Si può passare la vita fotografando povertà, marginalità e disagio senza mai scivolare nel feticismo della sofferenza? La mostra romana dedicata al fotografo e giornalista Luciano D’Alessandro (1933-2016) dimostra che si può: basta avere bene a fuoco un solo obiettivo, quello di documentare e di lasciare a chi guarda la responsabilità di lasciarsi coinvolgere.
D’Alessandro riesce a essere artista figurativo nella composizione rigorosa delle sue immagini ma anche giornalista e reporter nel suo altrettanto rigoroso approccio documentario. Le fotografie del ciclo Gli esclusi, inchiesta condotta nel manicomio Materdomini di Nocera Superiore nel 1969 o le ricerche Dentro le case (1977) e Dentro il lavoro (1978) sono immagini di grande impatto e di asciutta solidità formale che, proprio grazie alla loro trasparenza, ci obbligano a interrogarci, a prendere una posizione.
Come in certi quadri del rinascimento molti dei personaggi fotografati da D’Alessandro cercano lo sguardo dello spettatore e lo invitano nel loro spazio. Non si ha mai l’impressione di spiare una scena dall’esterno, come spesso capita con il fotogiornalismo, ma siamo invitati sempre a entrare e ad affrontare una a una queste piccole storie di ordinario isolamento, miseria o sfruttamento.
La mostra Luciano D’Alessandro. L’ultimo idealista al Museo di Roma in Trastevere è aperta fino al 5 settembre ed è curata da Roberto Lacarbonara. È accompagnata dal libro omonimo pubblicato da Postcart. Le immagini provengono dall’archivio Luciano D’Alessandro conservato dal 2017 dallo Studio bibliografico Marini a Bari.
Daniele Cassandro
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