Dopo un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti, nel 1969 Henry Wessel rimane colpito dalla luce della California. Decide di trasferirsi a San Francisco e di fotografare qualsiasi cosa, di continuo. Nel 1975 alcuni dei suoi lavori vengono inclusi nella mostra collettiva New topographics: photographs of a man-altered landscape, che segna un notevole cambio di approccio nella rappresentazione del paesaggio. Oltre a Wessel, sono esposti autori come Stephen Shore, Bernd e Hilla Becher, Robert Adams.
Ha inizio così una carriera lunga e prolifica, in cui continua a lavorare soprattutto con il bianco e nero, stampando personalmente le sue foto. Per Wessel lo scatto giusto “può arrivare in qualsiasi momento, in qualsiasi posto. È sempre possibile”. Appassionato di film e romanzi noir, nelle sue opere si lascia andare alle associazioni, reali o immaginarie, creando delle immagini dal forte impatto narrativo che mostrano il lato più misterioso della quotidianità. Negli anni perfeziona questa estetica, legando le sue foto a un filo oscuro.
Henry Wessel muore il 20 settembre 2018, rimanendo un autore poco conosciuto in Europa. Ecco perché la Maison européenne de la photographie di Parigi ha deciso di dedicargli una retrospettiva, la prima in Francia, che resterà aperta fino al 25 agosto. La mostra è concepita insieme al libro A dark thread (Mack), in cui alle immagini sono affiancati i racconti di tre autori americani contemporanei: Art Taylor, Ivy Pochoda e Alexander MacLeod.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it