Nel cupo Bad roads quattro racconti tesi, ambientati nelle periferie del Donbass durante la guerra del 2014-2015, illustrano le strategie di sopravvivenza dei civili. I vari episodi non danno vita a un insieme narrativo forte, ma alla luce dell’attualità assumono un significato particolare. Nel primo episodio un preside ubriaco è bloccato da un militare a un check point e crede di vedere una sua studente affacciarsi alla finestra di un bunker. Nel secondo (forse il meno riuscito) alcune ragazze aspettano dei soldati con cui escono alla fermata di un autobus. Nel terzo episodio (il più lungo e il più devastante) una giornalista è prigioniera di un soldato in un bunker. Nell’ultimo (il più assurdo) una giovane s’imbatte in una famiglia che non sfigurerebbe in un horror occidentale. Tutti gli episodi ruotano intorno a incontri che sembrano poter sfociare nella violenza da un momento all’altro. Fortunatamente per gli spettatori, solo uno si spinge fino in fondo. Promettente esordio cinematografico per Natalia Vorozhbyt, che ha tratto il film da uno spettacolo teatrale che lei stessa ha scritto.
Alissa Simon, Variety
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Questo articolo è uscito sul numero 1458 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati