In Sicilia ogni anno si celebra san Benedetto il Moro, il primo santo nero africano. Benedetto (1524-1589) nacque in una famiglia ridotta in schiavitù e portata in Sicilia dall’Africa. Il padre riuscì a farlo liberare grazie a un voto fatto al suo padrone. Benedetto era un frate eremita, taumaturgo e guaritore, e la sua fama si diffuse anche fuori dall’Italia, arrivando nelle colonie spagnole in America, dove diventò il simbolo del riscatto delle comunità nere.

“Benedetto è un’allegoria dei nostri tempi”, spiega il fotografo Nicola Lo Calzo, che tra il 2017 e il 2019 ha realizzato il progetto Binidittu, ripercorrendo il culto del santo. Nel suo lavoro, il fotografo riflette sulla storia di Benedetto e sulle analogie tra la sua vicenda e quella degli africani che vivono oggi in Sicilia. “Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando lo ha eletto a simbolo di pace sociale contro il populismo e la politica contro i migranti. Il lavoro nei campi o la prostituzione sono forme di schiavitù moderna. Ai margini delle piantagioni agricole si formano dei ghetti che trasformano donne e uomini in persone invisibili. Sembra ci sia ancora una grossa distanza tra la diaspora africana e il resto della popolazione”, dice Lo Calzo.

Il progetto di Lo Calzo è esposto al centro per la fotografia Camera di Torino in una mostra curata da Giangavino Pazzola, realizzata in collaborazione con la galleria Podbielski Contemporary, e articolata in quattro capitoli che ripercorrono le vicende della vita del santo.

Da otto anni con il suo lavoro, intitolato Cham, Lo Calzo documenta l’eredità della diaspora africana e della schiavitù in vari paesi del mondo tra cui Benin, Haiti e Cuba, per esplorare le tracce del passato coloniale.

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