Ogni volta che il cancelliere tedesco Olaf Scholz evita di dire che un’invasione russa dell’Ucraina segnerebbe la fine del gasdotto Nord stream 2, tra gli
alleati della Germania aumentano i dubbi. Non che diffidino di Scholz, né che pronunciare le parole Nord stream 2 sia proprio così importante. Semplicemente conoscono la dipendenza della Germania dal gas russo. Nel 2020 dai giacimenti controllati dal Cremlino, in gran parte tramite i gasdotti Yamal e Nord Stream, sono arrivati nel paese 56,3 miliardi di metri cubi di gas naturale, più della metà delle importazioni totali. Se, per qualsiasi motivo, le forniture russe dovessero interrompersi, all’improvviso la Germania resterebbe priva di più della metà del suo gas.
Secondo le stime di esperti indipendenti, non sarebbe possibile compensare in tempi brevi una perdita di questa portata. Quando gli chiediamo se l’Europa ce la farebbe senza il combustibile proveniente dalla Russia, Massimo Di Odoardo risponde secco: “No”. Di Odoardo si occupa di gas alla Wood Mackenzie, grande società di analisi e consulenza nel settore energetico. Secondo lui “trovare alternative sufficienti sarebbe impossibile”. Se Mosca interrompesse oggi tutte le forniture, tra sei settimane le centrali di stoccaggio europee sarebbero vuote.
Affidarsi troppo a un unico fornitore è sempre un problema. Se poi il fornitore è un paese che al suo interno reprime gli oppositori e all’esterno minaccia militarmente i vicini, la dipendenza è più che rischiosa, perché ha conseguenze non solo per l’economia, ma anche in politica estera. Dal punto di vista diplomatico, lo spazio di manovra della Germania è limitato. Insomma, il paese è ricattabile. Il presidente russo Vladimir Putin non ha bisogno di interrompere completamente le forniture di gas per ricattare Berlino: gli basta ridurle o magari perfino riflettere ad alta voce sulla possibilità di ridurle. Basta questo per ritrovarsi con i prezzi dell’energia alle stelle, i rincari di molti prodotti e un governo sotto pressione. Soffrire il freddo per Kiev? Anche la transizione energetica portata avanti dalla coalizione tra socialdemocratici, verdi e liberali ne risulterebbe di colpo screditata.
Tutto questo lo sa il governo tedesco, lo sa il Cremlino e lo sanno gli alleati, che proprio per questo osservano in modo molto critico il comportamento della Germania: quello che Berlino fa e dice, ma anche quello che non dice, è ancora frutto di una sua decisione autonoma e sovrana? Oppure è influenzato dall’occhio di riguardo per Mosca? E come interpretare il fatto che un paese che già dipende dal gas naturale russo stia insistendo per attivare il Nord stream 2, un nuovo gasdotto che trasporta il gas del Cremlino? La Germania insiste nonostante il parere contrario di molti ambientalisti, le proteste dell’Unione europea, l’opposizione degli Stati Uniti e la paura degli alleati dell’Europa orientale. È solo ostinazione? O sono scelte dettate da altri motivi? La dipendenza dal gas russo non è frutto del destino né del caso, ma delle politiche adottate da vari governi, pressati dall’industria tedesca e dalla sua fame di energia. Dopo l’uscita dal nucleare, il gas russo sembrava la fonte d’energia più disponibile. In Germania il protagonista della politica del gas è l’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, che già nei suoi anni al governo (dal 1998 al 2005) coltivava stretti rapporti con Putin. Nel dicembre 2005, appena due settimane dopo la fine della sua esperienza politica, Schröder diventò presidente del consiglio di sorveglianza della Rosneft, il colosso russo del petrolio guidato da Igor Sečin, uno dei consiglieri più vicini a Putin. La Rosneft ha la maggioranza delle azioni della Gazprom, il maggior esportatore di gas al mondo. Insomma, Schröder era arrivato al cuore dell’economia energetica della Russia, guidata direttamente dal Cremlino.
In Germania hanno fatto un percorso simile molti ministri e sottosegretari dei governi Schröder: da servitori dello stato sono diventati uomini d’affari che fanno soldi nel settore energetico. Gert von der Groeben, per esempio, da responsabile dell’Spd per le questioni energetiche è andato a fare il lobbista per conto dell’azienda energetica tedesca E.On. Nel 2002 Alfred Tacke, sottosegretario dell’Spd, uomo di Schröder nel land della Bassa Sassonia, spinse il ministero dell’economia ad autorizzare la fusione tra i maggiori fornitori tedeschi d’energia elettrica e gas. Da questa fusione nacque la E.On (oggi Uniper), che collabora strettamente con la Gazprom. Da ministro dell’economia socialdemocratico, Wolfgang Clement non faceva mancare il suo sostegno alle aziende fornitrici di gas e, una volta uscito dal governo, è passato al consiglio di sorveglianza della Rwe, un’azienda che gestisce centrali elettriche. I confini tra l’Spd e il settore dell’energia non erano solo fluidi: semplicemente non esistevano più.
Schröder non si è limitato a quell’unico incarico a Mosca: nel 2006 è diventato anche presidente del comitato degli azionisti della Nord Stream Ag, azienda con sede in Svizzera che ha costruito e gestisce il Nord stream 1, il primo gasdotto che arriva in Germania attraverso il mar Baltico. L’azionista di maggioranza della Nord Stream Ag, che vedeva anche la partecipazione di aziende tedesche del settore energetico come la E.On e la Wintershall, è la Gazprom. Nel consiglio di sorveglianza c’era Aleksej Miller, presidente del consiglio d’amministrazione della Gazprom. L’amministratore delegato era Matthias Warnig, ex ufficiale della Stasi, la polizia politica della Germania Est, e uomo di fiducia di Putin fin dal crollo del muro di Berlino, nel 1989.
Il 28 aprile 2014, appena sei settimane dopo l’annessione russa della Crimea, Schröder andò a San Pietroburgo, su invito della Gazprom, per festeggiare in ritardo i suoi settant’anni a palazzo Jussupov. Gli amici di Schröder c’erano tutti: Putin, Miller, Sečin e Warnig, oggi amministratore delegato dell’azienda che gestisce il Nord stream 2. C’era anche Erwin Sellering, all’epoca presidente del land Meclemburgo-Pomerania Anteriore.
C’è una rete di gasdotti, centrali di stoccaggio e aziende che gestiscono il gas russo. E poi ce n’è un’altra parallela: quella dei sostenitori, dei facilitatori e dei lobbisti. La prima rete fornisce gas alla Germania, la seconda fornisce potere alla Russia. In ogni settore ci sono reti come queste, ma pochi gruppi hanno promotori importanti come quelli della Gazprom e della Rosneft.
Il 28 aprile 2014 Gerhard Schröder andò a San Pietroburgo, su invito della Gazprom, per festeggiare in ritardo i suoi settant’anni
Nel 2017 il partito di sinistra Linke ha presentato un’interrogazione in parlamento su “Lobbismo e porte girevoli nell’ambito del progetto Nord stream”. Nella risposta c’è un elenco preciso degli incontri di Schröder per conto della Gazprom: con Angela Merkel, la cancelliera cristianodemocratica che aveva preso il suo posto nel 2005; con Frank-Walter Steinmeier, all’epoca ministro degli esteri, oggi presidente della repubblica federale e un tempo a capo della cancelleria di Schröder; con Sigmar Gabriel, all’epoca ministro dell’economia, poi ministro degli esteri e in passato successore di Schröder come presidente del land della Bassa Sassonia; e infine con l’ambasciata tedesca a Mosca. A Bruxelles, invece, Reinhard Silberberg, ambasciatore presso l’Unione europea ed ex capo del dipartimento per gli affari europei della cancelleria Schröder, riceveva gli emissari della Gazprom. Tutte vecchie conoscenze.
L’ex ambasciatore
Quanto sia profonda l’influenza russa sugli apparati dello stato tedesco lo sta sperimentando Annalena Baerbock, la ministra degli esteri. Un ex ambasciatore le ha chiesto l’autorizzazione a lavorare per la Gas for Europe GmbH, un’azienda tedesca controllata dalla Nord Stream 2 Ag. Dieter W. Haller, ambasciatore in pensione, voleva diventare presidente del consiglio di sorveglianza. Anche lui è un fedelissimo di Schröder: dal 2003 al 2005 è stato una delle figure chiave della cancelleria Schröder, dove ha avuto a che fare anche con la nascita del progetto Nord stream. Al ministero degli esteri, quando era guidato da Steinmeier, si è occupato di politica energetica. Baerbock ha respinto la richiesta perché, dalle verifiche, è risultato che quest’attività avrebbe “danneggiato gli interessi pubblici”. Haller non ha risposto alle domande della Zeit.
Nel 2014, alla ricca festa di compleanno di Schröder a San Pietroburgo, si è parlato anche del secondo gasdotto nel mar Baltico, il Nord stream 2. Il progetto stava molto a cuore al Cremlino: avrebbe permesso alla Russia di aumentare le vendite di gas alla Germania, legandola ancora più strettamente a sé. Inoltre, dopo l’attacco alla Crimea, avrebbe consentito a Mosca di indebolire ulteriormente l’Ucraina. I due gasdotti Nord stream aggirano l’Ucraina e quindi avrebbero sottratto al paese un’importante fonte di entrate: la riscossione dei diritti di passaggio del gas sul suo territorio. Il 4 settembre 2015, un anno dopo la festa, a Vladivostok, città nell’estremo oriente della Russia, vicino al confine con la Cina, cinque aziende energetiche europee hanno firmato con la Gazprom un accordo per realizzare il gasdotto.
Non tutti ritenevano che il Nord
stream 2 fosse indispensabile all’approvvigionamento energetico della Germania. Secondo il governo tedesco, l’infrastruttura avrebbe raddoppiato la fornitura di gas, permettendo sia di aumentarlo in caso di necessità sia di mantenerlo costante nel caso in cui il passaggio attraverso l’Ucraina fosse bloccato. Gabriel, che nel 2015 era ministro dell’economia, sostiene ancora oggi di aver sempre considerato il Nord stream “un progetto giusto”. E infatti all’epoca si era impegnato molto per sostenerlo. Intanto, al di fuori della Germania e della Russia, cresceva lo scetticismo. Protestavano i paesi dell’Europa centrale, ma si opponeva anche la Commissione europea. Il 28 ottobre 2015 Gabriel è andato a Mosca, dove Putin gli ha concesso un incontro insolitamente lungo per un ministro dell’economia tedesco: quasi due ore nella dacia di stato di Novo-Ogarëvo. Putin, Gabriel e Aleksej Miller, il presidente del consiglio d’amministrazione della Gazprom, hanno discusso il da farsi. Ma la resistenza cresceva. A Bruxelles e, soprattutto, a Washington, negli Stati Uniti.
Anche nella stessa Spd l’insofferenza contro Schröder aumentava: nel 2005, quando era appena entrato nella Rosneft, tra i socialdemocratici c’era chi mugugnava alle sue spalle, sostenendo che stesse facendo affari grazie alla propria carriera politica, senza badare troppo alle origini del denaro che guadagnava. I verdi parlavano di uno “sfacciato cambio di campo”. Invece Steinmeier, all’epoca ministro degli esteri, anche lui schröderiano, sosteneva che il nuovo ruolo dell’ex cancelliere potesse tornare utile alla Germania. Una rottura netta non la voleva nessuno, soprattutto quando il Nord
stream 2 ha spinto gli statunitensi a fare più pressioni: a quel punto i socialdemocratici sono tornati a sostenere Schröder, memori della sua rielezione a cancelliere nel 2002 grazie alla sua opposizione alla guerra degli Stati Uniti in Iraq.
Nel giugno 2017 il senato degli Stati Uniti ha deciso delle sanzioni contro i gasdotti russi, rendendo il Nord stream 2 uno dei problemi principali nelle relazioni transatlantiche: un peso sulle spalle di Merkel, un piacevole effetto collaterale per Putin e un gradito assist involontario per Schröder. “La politica energetica europea va decisa in Europa, non negli Stati Uniti”, dichiarava Heiko Maas, all’epoca ministro degli esteri socialdemocratico.
Possibili motivazioni
L’Spd, però, non ha fatto tutto da sola. All’epoca faceva parte del governo guidato dalla cristianodemocratica Angela Merkel. Perché la cancelliera è stata al gioco? Le possibili motivazioni che circolavano all’interno del governo erano due. Innanzitutto, Merkel non voleva turbare la pace della sua coalizione nel bel mezzo della crisi dei rifugiati e sapeva bene quanto fosse importante il gasdotto per la dirigenza dell’Spd, che lo vedeva come un progetto di pace (a detta di Steinmeier, un “ultimo ponte” verso la Russia). Inoltre, neanche i collaboratori di Merkel riuscivano a mettersi d’accordo: Christoph Heusgen, consigliere per le questioni di politica estera, avvertiva allarmato che il gasdotto avrebbe avuto effetti negativi sulle relazioni internazionali, mentre Lars-Hendrik Röller, consigliere per le questioni di politica economica, sosteneva il gasdotto perché lo voleva l’industria tedesca. E si sa, in Germania, quando c’è un conflitto tra politica estera e politica economica, quest’ultima vince sempre. Il resto lo hanno fatto gli incontri con gli esponenti del partito di Merkel nel land del Meclemburgo-Pomerania Anteriore. A quel punto la cancelliera non ha più opposto resistenza.
Sembra proprio che nessuno combatta per il Nord stream 2 quanto il land del Meclemburgo-Pomerania Anteriore. In nessun altro posto l’Spd e la Russia sono vicine come in questo land nel nordest, dove terminano i due gasdotti Nord stream. E dove, da 23 anni, i presidenti sono dell’Spd. Come disse una volta il viceministro russo per il commercio, il Meclemburgo-Pomerania Anteriore è “un nostro avamposto in Europa”.
Manuela Schwesig, attuale presidente del land e una delle donne più influenti nell’Spd, si batte da anni per il Nord
stream 2 e ha messo in piedi una rete capace di reggere anche nei momenti di massima pressione politica contro la costruzione del gasdotto. Il suo maggior sostenitore è il suo predecessore, l’uomo che l’ha lanciata in politica: Erwin Sellering.
Il motivo principale per cui Schwesig difende il Nord stream 2 è la sua importanza per la politica energetica. Il gasdotto è un interesse nazionale, ha dichiarato di recente alla Zeit: “Se, com’è giusto, vogliamo uscire dal nucleare e dal carbone, dobbiamo potenziare le energie rinnovabili. Ma, almeno nel periodo di transizione, avremo bisogno del gas. M’infastidisce il fatto che si voglia far credere che i conflitti con la Russia si possano risolvere solo a patto di non far partire il gasdotto”.
Tra le convinzioni fondamentali dei socialdemocratici tedeschi c’è l’idea che le relazioni economiche contribuiscano alla stabilità
Un contrasto duro con gli Stati Uniti invece non la spaventa. Quando il congresso statunitense ha approvato le sanzioni contro il Nord stream 2, nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore molti l’hanno considerato un “evento cruciale”, come lo definisce Philipp da Cunha, deputato socialdemocratico del parlamento del land. Sellering ha parlato perfino di “sanzioni contrarie al diritto internazionale”.
Gli Stati Uniti hanno minacciato di colpire tutte le aziende ancora impegnate nella costruzione del Nord stream 2, con l’unica eccezione di quelle pubbliche. Proprio la scappatoia che serviva: è nata così l’idea che il Meclemburgo-Pomerania Anteriore, in qualità di ente pubblico, potesse creare una fondazione che facesse da intermediario tra il gasdotto e i fornitori. Secondo Christian Pegel, ministro dell’energia del land, la fondazione vuol essere una sorta di “scaffale della ferramenta” cui il Nord stream 2 possa attingere. L’idea, piuttosto ingegnosa dal punto di vista giuridico, non l’hanno avuta a Schwerin, la capitale del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, né a Berlino. L’ha ammesso apertamente Sellering in un’intervista rilasciata al quotidiano locale Schweriner Volkszeitung: “La proposta di dar vita a una fondazione è partita direttamente dalla Nord Stream 2 Ag”. Cioè dalla Gazprom.
La fondazione è stata concepita dal ministero dell’energia e dal governo del land. All’epoca a Schwerin era presidente Heiko Geue, anche lui socialdemocratico, schröderiano e in precedenza autore dei discorsi del cancelliere, direttore della segreteria di Frank-Walter Steinmeier quando quest’ultimo era a capo della cancelleria Schröder e in seguito capo della campagna elettorale dell’ex ministro delle finanze Peer Steinbrück. Alla guida della fondazione è stato chiamato un altro amico di Schröder: Erwin Sellering.
Lo scopo principale della fondazione è la tutela del clima. Ma a Schwerin non hanno mai nascosto quali fossero gli altri obiettivi. Nello statuto c’è scritto chiaramente che la fondazione può svolgere attività imprenditoriali che contribuiscono al completamento del Nord stream 2. Anche per quanto riguarda i finanziamenti non ci sono segreti: la fondazione è finanziata direttamente dalla Nord Stream Ag. Il contributo iniziale è stato di venti milioni di euro, ma in totale si arriverà a sessanta. Un finanziamento arriverà anche dal Meclemburgo-Pomerania Anteriore, ma saranno spiccioli: duecentomila euro. Il 7 gennaio 2021 il parlamento del land ha istituito la fondazione con un voto unanime. Si sono astenuti in pochi. Anche i cristiamodemocratici della Cdu, la Linke e gli euroscettici di estrema destra dell’Alternative für Deutschland (Afd) hanno aderito con entusiasmo. In poche parole, il land ha istituito una fondazione con soldi russi per aggirare le sanzioni statunitensi contro un gasdotto russo.
Nel gennaio 2022, un anno dopo la decisione del parlamento del land, Sellering ha tracciato un bilancio sulla Schweriner Volkszeitung. È “operativo un ufficio” che ha attuato “progetti validi per la tutela del clima”. Un progetto sulla zostera, per esempio. E inoltre la fondazione ha contribuito al completamento del gasdotto. “Purtroppo le sanzioni statunitensi hanno richiesto un forte impegno, ma adesso possiamo dire di aver assolto al nostro compito: il Nord stream 2 è pronto”.
La comunicazione sulla “ferramenta” che il land ha messo a disposizione del gasdotto è stata trasparente fin dall’inizio, ma oggi il governo del land è molto opaco. Lo stesso Sellering ha rifiutato più volte di parlare con la Zeit. I componenti del comitato direttivo e di sorveglianza della fondazione non sono stati ancora resi pubblici. Secondo le ricerche della Zeit, questa reticenza ha una motivazione piuttosto semplice: sembra che i membri del comitato non siano ancora stati nominati. I rappresentanti delle associazioni ambientaliste, tra i principali candidati a ricoprire certi ruoli, sono in aperta rivolta contro la fondazione.
Effetti limitati
Ma cosa spinge il governo socialdemocratico del Meclemburgo-Pomerania Anteriore a impegnarsi tanto per il gasdotto Nord stream 2? Cosa ne ricava il land? I vantaggi economici effettivi sembrano limitati: appena il 3 per cento delle esportazioni totali del Meclemburgo-Pomerania Anteriore è diretto in Russia. “I soli dati economici non bastano a spiegare l’innamoramento di molti governi dell’ex Germania Est nei confronti della Russia”, osserva Joachim Ragnitz, economista dell’istituto Ifo di Dresda. Il gasdotto riveste una certa importanza per la regione costiera, in particolare per le aree strutturalmente deboli in cui ci sono i porti di Sassnitz, Mukran e Lubmin. Ma non stiamo parlando di centinaia di posti di lavoro: al massimo di qualche decina. Più interessante è il ruolo della Nord Stream 2 Ag in veste di finanziatrice e mecenate. L’azienda finanzia, per esempio, la galleria d’arte di Rostock, la squadra di pallavolo femminile Ssc Schwerin, che gioca nel campionato nazionale, il festival musicale di Usedom, l’International ensemble baltic sea philharmonic e la Ihk Neubrandenburg, cioè la camera dell’industria e del commercio di Neubrandenburg. Voci vicine al governo del land sostengono che venti milioni di euro sono tanti per una fondazione, ma possiamo davvero credere che bastino a mettere sotto pressione il governo di un land, spingendolo ad agire?
Manuela Schwesig, ne siamo certi, ritiene sinceramente che sia importante avere buoni rapporti con la Russia, dove va spesso e dove ha costruito contatti con esponenti politici locali nella regione di San Pietroburgo. In passato si è chiesta più volte se l’occidente non avesse una doppia morale: affermazioni come quelle di Barack Obama, secondo cui la Russia sarebbe una “potenza regionale”, hanno forse contribuito a migliorare i rapporti? E la percezione russa, secondo cui la Nato si starebbe avvicinando sempre di più ai suoi confini, non andrebbe quanto meno presa in considerazione? Schwesig è convinta che sia necessario mantenere buoni canali di comunicazione con il Cremlino.
Stiamo parlando di contatti come quelli di Schröder? Per far arrabbiare Schwesig basta insinuare una sua vicinanza all’ex cancelliere. Nella sua squadra sostengono che tra lei e Schröder non ci sia mai stato alcun accordo sul Nord stream 2 e che lui non abbia provato a influenzare la sua politica energetica né, tanto meno, che ci sia effettivamente riuscito. In altre parole: per credere fermamente che il Nord stream 2 sia un progetto sensato, giusto e ragionevole, Schwesig non ha alcun bisogno di Schröder.
Tra le convinzioni fondamentali dei socialdemocratici tedeschi c’è l’idea che le relazioni economiche contribuiscano in modo decisivo alla distensione e alla stabilità politica, garantendo di conseguenza la pace. Quanto più sono strette le relazioni economiche tanto più stabili sono i rapporti. Ma questo modo di pensare rischia di far passare sotto silenzio due elementi: in primo luogo, il fatto che in determinati ambiti si creino rapporti di dipendenza da altri; in secondo luogo, non è detto che gli altri agiscano pacificamente quanto te. E all’Spd sono successe entrambe le cose con la Russia. Di recente, nel suo saggio The age of unpeace, il politologo anglotedesco Mark Leonard ha scritto che l’interconnessione globale sempre più stretta non impedisce i conflitti, ma a volte li può addirittura provocare. Il dilemma tedesco del gas ne è un esempio, perché i rapporti tra Berlino e Mosca sono reciproci, ma sbilanciati. Alla Russia i miliardi tedeschi del gas servono, ma non quanto alla Germania serve il gas. Se non arrivano i soldi, Putin s’indebita. Ma se non arriva il gas, i tedeschi soffrono il freddo. È Putin a determinare l’escalation, non solo in termini di interventi militari, ma anche in termini di esportazioni.
La Casa Bianca ha capito che fare pressione non basta: ai tedeschi servono anche alternative al gas russo
Un miliardo di euro
E il cancelliere? Quello in carica, non quello delle lobby del gas. Anche Olaf Scholz si è più volte impegnato per salvare il Nord stream 2. Era perfino pronto a spendere molti soldi: un miliardo di euro. Il 5 agosto 2020, nel bel mezzo della campagna elettorale per le presidenziali statunitensi, Scholz, all’epoca ministro delle finanze, ha chiamato il collega statunitense Steven Mnuchin e gli ha proposto un accordo: se gli statunitensi avessero abbandonato le sanzioni contro le aziende coinvolte nella realizzazione del Nord stream 2, i tedeschi avrebbero investito un miliardo di euro nella costruzione di impianti per la rigassificazione di gas naturale liquefatto (gnl) a Wilhelmshaven e a Brunsbüttel, ideali per l’importazione di gas dagli Stati Uniti. Ma tuttora in Germania non ci sono rigassificatori di gnl.
Insomma, la proposta era questa: un miliardo di euro in infrastrutture che in Germania ancora non esistono e, come contropartita, un cambio di rotta nella politica estera della Casa Bianca. E questo mentre Donald Trump e i repubblicani guadagnavano consensi spingendo l’opinione pubblica contro i tedeschi. Sembra che la reazione di Washington sia stata incredula: la Casa Bianca ha ignorato la proposta. Scholz però non ha mollato la presa. Nella primavera del 2021, quando si è congratulato al telefono con il nuovo ministro del tesoro statunitense Janet Yellen, ha ritirato fuori la sua idea.
Questo precedente è utile per capire l’atteggiamento del governo statunitense nei confronti di Scholz. E per capire perché a Washington c’è chi lo considera un alleato inaffidabile. Dopo la telefonata con Yellen, Scholz ha inviato Wolfgang Schmidt, allora suo sottosegretario e oggi capo di gabinetto della cancelleria, ai colloqui con gli statunitensi.
Nel luglio 2021 i due paesi si sono impegnati a sostenere una linea comune: se la Russia avesse tentato “di usare il gas come un’arma” o avesse intrapreso altre azioni aggressive contro l’Ucraina, la Germania avrebbe reagito con “misure efficaci” a livello nazionale ed europeo, sanzioni incluse. Ecco la frase decisiva: “Quest’accordo vuole impedire alla Russia di sfruttare i gasdotti – compreso il Nord stream 2 – per raggiungere obiettivi politici in modo aggressivo, usando l’energia come un’arma”.
Chi conosce bene Scholz dice che dalla firma dell’accordo è stato chiaro che il Nord stream 2 non può entrare in funzione in caso di attacco militare. Tuttavia, per molto tempo Scholz ha affermato pubblicamente che questo gasdotto era solo un “progetto privato”. Come se il cancelliere non ci avesse niente a che fare, e come se non si trattasse, in questo momento, del progetto probabilmente più controverso al mondo.
A lungo è sembrato che la linea di Scholz potesse essere efficace, finché poi, di recente, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden non ha mandato a Berlino William Burns, capo della Cia e uno dei suoi più fidati consiglieri. Burns, ex ambasciatore statunitense a Mosca, è arrivato a Berlino un giovedì di metà gennaio. Prima di un incontro con un gruppo di esperti dei servizi segreti, ha avuto un colloquio con Scholz e il suo capo di gabinetto Schmidt.
Gli addetti ai lavori sostengono che il messaggio di Burns fosse il seguente: se Berlino dovesse continuare a sostenere il Nord stream 2 in caso di escalation militare in Ucraina, la pressione sulla Germania aumenterebbe a dismisura.
Forse è un caso ma, cinque giorni dopo la visita del capo della Cia, Scholz ha cambiato tono. Da quel momento ha smesso di parlare di “progetto privato”. Anzi, ha cominciato a rievocare l’accordo dell’estate 2021, al quale il governo si attiene sotto “tutti gli aspetti”. Tuttavia continua a evitare le parole Nord stream 2. Vuole che Putin resti nell’incertezza sui rischi che corre in caso d’invasione.
“Ambiguità strategica”, l’ha chiamata Scholz in un’intervista con il Washington Post. Scholz si è attestato su questa linea con il pieno accordo del presidente degli Stati Uniti, assicurano fonti del governo tedesco.
Tuttavia, la dipendenza tedesca dal gas russo non si risolve facilmente, tanto meno insistendo sull’uscita dal nucleare e dal carbone. “Al di là del gas russo, per quanto riguarda l’approvvigionamento attraverso i gasdotti l’offerta non è ampia”, spiega Katja Yafimava, ricercatrice dell’Oxford institute for energy studies.
◆ Il 14 febbraio 2022, prima di andare a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha fatto tappa a Kiev dal presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj. Il vertice è stato l’occasione per lanciare un avvertimento alla Russia. Nel caso di un’aggressione che violi l’integrità territoriale dell’Ucraina, ha detto Scholz, la Germania è pronta a “sanzioni di ampia portata ed efficaci”. Il 15 febbraio il cancelliere ha incontrato Putin. Alla fine del colloquio ha espresso soddisfazione per il parziale ritiro delle truppe russe schierate al confine con l’Ucraina. Il leader socialdemocratico ha aggiunto che la sicurezza dell’Europa non è “contro la Russia, ma con la Russia”. Scholz, tuttavia, ha evitato di accennare al Nord stream 2, il discusso gasdotto che dovrebbe raddoppiare le forniture russe alla Germania evitando l’Ucraina. Il problema è stato invece affrontato da Putin, secondo il quale è un’opera importante che rafforzerà la sicurezza energetica dell’Europa. Frankfurter Allgemeine Zeitung
Resta solo il gnl che, a differenza del gas naturale, è sottoposto a un processo di raffreddamento a 160 gradi sotto lo zero: liquefacendosi il gas perde volume e diventa possibile trasportarlo sulle navi. Grazie all’estrazione con la tecnica del fracking (fratturazione idraulica), gli Stati Uniti sono diventati uno dei maggiori produttori di gnl, insieme al Qatar e all’Australia. E nel 2021, quando in seguito alla scarsità di gas i prezzi in Europa sono esplosi, in porti come quello di Rotterdam, nei Paesi Bassi, sono arrivate navi cariche di gnl come non se ne vedevano da tempo. A dicembre e a gennaio le forniture di gas liquido all’Europa sono raddoppiate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma è praticamente impossibile che aumentino ancora.
Diversi scenari
Questo è il contesto in cui l’8 febbraio è arrivato a Berlino un altro emissario di Washington: Amos Hochstein, consigliere per la sicurezza energetica del ministro degli esteri Antony Blinken. Hochstein ha incontrato il ministro dell’economia tedesco, il verde Robert Habeck. A quanto si dice gli ha prospettato diversi scenari, con la Germania che si salva dalla trappola energetica con o senza il gas russo, con il gas liquido degli Stati Uniti o con quello del Qatar.
La Casa Bianca ha capito che fare pressione non basta: ai tedeschi servono anche alternative al gas russo. Alternative che magari facciano guadagnare gli statunitensi. Habeck non ha parlato dell’incontro, ma sembra che ne sia rimasto colpito.
Al momento il suo ministero sta verificando la possibilità di un finanziamento pubblico per la costruzione di terminali per le navi che trasportano gnl, cosa rifiutata dai Verdi fino a qualche tempo fa. E sta lavorando a una legge che obbligherebbe i gestori delle centrali di stoccaggio a garantire determinate capacità.
Nel 2014 il socialdemocratico Sigmar Gabriel, predecessore di Habeck, ha autorizzato la vendita alla russa Gazprom della più grande centrale di stoccaggio tedesca di gas naturale. All’epoca, rispondendo ai Verdi, il suo ministero aveva dichiarato che l’affare miliardario tra la Wintershall, una controllata della Basf, e il colosso energetico russo non avrebbe avuto “alcuna ripercussione sull’approvvigionamento della Germania”. ◆ sk
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Gli autori di quest’articolo sono Peter Dausend, Anne Hähnig, Martin Machowecz, Ingo Malcher, Martin Nejezchleba, Petra Pinzler, Mark Schieritz, Holger Stark, Michael Thumann, Heinrich Wefing e Fritz Zimmermann.
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Questo articolo è uscito sul numero 1448 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati