Joan E. Biren faceva parte di The Furies Collective, un gruppo radicale di femministe lesbiche nato a Washington nel 1971. Mettevano in discussione il patriarcato e per loro essere lesbiche era una questione politica, prima che sessuale. Al tempo l’omosessualità femminile era vista e narrata come qualcosa di oscuro e predatorio, adatta a nutrire le fantasie maschili o a essere ridicolizzata. Biren e le sue compagne volevano decisamente cambiare le cose.
A Biren piaceva discutere ma a volte diventava troppo aggressiva. Così scelse di lasciare perdere le parole e lottare attraverso le immagini. Come racconta Sasha Archibald sul New Yorker, decise di fare un libro fotografico sulla vita delle lesbiche prima ancora di diventare una fotografa. Un’amica del collettivo le comprò una Nikkormat all’aeroporto di Tokyo e imparò le basi della tecnica attraverso un corso per corrispondenza. Lavorò per un po’ in un negozio di fotografia e cominciò a farsi chiamare JEB.
Trovare i soggetti non era semplice, molte donne avevano paura di venire allo scoperto e vedersi pubblicate in un libro. JEB impiegò otto anni a raccogliere il materiale e a trovare i fondi per realizzare il progetto.
Finalmente nel 1979 uscì Eye to eye: portraits of lesbians, considerato il primo libro sulle lesbiche, fatto da una lesbica. JEB aveva semplicemente ritratto la quotidianità di persone che lavoravano, condividevano momenti intimi e si divertivano. Ma un fatto così semplice non era scontato, l’impatto fu rivoluzionario perché affermava l’esistenza delle lesbiche nella vita di tutti i giorni. Le foto erano accompagnate anche dai testi di autrici vicine al movimento come Audre Lorde, Adrienne Rich e Joan Nestle.
Dopo quarant’anni, Eye to eye è stato ripubblicato da Anthology Editions, in una versione fedele alla prima edizione e ampliato dai saggi della scrittrice e artista Tee Corinne, dell’ex calciatrice Lori Lindsey e della fotografa Lola Flash.
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