I romanzi sui premi e i convegni letterari sono diventati un sottogenere. Mona, scrittrice peruviana in un momento complesso della sua vita (tossicodipendente, vittima di un blocco letterario), è candidata a un premio svedese per il suo primo romanzo di successo. In un ambiente idilliaco, una sorta di “purgatorio degli scrittori”, sarà raggiunta da vari ospiti: “Quattro giorni di intrighi e disperazione tranquilla, per vedere chi vincerà il montepremi di 200mila euro”. Pola Oloixarac gestisce due trame parallele. La più accattivante ha a che fare con la satira del mondo letterario. Mona demistifica i mali che minacciano uno scrittore di successo: l’autocoscienza dell’esposizione sui social network, la convenzione di una certa idea di stile internazionale con tracce locali riconoscibili, la competitività pettegola. L’altra trama riguarda la relazione tra la scrittura e la vita ferita. Il talento di Oloixarac nell’andare oltre il politicamente corretto, l’agilità della sua scrittura, le sue espressioni felici e gli sprazzi di saggezza narrativa sono innegabili. Ma sono qualità messe al servizio di una storia troppo piccola e troppo schematica. La narrazione oscilla tra due elementi male assortiti: la presa in giro degli scrittori e un esercizio di autocommiserazione empatica con la protagonista, alter ego dell’autrice.
Carlos Pardo, El País
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Questo articolo è uscito sul numero 1458 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati