“Sembra la storia di una donna che se ne va”, recita la sinossi ufficiale. Raramente ne abbiamo viste di più enigmatiche. E il film è all’altezza del mistero. Seguiamo Clarisse che all’alba abbandona una casa addormentata, sale in macchina e fugge verso il mare. Se ne va. O se n’era già andata? La vita nella casa continua. O ricomincia? Cambia: i bambini crescono, le stagioni si susseguono. Siamo perduti in questo smarrimento, doloroso e delizioso, perché è lo smarrimento di Clarisse. E noi siamo nella sua testa e nel suo cuore. Qui e ora. Ieri e altrove. Impossibile dire di più senza svelare l’essenza del film, la verità che muove la protagonista. Adattando l’opera teatrale di Claudine Galéa, Mathieu Amalric ci porta nel turbine interiore, materializza i pensieri, i desideri e le paure di una donna sull’orlo di un abisso insondabile. Stringimi forte è un film concettuale che si fa organico, anche grazie all’interpretazione di Vicky Krieps, diafana e terrena, ordinaria e sublime, presente e lontana.
Isabelle Danel, Bande à part
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Questo articolo è uscito sul numero 1446 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati