“Un anno dopo aver rovesciato un governo democraticamente eletto, i militari birmani hanno scoperto che prendere il potere è molto più facile che consolidare l’autorità e governare”, scrive Thitinan Pongsudhirak, docente di sicurezza e studi internazionali all’università Chulalongkorn di Bangkok. “La giunta governa la capitale Naypyidaw ma sta perdendo il controllo del resto del paese, dove sono sempre di più le persone che imbracciano le armi contro il regime. Nella guerra civile che si sta allargando il futuro dipenderà dall’esito delle battaglie combattute nelle città e nei villaggi in tutto il paese. A differenza dei militari che presero il potere nel 1962 inaugurando quasi cinquant’anni di dittatura, questo golpe è arrivato dopo dieci anni di riforme economiche e politiche che hanno cambiato la società in modo indelebile. Con l’apertura della Birmania al mondo, le aspettative della popolazione sono aumentate, così come le opportunità, con il conseguente risveglio collettivo che nessun generale potrà fermare. Non sorprende, quindi, che in prima linea nella resistenza che sta dando filo da torcere all’esercito ci siano soprattutto i ventenni. Non c’è un lieto fine all’orizzonte, ma la situazione obbliga chi osserva dall’esterno a schierarsi con la grande maggioranza del paese”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1446 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati