A prima vista, l’ottavo album di Lana Del Rey potrebbe sembrare una specie di fratello di Chemtrails over the country club, uscito a marzo. Ancora una volta grondante di influenze country e folk, in Blue banisters la cantautrice abbandona di nuovo i suoni iperprodotti a favore di quelli acustici. Ma se si scava più a fondo, si scopre che invece questo disco ha richiesto anni di lavoro. Nectar of the Gods e Cherry blossom, già uscite nel 2019, possono essere fatte risalire alle session di registrazione di Ultraviolence. Nectar of the Gods – uno dei brani scritti insieme al suo ex fidanzato Barrie-James O’Neill – fa venire in mente Cruel world, mentre Lana canta “I get wild and fucking crazy”, divento selvaggia e fottutamente pazza. Chemtrails over the country club era stato prodotto quasi esclusivamente da Jack Antonoff, Blue banisters invece fa appello a più collaboratori, tra i quali il peso massimo dell’hip hop Mike Dean, che esce dalla sua zona di comfort in Wildflower wildfire. Altrove ci sono contributi dei The Last Shadow Puppets, il duo formato da Alex Turner degli Arctic Monkeys e Miles Kane, con cui Del Rey ha lavorato a un disco ancora inedito. Kane inoltre presta la sua voce inimitabile a uno dei momenti clou, l’umoristica Dealer. A suo modo, Blue banisters è un disco coeso, non solo una compilation sbarazzina di canzoni d’archivio.
Luke Ballance,
The Line of Best Fit
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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati