Nel sudest asiatico la crescente popolarità delle metanfetamine – un genere di droghe poco costose e che creano forte dipendenza – sta sovraccaricando i servizi sanitari e rovinando un numero altissimo di famiglie, spingendo molti paesi ad adottare politiche durissime per combatterle.
L’azione più dura è stata presa nelle Filippine dove, nella guerra alla droga lanciata dal presidente Rodrigo Duterte, in meno di quattro mesi – da quando Duterte è entrato in carica – sono state uccise 2.288 persone, secondo gli ultimi dati della polizia.
La campagna anticrimine ha spinto 700mila tossicodipendenti e spacciatori a registrarsi presso le autorità al programma battezzato “Arrendersi”. Nelle Filippine ci sono pochi programmi o servizi per chi ha problemi con la droga. Recentemente il governo ha annunciato un piano per la realizzazione di un nuovo grande centro di riabilitazione, ma finora nelle Filippine c’erano appena 44 strutture – tra quelle private e quelle pubbliche – con 7.200 posti.
Il nuovo centro di riabilitazione, finanziato con la donazione di un imprenditore cinese, sarà in grado di trattare fino a diecimila pazienti. Il governo ha detto che prevede l’apertura di altri quattro centri simili nel resto del paese. Fino ad allora, i governi locali e centri privati cercheranno di colmare le lacune.
La riabilitazione privata può comprendere sia gruppi di sostegno curati dalla chiesa cattolica sia costosi programmi da centinaia di dollari al mese, quindi fuori portata per la maggior parte dei filippini.
A Olongapo, una città di 220mila abitanti a tre ore dalla capitale, Manila, ai tossicodipendenti s’insegna falegnameria e sono pagati cinquemila pesos filippini (95 euro) al mese per costruire bare.
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