1953), una delle opere più straordinarie sulla realtà contadina.
Se le città d’arte diventano terreno di reinterpretazione onirica per Gregory Crewdson e Irene Kung, Art Kane e Michael Ackerman mettono in scena disagi esistenziali, scempi architettonici e incontri dolorosi. A queste immagini fanno da contrappunto letture più positive: Joel Meyerowitz si lascia incantare dalle luci della Toscana, Steve McCurry rimane affascinato dall’alchimia estetica che si crea tra le persone e Venezia e Martin Parr si diverte a giocare sulla costiera amalfitana con i turisti.
Il percorso espositivo si chiude con l’autobiografia, come quella di Sophie Zénon che ripercorre la storia della sua famiglia migrante o di Nobuyoshi Araki, anche lui a Venezia, che si ritrae con le maschere del carnevale e racconta in maniera soggettiva i suoi incontri nella laguna.
Henri Cartier-Bresson e gli altri sarà inaugurata l’11 novembre e resterà aperta fino al 7 febbraio 2016, presso il palazzo della Ragione a Milano.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it