Lillian Bassman (1917-2012) è stata una figura fondamentale nella fotografia di moda. Tra gli anni quaranta e sessanta ha concepito un linguaggio nuovo e personale che ha rivelato una prospettiva complessa sulla rappresentazione della donna nella moda e nell’arte. La galleria Edwyn Houk di New York le dedica una mostra fino all’8 luglio 2016.

Nata a Brooklyn da una famiglia di immigrati ebrei ucraini, Bassman è sempre vissuta in maniera libera, senza imposizioni da parte dei genitori. A 15 anni si trasferisce a casa di Paul Himmel, fotografo documentario che nel 1935 diventa suo marito. I due rimangono insieme per 73 anni, fino alla morte di Himmel nel 2009.

Prima di diventare fotografa, Bassman ha posato come modella per artisti, e ha studiato design del tessuto e illustrazione. Nel 1941 entra a far parte della redazione di Harper’s Bazaar sotto la guida del geniale art director Aleksej Brodovič; quattro anni dopo le viene proposto di ricoprire lo stesso ruolo del suo maestro, ma per un’edizione della rivista dedicata a un pubblico femminile più giovane, Junior Bazaar. In questo periodo promuove il lavoro di fotografi che sarebbero diventati presto delle star: Richard Avedon, Arnold Newman e Robert Frank.

In ufficio, durante la pausa pranzo, frequenta regolarmente la camera oscura delle rivista, dove realizza le prime sperimentazioni che diventeranno un tratto caratteristico del suo stile. “Volevo pensare a un modo di stampare tutto mio, ancor prima di cominciare a fotografare”, ricorda in un’intervista del 1994. Bassman vive un periodo relativamente breve in cui s’immerge nella fotografia da autodidatta, aiutata da amici come Avedon, che le permette di usare il suo studio e il suo assistente mentre è in trasferta a Parigi. Il suo primo servizio consiste in fotografie di matrimonio e viene pubblicato nel 1948 su sette pagine di Junior Bazaar. Il titolo è Happily ever after. Da questo momento per Lillian Bassman ha inizio una fortunata carriera: “Ho fotografato qualsiasi cosa si potesse fotografare: bambini, cibo, alcolici, sigarette, biancheria intima e cosmetici”, racconta al New York Times nel 1997.

Da fotografa, Bassman vede le donne come fulcri di energia intensa e vibrante, protagoniste di un mondo interiore complesso e non sempre lineare. Nel suo stile ha unito questa visione con la passione per l’illustrazione e la grafica, e il risultato sono i contorni sfocati, i gesti esagerati e le composizioni insolite. “Le modelle che mi hanno incuriosito di più sono quelle che avevano i colli più belli e che muovevano le mani in maniera espressiva. A un certo punto ho scoperto la pittura di El Greco, e da allora il suo modo ‘allungato’ di vedere è diventato anche il mio”.

Negli anni settanta si allontana dalla moda, delusa dalle esigenze commerciali che il settore impone. Arriva a detestare quel mondo al punto di distruggere stampe e negativi. Vent’anni dopo scopre una scatola di negativi sopravvissuti e li stampa di nuovo, reinterpretando le sue stesse fotografie.

Grazie alla sperimentazione in camera oscura, Lillian Bassman ha creato un equilibrio speciale tra luci e ombre, incarnando un’idea enigmatica di eleganza, che ha rivoluzionato un genere e ispirato i fotografi a venire.

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