Il decimo album di Aimee Mann è stato scritto per l’adattamento teatrale del film Ragazze interrotte, in cui l’autrice Susanna Kaysen racconta la sua esperienza nell’ospedale psichiatrico McLean alla fine degli anni sessanta. Anche se la pandemia ha bloccato i progetti per lo spettacolo, la cantautrice statunitense ha deciso comunque di pubblicare la musica e farne un disco che sta in piedi da solo. La qualità di questi quindici brani dimostra che è stata la scelta giusta. Considerando l’esperienza personale dell’artista con l’argomento – esplorato in Mental illness del 2017 – il suo coinvolgimento nel progetto ha ancora più senso. I temi trattati potrebbero far pensare a un ascolto impegnativo, ma non è così. Chiaramente la tristezza e la malinconia pervadono le canzoni e ci sono momenti particolarmente duri. In Robert Lowell and Sylvia Plath, che furono entrambi pazienti dell’ospedale, Mann descrive la degenza come una “macabra pantomima” e si chiede “cosa ne è di me? Cosa ci faccio qui?”; in Give me fifteen assume la voce del dottore che dice “tempo di fare il giro dell’isolato e ti prenoto un elettroshock”. Tuttavia le canzoni sono alleggerite dalla bravura di Mann nel creare melodie guidate da piano, chitarre e fiati. Queens of the Summer hotel mostra quanto sia diventata un’artista versatile, capace di tirare fuori bellezza dai soggetti più difficili.
Steven Johnson,
Music Omh
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Questo articolo è uscito sul numero 1438 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati