Basato su un racconto di Haruki Murakami e su scampoli di altri testi dello scrittore giapponese, ma anche su lampi di teatro russo e penetranti idee originali, il film di Ryusuke Hamaguchi (premiato per la sceneggiatura a Cannes) ha l’ampiezza, la profusione e la profondità di campo di un grande romanzo. Al centro di tutto le tante sfaccettature di Kafuku, regista e attore di Tokyo, invitato da un festival a mettere in scena una sua versione di Zio Vanja, in cui gli attori hanno origini differenti e recitano ognuno nella sua lingua. Si tratta di un’idea, magnifica come le tante scene di casting che ne derivano, che Hamaguchi aveva pensato per un progetto da realizzare in Francia, rinviato per la pandemia. Il racconto si snoda tra gli incontri e il via vai di Kafuku, prima alla guida, poi relegato nel posto del passeggero della sua bella automobile rossa, componendo una cartografia scientifica e delicata dei sentimenti e dei drammi. Julien Gester, Libération
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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati