L’ultimo libro di Colson White­head trova il suo centro di gravità a Harlem, New York, trasportando i lettori all’epoca del movimento per i diritti civili tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, un momento in cui le rivolte del quartiere stavano cambiando il paesaggio urbano e quello politico. Da questa premessa Whitehead crea un brillante poliziesco che è anche una meditazione sulla geografia della popolazione nera. Il romanzo si sviluppa in tre parti, ognuna delle quali corrisponde a una calda estate newyorchese (1959, 1961 e 1964) e alle imprese sempre più pericolose di Raymond Carney, il figlio di un noto criminale di Harlem. È il desiderio di Carney di lottare per ottenere una casa sul fiume, nonché l’attrazione del sottomondo criminale, a spingere avanti il libro. Il cast del romanzo include truffatori e rapinatori, così come figure altrettanto corrotte dell’élite nera di Harlem. C’è anche il cugino Freddie, che arruola Carney in un piano per derubare il famoso hotel Theresa. E c’è la moglie di Carney, Elizabeth, agente di viaggio della Black Star, un’agenzia che organizza tour e vacanze per gli afroamericani. Se Carney è specializzato nel padroneggiare la topografia locale di Harlem, Elizabeth si dedica ad ampliare le rotte che i neri possono percorrere. Ma la vera protagonista, accanto a Carney, è una Harlem meticolosamente descritta. Autumn Womack, Financial Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1428 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati