Bambole, dvd, libri, oggetti di uso quotidiano. Le migliaia di migranti che nel corso dell’ultima settimana hanno dovuto abbandonare il campo profughi di Calais per essere trasferiti in altri centri d’accoglienza in Francia hanno potuto prendere solo lo stretto necessario e hanno abbandonato dietro di sé gli oggetti che avevano portato dai loro paesi d’origine.

La polizia francese ha cominciato a sgomberare l’accampamento il 24 ottobre. Si stima che ci vivessero circa settemila persone in attesa di trovare un modo per entrare nel Regno Unito. L’evacuazione, che ha visto il trasferimento dei migranti su decine di pullman, è durata circa tre giorni ed è stata accelerata dagli incendi appiccati in alcune parti del campo. Il 2 novembre le autorità hanno dato il via al trasferimento degli ultimi 1.500 minori non accompagnati rimasti nel campo, alcuni dei quali saranno ospitati oltre la Manica.

I migranti che avevano trovato rifugio nelle baracche e nelle tende spuntate nella città portuale venivano in gran parte da Afghanistan, Sudan, Etiopia e altri paesi. Fuggivano dalla guerra e dalla povertà, ed erano alla ricerca di nuove opportunità nel Regno Unito. Per questo il campo di Calais era diventato un simbolo della crisi dei migranti e dell’incapacità dei singoli stati europei di trovare una soluzione efficace al problemi dell’accoglienza. Finora Londra ha accolto solo una piccola parte dei migranti, tra cui poco più di trecento minori.

Un gruppo di fotografi dell’Associated Press ha documentato quello che è rimasto nel campo dopo lo sgombero, tra il 25 e il 27 ottobre 2016.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it